di Alfonso Malangone
E’ stato scritto: “I dibattiti servono, ma occorrono dibattiti seri!”. E, questo, è certamente vero: per parlare, si deve almeno essere informati. Il che, con la vita di oggi, non è facile. Per questo, sarebbe giusto che ai cittadini fossero fornite piene e preventive delucidazioni sulle scelte di gestione in grado di coinvolgerli direttamente, ancor più quando relative a modifiche profonde del territorio destinate a incidere sulla loro vita quotidiana. E, in verità, sui lavori in corso a via Dalmazia poco è stato detto, nonostante le evidenti criticità generate a danno della mobilità, e poco pure è stato scritto sul cartello del cantiere che, secondo legge, dovrebbe contenere tutta una serie di informazioni sull’appalto, su chi lo realizza, sui costi, sui responsabili e su altro ancora. La foto allegata dimostra che qualcosa manca, mentre la sua posizione sul lato inaccessibile, fuori dal campo visivo dei 10decimi, rende necessario l’utilizzo di un ingranditore. Peraltro, salvo ogni errore, anche l’immagine dei luoghi appare estranea al contesto. Per fortuna, però, nei giorni scorsi è stato chiarito, a favore dei più, che i lavori sono finalizzati a realizzare un varco nella parete sinistra del sottopasso, direzione mare-monti, dal quale usciranno le auto provenienti dalla parte storica, cioè da via Sant’Eremita, dirette verso la valle dell’Irno, Sala Abbagnano e la Litoranea. In sostanza, una volta giunte all’altezza di via Generale Gonzaga, esse potranno imboccare la discesa sulla destra e, passando lungo una galleria che si infila al di sotto dei palazzi, arrivare allo svincolo che occuperà la metà dell’attuale carreggiata di via Dalmazia, quella che da qualche mese è già delimitata da barriere di cemento. L’altra metà sarà lasciata alle auto provenienti dal Corso Garibaldi. Ovviamente, non ci sarà più il parcheggio anche se, in verità, era solo tollerato. Ora, chi frequenta quei luoghi sa che il sottopasso è stato anche bloccato in occasione di piogge abbondanti e che, pure più volte, autobus e camion sono stati causa di ingorghi infernali. E, allora, un dubbio viene su quello che potrà accadere in caso di traffico intenso, cioè quasi sempre, o di rovesci ‘a zeffunno’. A chi non dovesse conoscere le premesse tecniche dell’opera, o non le ricordasse, va detto che non era questo il progetto originario del Trincerone, immaginato nel corso della Consiliatura Giordano, anni 90, e destinato a collegare l’alto centro storico con la tangenziale evitando le strade del centro. In effetti, superato l’incrocio di via Nizza, l’arteria veloce urbana avrebbe dovuto ‘planare’ verso via Vinciprova per innestarsi nel curvone di via Petrone e salire a Sala Abbagnano. Un’infrastruttura davvero complicata, sia per la presenza della ferrovia, sia per l’elevata densità abitativa, sia per i ridotti spazi a disposizione e sia per il costo mostruoso. Così, per dare un senso compiuto all’opera, si è evidentemente pensato di sostituirne la parte ‘volante’ con uno sbocco ‘innovativo’ progettato nell’ambito della “Copertura Trincerone Ferroviario Ovest, nuovi parcheggi di interscambio, stralcio 2, lotto B, via Dalmazia”, benché questa strada stia a Est, non a Ovest. In sostanza, spendendo € 1.877.662,18 + IVA e accessori, si vuole adesso realizzare un intervento egualmente audace e non privo di criticità per la profondità dello scavo e per l’uscita su una strada stretta, in salita, normalmente ingolfata e anche abbondantemente avvelenata da fumi e polveri sottili. Però, se non bastasse, nel progetto c’è anche di più, a parte quello che ancora non si dice per la parte Ovest. Mancando una tavola grafica pubblica, sembra che per effettuare il percorso inverso, cioè da via Dalmazia a Sant’Eremita, le auto invaderanno tutta l’area di via Luigi Cacciatore per accedere alla corsia sotterranea che proprio da lì ha inizio. Cioè, quella zona urbana formata da piccoli fabbricati, in buona parte circondati da giardini, con stradine strette e auto in sosta sui due lati, potrebbe essere praticamente stravolta. Di tutto questo, purtroppo, nulla si sa, perché l’appalto è stato gestito da Acamir, Agenzia Regionale per la Mobilità, con l’affidamento all’impresa vincitrice anche dell’elaborazione del progetto esecutivo. Anzi, salvo errore, sembra che Acamir sia stata incaricata di gestire tutte le opere più significative della Città, sia per le fasi tecniche che per le coperture finanziarie. Così, per sapere, dovremo aspettare almeno un anno, visto che dal piano dell’opera, non dal cartello illustrativo, si legge che per completare i lavori saranno necessari almeno 357 giorni naturali e consecutivi a partire dal 12/08/2024, data di inizio indicata, questa sì, nel cartello. Ciò significa che si sta facendo un lavoro complesso, come peraltro comprovato dalle opere in corso nel sottopasso e da alcuni tremori che si avvertono passando nelle vicinanze. Forse, si sta scavando proprio al disotto dei binari. Chissà. Realizzare infrastrutture urbane non è mai facile. Da noi, poi, la conformazione urbana, la densità abitativa, le modalità costruttive del passato, costituiscono forti ostacoli e impongono accorgimenti tecnici poderosi. C’è anche da aggiungere che tutto il territorio presenta elementi di debolezza strutturale per la presenza di aree a forte rischio idrogeologico. Eppure, diverse opere sono in corso proprio sfidando la natura, con cantieri di durata infinita e a costi elevatissimi. Inutile fare esempi. Sono ben noti a tutti. In verità, a riflettere bene, quantificando con cura i flussi delle auto secondo le provenienze e coinvolgendo le aree scoperte prossime a via Dalmazia, forse si poteva evitare di toccare una zona tanto delicata. Nei fatti, è possibile che i vantaggi attesi a favore del traffico proveniente dal centro storico non saranno superiori agli svantaggi certamente arrecati dal soffocante flusso veicolare mare-monti di via Dalmazia, da alleggerire, non da appesantire. Continuare a fare buchi costosi, più adatti alle talpe dalla vista corta, non sembrerebbe proprio una scelta positiva per i cittadini, costretti ad aggirarsi tra le tenebre di profondità inopportune. Anche se, premesso che le talpe ci vedono bene, molti già dimostrano di saper vivere nell’oscurità, avendo gli occhi foderati di prosciutto. Magari, pure quello buono.
*Ali per la Città
P.S.: ricostruzione
effettuata su dati
disponibili in rete. Si fa salvo ogni errore.