Salerno. Comune, Voto di delibera o voto di ratifica? - Le Cronache Salerno
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Salerno. Comune, Voto di delibera o voto di ratifica?

Salerno. Comune, Voto di delibera o voto di ratifica?

di Alfonso Malangone*

Il Consiglio Comunale è convocato per il prossimo 03/06. Questa volta, i punti all’Ordine del Giorno non sono molti e si può ben sperare che possano essere dibattuti e approvati, almeno con i voti della maggioranza, entro orari ragionevoli. Purtroppo, in passato, ci sono state Assemblee davvero interminabili per la presenza di un elenco tanto lungo di argomenti da imporre tempi di discussione superiori a quelli per coprire una maratona di 42 Km. Così, non si comprende perché, pur potendo riunire il Consiglio in ogni momento nel rispetto del Testo Unico Enti Locali, alla fine se ne convochino al massimo cinque-sei in un anno concentrando forzatamente le materie da dibattere. In realtà, non può essere considerato un oltraggio qualificare come anomale adunanze ‘imbottite’ al punto da compromettere il ruolo e la funzione che spettano ai Consiglieri nelle vesti di componenti dell’Organo Volitivo democraticamente eletto. E’ l’art. 42 del TUEL a definire il Consiglio “organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo” attribuendo, innanzitutto, agli esponenti della maggioranza e dell’opposizione la responsabilità di decidere le finalità da perseguire con le delibere per i programmi, le relazioni previsionali e programmatiche, i prospetti finanziari, i rendiconto, i piani territoriali ed urbanistici. E, altro ancora. Con la collaterale funzione di controllo, spetta ad essi il monitoraggio delle azioni poste in essere dall’Organo Esecutivo per accertarne la conformità e l’idoneità al raggiungimento delle finalità del mandato. In merito, è l’art. 48 a definire la Giunta, il Sindaco e gli Assessori, con i responsabili dei Servizi, come l’Organo Esecutivo deputato all’attuazione dei provvedimenti con la relativa rendicontazione. Ora, secondo l’art. 39, spetta al Presidente dell’Assemblea la convocazione del Consiglio, sia quando ne ravvisi la necessità, sia su richiesta di un numero minimo di Consiglieri. Così, interpretando questo schema, c’è chi sostiene che le adunanze debbano essere indette essenzialmente in coincidenza con le scadenze degli adempimenti principali previsti dalla normativa e, quindi, che anche tre-quattro volte in un anno possano essere sufficienti. Non mancano, però, e per fortuna, coloro che individuano correttamente nelle discussioni assembleari la vera essenza della vita democratica. In alcune Città, è il Regolamento Comunale a fissare un numero minimo di riunioni, come a Palermo o a Casalecchio di Reno, con almeno una al mese. Poi, chi ha pazienza, può trovarne tante altre su Internet. E, potrà anche leggere un documento firmato da alcuni Consiglieri di un Comune lontano da qui nel quale essi parlano di “arroganza” nella gestione del potere poiché: “non è possibile convocare un solo consiglio comunale al mese (!), a ridosso delle scadenze di legge e con 15 punti all’ordine del giorno che prolungano le sedute per 7-8 ore”. Ancora, che: “spesso gli ordini del giorno cruciali vengono discussi in tarda serata, quando tutti sono stanchi”. Osservazioni difficilmente contestabili sulle quali, detto con rispetto, forse si dovrebbe fare una riflessione anche da noi. In realtà, con modalità ‘lasche’ di convocazione e con discussioni risicate, talora neppure sufficienti a disvelare pienamente le finalità di un provvedimento, il Consiglio diviene un Organo di semplice ‘ratifica’ di elaborati predisposti dall’Organo Esecutivo riducendosi, di fatto, ad una mera rappresentazione di scena tra schieramenti. L’eccezione, potrebbe essere quella di testi precedentemente discussi, emendati o migliorati nelle Commissioni Consiliari che, in tal modo, diverrebbero la sede effettiva della volontà popolare. Peccato, però, che la storia stia a dimostrare che pochi documenti usciti dalle Commissioni sono poi passati in Consiglio. Pure nessuno. Poi, almeno in un caso, una delibera all’unanimità è stata addirittura respinte dal Consiglio. Cioè, gli stessi che hanno detto sì, poi hanno detto no. Caso davvero singolare di manifestazione di volontà. Difficile trovare eguale. In queste condizioni, dovrebbe essere un obbligo il recupero della funzione originaria del Consiglio mediante ricorrenti convocazioni, così come riconoscere a ciascuno dei componenti il diritto di esprimere una volontà dissonante rispetto al circuito di appartenenza. Quando l’uniformità non è frutto di una ‘cosciente’ visione condivisa, ma solo di una imposizione, forse è stato superato il confine del recinto democratico. Nella riunione del 03/06, sarà certamente deliberato il Consuntivo 2024 già approvato in Giunta il 24/04 scorso. Sul ritardo, qualcosa si dovrebbe dire, visto che il TUEL dispone la scadenza in Consiglio del 30/04 e benché, da quando i termini non sono più ritenuti perentori, ma solo ordinatori, tutto sia possibile, anche quando poco comprensibile. Sui numeri, invece, qualcosa si può dire, o ribadire. In verità, sarà certamente confermata la soddisfazione per l’arretramento del Disavanzo a 117,2milioni. Un risultato importante. Sarebbe giusto, però, fosse anche precisato che esso appare ancora una volta frutto di equilibri costruiti trattenendo in Bilancio un importo strabiliante di Residui Attivi, pari a 456,2milioni, come avviene almeno dal 2020, salvo errore. E, si sa, ormai, che essi agiscono in chiave positiva sul calcolo del Disavanzo. A parte questo, si dovrebbe anche chiarire che ben 138,4milioni sono ‘vecchi’ di oltre cinque anni e, quindi, si dovrebbero cancellare nel rispetto delle norme vigenti. Nella relazione, si dichiara che sono in buona parte crediti consegnati alla società di riscossione. In realtà, sempre salvo ogni errore, tali sarebbero solo per 77,4milioni, essendo la differenza di 61milioni da attribuire a contributi, mutui, elargizioni ed altro, con inizio addirittura dal 1989 (!). La loro cancellazione, quindi, non sarebbe coperta dal Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità che si applica, ma solo contabilmente, ai Residui da imposizioni locali. E, forse, neppure a tutte le voci. Così, sull’entità del Disavanzo finale pende la spada di partite forse irrecuperabili, o addirittura insussistenti. Forse, invece di presentare un Bilancio con tanto ‘di fiocchi’, sarebbe giusto spiegare le sue criticità perché possa essere chiara, a tutti, la effettiva condizione dell’Ente. Del resto, qualcosa ci sarebbe da approfondire visto che, a fronte della diminuzione del Disavanzo in tre anni di 52,7milioni, i debiti verso terzi finanziatori si sono ridotti di soli 24,6milioni. Se i debiti sono sorti per coprire l’eccesso di spese misurato dal Disavanzo, gli importi dovrebbero essere eguali, o giù di lì. Altrimenti, il risultato contabile potrebbe essere considerato non veritiero. Sempre detto salvo errore e auspicando rettifiche. Circa l’altezza della cassa, altro elemento favorevole, si dovrebbe comunque precisare che essa è influenzata da incassi di contributi in eccesso di almeno 20milioni rispetto alle correlative spese. In verità, la discussione sul Bilancio dovrebbe essere posta all’Ordine del Giorno di un’Assemblea monotematica, come si dice. per agevolare un pubblico approfondimento utile all’espressione di una cosciente decisione. Se il Consiglio è davvero l’Organo di indirizzo e di controllo dell’Ente, un eguale atteggiamento dovrebbe essere tenuto nei confronti di tutti i principali documenti della vita della Comunità. Come denunciato altrove, il Consiglio ha prerogative che non si possono disattendere, né può essere consentito che con voti solo di ratifica possano essere sviliti i giudizi e, soprattutto, le immagini di coloro che li esprimono. *Ali per la Città