Di Gemma Criscuoli
Per conoscersi davvero –l’esperienza lo insegna- bisogna attraversare i deserti, correndo fino in fondo il rischio della solitudine e del rimpianto. In quel momento, una pagina può accogliere sensazioni, ricordi e scelte difficilmente comunicabili in altro modo. È un appassionato mettersi a nudo in un confronto mai scontato, spesso scomodo, con la parte segreta di sé “Il resto delle briciole”, la prima raccolta di poesie di Renato Criscuoli, in libreria per la Protos Edizioni, che sarà presentata oggi alle 18, presso la Libreria Feltrinelli di Salerno. Classe 1996, una laurea in Filosofia e un grande amore per il basso elettrico, l’autore ha sempre nutrito una predilezione per la poesia e il suo potere evocativo, l’attitudine a risvegliare nel linguaggio forme espressive ben lontane dalle convenzioni. Nelle proprie composizioni, ha preso spunto da situazioni concretamente vissute: il desiderio di amore, gli affetti familiari, il problematico oscillare tra legame e libertà, la complessa ricerca di senso in un mondo distratto e convulso. Quello che però emerge dal testo non è un resoconto biografico, in cui predomini l’autoreferenzialità, ma un’analisi tenera e crudele della propria capacità di sentire, di mettersi in gioco, di misurarsi con tutto ciò che rende faticoso affermare la propria personalità. Non a caso, due immagini ritornano nelle liriche apertamente o per via allusiva: quella dell’acqua, che rimanda alla fluidità di emozioni e stati d’animo, e quella del frammento, inteso come crisi, traccia, energia, microcosmo che aspira –spesso invano- a un’identità compiuta, definibile. Quando scrive “Mi addormento completo/per destarmi mosaico./O almeno, così pare”, agisce in lui la suggestione della natura umana intesa come fragilità monca, in attesa di un legame col mondo in cui le ombre non prendano il sopravvento, ma è proprio la specificità del frammento a regalare prospettive sempre nuove. La salda coerenza, infatti, è adatta alle dimostrazioni matematiche, non alle vie del pensiero. Essere una minuscola parte svincolata dal tutto permette la liberazione delle pulsioni, schiva le catene delle categorie e rende possibile ciò che tutti gli scrittori del mondo hanno sognato: regalare l’eternità all’istante, riscattare dall’oblio tutto ciò che innerva un percorso interiore. Ciò si lega al rapporto che il giovane esordiente ha con il tempo, che in molte liriche assume i tratti di un antagonista: è, in effetti, costante il tentativo di non smarrire ciò che il fluire delle ore è portato a cancellare e si avverte l’urgenza di trovare un equilibrio tra l’ansia di vivere e la persistenza della memoria. Se nulla muore veramente, le coordinate emotive sono sempre modificate da qualcosa che resta per testimoniare ciò che ci ha reso quel che siamo e che potremmo essere. “Per quanto le cose si trasformino, c’è sempre un residuo – ha dichiarato Criscuoli- e mi ha sempre mosso l’idea che ci sia qualcosa di recuperabile. La vita non ha senso, tranne quello di lasciare una traccia. Se esiste una coscienza corporea o trascendente, cessa in ogni caso dopo la morte e tutta la nostra esistenza è una rincorsa a ritardare quel momento. Che il tempo, poi, sia condizionato dallo spazio, è vero per la fisica, ma non per noi: è impossibile non tenere conto di una dimensione emotiva dell’arco temporale e anche per questo ho immaginato molti testi come se avessero una colonna sonora. La musica, dopotutto, è essenziale proprio per questo: amplia a dismisura quel che dà senso alla nostra vita”.
tom