Pagani. Dopo il mancato consenso alla rivisitazione del processo per il delitto di Antonio Venditti, ucciso a Pagani due giorni prima di Pasqua del 2007 e per il quale Luigi Fezza sta scontando 30 anni di reclusione con l’accusa di omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso, lo stesso 41enne paganese si è visto negare anche il permesso premio che viene concesso dal magistrato di sorveglianza ai condannati che hanno tenuto una regolare condotta e non risultano socialmente pericolosi. Lo ha deciso la Corte di Cassazione respingendo il ricorso presentato dai legali dell’imputato Giuseppe Della Monica e Silvana D’Ambrosi. In un unico articolato motivo la difesa, facendo riferimento alle recenti sentenze della Corte costituzionale anche in ordine al diritto dei detenuti di avere una vita affettiva con i propri familiari, aveva evidenziato che la decisione del Tribunale di Sorveglianza sarebbe errata in quanto sarebbe stato mal interpretato e applicato il principio per cui sul detenuto incombe l’onere di allegare gli elementi a suo favore. “I giudici della sorveglianza hanno dato atto della totale assenza di un inizio di rivisitazione critica di quanto commesso e come questo non possa essere superato dal fatto che il ricorrente ha proposto una richiesta di revisione”, scrive la Cassazione nelle motivazioni sulla decisione. Fezza, nipote di ‘o furmaggiar, sconta 30 anni di reclusione per i fatti che risalgono al 6 aprile del 2007 a Pagani, quando due killer esplosero dieci colpi contro la vittima, Antonio Venditti, 24enne. Secondo le accuse, Fezza avrebbe fornito indicazioni ai due sicari (rimasti ignoti) sulla posizione della vittima. La difesa aveva chiesto una consulenza che analizzasse nuovamente le prove, sfruttando le metodologie attuali ma i giudici partenopei dopo mesi di camera di consiglio avevano bocciato l’istanza. Il processo era stato ripreso in secondo grado più volte per volere della Suprema Corte, che aveva chiesto maggiori chiarimenti su verifiche di tipo tecnico, quali perizie foniche e contenuto di intercettazioni ambientali e telefoniche. Nel giorno di Venerdì Santo a Pagani, Antonio Venditti, 24enne , fu trucidato da un commando che viaggiava a bordo di una moto di grossa cilindrata. I killer indossavano un casco integrale al volto. La posizione di Fezza fu localizzata attraverso l’attribuzione di alcuni frammenti vocali. Quel giorno, una persona avrebbe chiamato Francesco Fezza, fratello dell’imputato, senza ottenere risposta. Ma gli inquirenti avrebbero captato alcune frasi udite nelle vicinanze dell’apparecchio telefonico. Venditti transitò a bordo di uno scooter in compagnia della nipotina, intorno alle 18.30, in viale Trieste. In quel momento, le strade si stavano riempiendo per la processione della Santa Pasqua. Dieci i proiettili esplosi contro il giovane, colpevole di aver provato a imporsi nella gestione delle piazze di spaccio a Pagani, oltre che per il ferimento di Francesco Vanacore nei pressi di un negozio di proprietà dei Fezza. Dopo il no sulla rivisitazione, arriva la conferma dalla Cassazione anche per il permesso negato dal giudice della sorveglianza di Cagliari





