Antonio Manzo
L’ultimo aggiornamento della Direzione Investigativa Antimafia che è pubblicato ogni sei mesi dà per il Salernitano le icone di una resistenza invecchiata, fiaccata dal tempo e dalla noia c’è, si vede, ma si preferisce guardare da un’altra parte. E non è d’aiuto il trito refrain che si tira fuori quando la discussione langue in attesa che la salma dell’antimafia o dell’anticamorra aspetta solo la mummificazione dal Nord al Sud della provincia passando per Salerno città. L’unica novità vera che emerge è la criminalità provinciale vira decisamente verso le aree del sud della provincia, lasciando quelle dell’Agro Nocerino sarnese più proiettate verso l’affarismo dei clan napoletani.
Santa Marina di Policastro e Camerota
Non sparano più i clan della camorra. Si sono imborghesiti i boss convinti che è meglio conquistare un Comune o quel che resta dei partiti creando oscuri ed inquinati movimenti civici per dare l’assalto al denaro pubblico, agli appalti, alle opere pubbliche ed alla speculazione edilizia con compromissioni forti e dispendiose a suon di tangenti (l’esempio classico è del comune di Santa Marina di Policastro) o di diffusa criminalità politico gestionale come Camerota. Basti pensare che a Camerota dal 2007 c’è un sindaco imprenditore della coca-cola, ineleggibile perché in forte debito con la sua holding familiare mai contestato dalla Prefettura, con un debito per tasse comunali (centinaia di milioni di euro) poi cancellato grazie al pronto soccorso di una banca compiacente. E’ tutto un giro politico criminale di modesta classe dirigente che ha preso in ostaggio i piccoli comuni cilentani, fiancheggiati da un potere economico, coperto dalle banche locali o scientemente finanziato dalle tangenti con la complicità di uffici tecnici dei Comuni senza regole urbanistiche da 50 anni. Oppure piccoli tribunali come Vallo della Lucania o Lagonegro, competenti per territorio, con aste fallimentari preda dei clan della camorra a Camerota come a Palinuro (è finalmente partita una inchiesta della Procura Antimafia di Salerno sui fallimenti pilotati).
Un affare da sei milioni
O, ancora, con la pedagogia negativa offerta dalla magistratura di Vallo della Lucania che archivia una inchiesta per un affidamento diretto (cioè senza gara di appalto) di ben sei milioni di euro per la riscossione dei tributi locali. E’ chiaro che l’esito di una archiviazione autorizza gli amministratori a ragionare con un regime di consapevole irregolarità gestionale. L’esito processuale negativo è avvenuto nonostante la ricca relazione del consulente tecnico d’ufficio del Pm che ha dimostrato tutti i trucchi operativi illegali di Camerota. C’è la firma di un noto revisore dei conti, funzionario anticamorra della Prefettura di Napoli Salvatore Carli. Applaudito altrove e sconfessato dal pm cilentano tra luglio e agosto 2021.
Da Salerno a Capaccio-Paestum
Sì, ora la criminalità organizzata va da Salerno a scendere giù passando per la piana del Sele con l’inesplorato mondo caseario nelle mani della camorra, o i traffici di immigrati, le aree interne o il vallo di Diano cerniera criminale con la Calabria.
Ma le novità vere non solo i nuovi nomi e cognomi. Perché è facile da quarant’anni catalogare l’Agro nocerino all’ombra del clan Petrosino D’Auria o Salerno sotto l’ombrello criminale dei D’Agostino. Ci sono i nomi nuovi di Mario Fabbrocino e famiglia nel Cilento e quelli dei boss della camorra-impresa dedicati alle aste fallimentari o alle milionarie operazioni immobiliari venate da illegittimità latenti se non abusivismo palese: quando la commissione di accesso agli atti ammnistrativi scaverà nelle carte del comune di Capaccio-Paestum potrebbe perfino replicarsi uno scioglimento del consiglio comunale nonostante che il recente voto amministrativo abbia archiviato l’era Alfieri. Ecco perché non è solo la direzione sud della nuova criminalità organizzata condita dall’affarismo di nomi noti della camorra (con gruppi “in sonno” come i clan Maiale e Marandino) e di prestanome sconosciuti e nell’ombra.
Era da anni che una relazione della Direzione Investigativa Antimafia non si limitasse a ripetere l’analisi sui fenomeni criminali nel Salernitano esibendo solo un copia-incolla delle relazioni pubblicate in quaranta anni per dovere istituzionale.
Le novità della relazione Dia
È dagli anni Novanta che ha Dia di Salerno non pubblicava una densità di attività investigative e preventive al tempo stesso con un collegamento funzionale di attività specifiche imprenditoriali e camorristiche, alimentate anche dal malaffare politico-amministrativo. Merito oggi del nuovo direttore salernitano, il tenente colonnello dei Carabinieri Fabio Gargiulo che si accoppia a quelli di ieri. Basterebbe ricordare le relazioni pubblicate ai tempi del giovane capitano dei carabinieri direttore Dia Sergio Pascali divenuto poi meritoriamente generale dell’Arma, o quelle firmate dal colonnello dei carabinieri Giulio Pini per rendersi conto delle sostanziali novità del tempo confrontandole con gli occhi dell’oggi.
La camorra oggi spara di meno, tiene la testa bassa, investe di più soprattutto nella droga e con gli stranieri, premia i nuovi padrini senza dimenticare i vecchi che a poco a poco tornano in libertà per condanne scontate (un riferimento doveroso ai magistrati che debellarono il clan Maiale nel processo California) o scarcerazioni allarmanti.
La messa finita dell’Antimafia
Intanto, sul palcoscenico dell’antimafia salernitana non c’è più messa cantata, è passata di moda la cosiddetta liberazione della società civile infestata dalla camorra e dalla mala politica che a partire dagli anni Ottanta fa ancora danni con strascichi tuttora presenti.
La giostra della accertata alleanza politico criminale nel Salernitano purtroppo non si è fermata mai, stavolta nel nuovo Millennio con la complicità silenziosa di politici tanto ignoti quanto evanescenti. Gli angeli della purezza di un tempo passato non ricercano neppure più infedeli da bruciare nel rogo di un avviso di garanzia per concorso esterno; o qualcuno da sputtanare nella piazza grande del talk-show. Non parla più neppure l’antimafia corrotta da un giustizialismo imbroglione e manettaro. Finiti i giorni della questione morale predicata dalla mitezza di un irripetibile leader come Enrico Berlinguer, oggi gli elettori non valutano più i politici su criteri ideologici ma sulla base dei loro comportamenti etici: se vanno a cena coi delinquenti o no, se prendono tangenti o no. E quando sopraggiunge l’etica molti assolvono e pochi condannano (basta vedere i risultati elettorali per chi è etichettato come amministratore del fare, tranne poi verificare, con molto ritardo, che quell’attivismo viveva e prosperava con tangenti e “sequestri” delle pubbliche amministrazioni finalizzate al rendiconto di consenso personale.
Ora si compete, nel silenzio, a chi è più antimafioso non a chi è più mafioso con interessi diversi da quelli della mafia, illeciti anch’essi. tra retorica, business e opportunismo.





