l suo volto è di quelli che restano impressi, legato a doppio filo ai divertenti personaggi a cui ha saputo dare un’anima. Basti pensare che Annabella Schiavone è “Giuditta”, la parrucchiera indemoniata da cui salta fuori l’esilarante “piccolo diavolo” Roberto Benigni. Ma è anche Marcolfa, la consorte del superlativo Ugo Tognazzi nei panni di Bertoldo. Ed è la signora Zampetti, la moglie del “cummenda” e la madre della bionda Sharon della serie tv “I ragazzi della 3C”. Giusto per citare i ruoli più noti al grande pubblico perchè il suo regno è stato soprattutto il teatro, affianco a mostri sacri come De Filippo. «Annabella è cresciuta a pane e teatro, visto che era figlia di Tina Trapassi, che con la compagnia di prosa Maria Melato è stata una grande pioniera in città» racconta Antonella Schiavone, presidente della compagnia dedicata ad Annabella. Infatti la passione artistica che scorre nelle vene della famiglia Schiavone nel 1991 ha spinto il padre di Antonella, Mimmo – attore e regista oggi 81enne, che è cugino di Annabella (è figlio di Raffaele, fratello del padre di lei Rocco) – a ribattezzare la compagnia fondata dalla Trapassi. «Per volontà di papà, di mia sorella Nunzia, anche lei attrice e di suo marito Alessandro Fiordelisi, la compagnia Melato è diventata “Compagnia di prosa Annabella Schiavone” – spiega – Dal 2005 ne sono diventata io presidente ed è attiva a Roma, dove ormai vivo e lavoro da anni. Sono già cinque gli spettacoli teatrali che abbiamo allestito, uno dei quali dedicato proprio a De Filippo». Preziosa ed insostituibile è ancora l’attività di direzione artistica di Mimmo Schiavone, che con la cugina ha lavorato per anni gomito a gomito. «Mi ricordo quando, da piccola, lo accompagnavo a fare le prove a casa di Annabella a via Porto. Di fatto aveva adibito il suo enorme studio a sala prove per la compagnia di cui aveva preso le redini e con la quale hanno girato il mondo, portando in scena con strepitoso successo soprattutto i classici eduardiani – racconta – Il clima che regnava era di massima professionalità e lei era molto rigorosa alla regia, però immancabilmente si finiva a tavola, a ridere e a mangiare a tutto spiano». Era quel che che si dice una buongustaia Annabella Schiavone, come del resto si intuiva dall’aspetto florido, ma in realtà la tavola aveva un’altra ritualità sottesa. «Era un’autentica festa, com’è giusto che sia nello spirito vero del teatro – spiega Antonella – La tavola diventava una sorta di ritrovo artistico: gli attori ne approfittavano infatti per stare insieme e poi per discutere d’arte e di teatro stesso. Un momento di gioco ma anche di riflessione, che oggi è difficile ritrovare nelle compagnie». La compagnia dedicata ad Annabella cerca di preservarlo, come sarebbe piaciuto a lei. Peccato che da Salerno si sia dovuta allontanare, cosa che invece Annabella non ha mai voluto fare: «Anche se ha girato ovunque, non si è mai voluta staccare dalla sua città malgrado, come molti artisti, con Salerno abbia avuto un rapporto di amore e odio ed è qui che un male incurabile ce l’ha purtroppo strappata prematuramente». Ma il suo ricordo ed il patrimonio artistico che ha lasciato a chi le è stato vicino continuano ad essere vivi grazie alla compagnia di prosa che porta il suo nome, che lo scorso novembre al teatro Augusteo ha ricevuto il “Premio Canta Salerno – Il sogno di Franco Angrisano” nell’ambito del Festival Internazionale del Cinema di Salerno. (ve.arab.)
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