Praiano, Alberto Senatore plays Friedrich Gulda - Le Cronache Praiano
Musica Praiano

Praiano, Alberto Senatore plays Friedrich Gulda

Praiano, Alberto Senatore plays Friedrich Gulda

Di Olga Chieffi

Nel cuore della Costiera Amalfitana, la bellezza di Praiano si fonde con la magia della musica per dare vita a una serata indimenticabile. L’Associazione Praiano Chambre and Jazz Music, in sinergia con l’Associazione l’Associazione Collegium Philarmonicum continua il suo straordinario viaggio musicale stasera alle ore 21, con un programma dedicata alle più belle composizioni dei maggiori Maestri di Musica Classica, eseguite dall’ Orchestra di Fiati del Conservatorio G. Martucci di Salerno, sotto la direzione del maestro Gennaro Cappabianca. Il programma della serata, interamente arrangiato dal M° Ciro Ferrigno, sarà inaugurato dal Golliwogg’s cake-walk, un Allegro giusto in Mi bemolle maggiore, uno dei pezzi più celebri di Debussy, che si presenta come il più vivace e ritmato della raccolta, Children’s Corner, con il suo aperto richiamo alla vivace danza afroamericana del cake-walk che si immagina ballata da Golliwogg, personaggio di libri per bambini avente le fattezze di una bambina di colore. La sezione centrale contiene un’ironica citazione di un tema di Tristano e Isotta di Wagner, da eseguirsi “avec une grande émotion”, indicazione a beneficio di chi non avesse compreso, mentre la successione di accordi staccati ricorda molto l’atmosfera clownesca di alcuni preludi. L’orchestra di fiati, continuerà poi con Tea for Two, una song appartenente al musical del 1925 No, No, Nanette con musica di Vincent Youmans e parole di Irving Caesar. Si tratta del duetto cantato da Nanette e Tom nell’atto II, nel quale essi immaginano il loro futuro. Tea for Two divenne subito uno standard jazz registrato da diverse formazioni. Nel film musicale Tea for Two del 1950, diretto da David Butler con Doris Day, Gordon MacRae e Gene Nelson, riduzione cinematografica del musical No, no, Nanette la canzone è resa celebre proprio dalla protagonista. Tra le interpretazioni più famose si possono citare quella di Tommy Dorsey in una versione Cha-cha-cha, datata 1958, che è a sua volta base per il brano Intermission contenuto nell’album Ixnay on the Hombre degli Offspring; la versione pianistica in chiave virtuosa del celeberrimo Art Tatum nel 1939; la riarmonizzazione in chiave bepop da parte del pianista Thelonious Monk nel 1952 con il nome Skippy. Con il titolo Tahiti Trot nell’ottobre 1927 fu composta una versione per orchestra in seguito ad una gara tra Dmitri Shostakovich e Nikolai Malko: durante un loro incontro, i due ascoltarono alla radio il brano originale, e Malko scommise cento rubli che Šostakovič non sarebbe stato in grado di riorchestrare il Tea for Two in meno di un’ora. Il compositore, ritiratosi quindi in una stanza, tornò dopo tre quarti d’ora con il pezzo pronto. Ed ecco appunto a seguire il Dmitri Shostakovich della Suite per orchestra jazz n. 1, composta nel febbraio del 1934. Qui, sin dalle prime note del Valzer, saremo catapultati nel mondo dell’orchestrina, con le ancheggianti armonie del pianoforte e il suadente tema della tromba con sordina. La Polka ha invece uno spirito buffo, impertinente e scorre via veloce nella sua gaia spensieratezza sin dallo spiritoso tema principale enunciato dallo xilofono, l’ultimo brano della suite è un Foxtrot. Una scintillante introduzione orchestrale – ritornerà ciclicamente a raccordare le successive entrate tematiche – prepara l’avvio del sax tenore che, come un personaggio dalle movenze quasi fisiche, presenta un tema sgusciante e provocante. Dopo il ritorno del tutti orchestrale tocca al violino solista farsi avanti e poi lasciare il posto all’intervento «esotico» della chitarra hawaiana. La danza prosegue ancora nel ritorno del tutti orchestrale, sul cui diradarsi fa capolino il motivo annuente delle trombe e il ritorno del primo tema del sax tenore, ora al trombone. Ancora nel finale, dopo la ripresa del grande motivo a piena orchestra, iridescenti sonorità riemergono negli ultimi assolo con le brevi rievocazioni tematiche del sax contralto e del sax tenore. Gran finale con il concerto per violoncello e orchestra di fiati affidato ad Alberto Senatore. Composti per Heinrich Schiff nel 1980, i cinque movimenti del concerto di Gulda trasportano l’ascoltatore attraverso il blues-rock, il ländler austriaco, l’improvvisazione libera, un minuetto cortese e un finale schizzato da una polka vestita di lederhosen. Gulda, bandendo la sezione degli archi dell’orchestra, fonde invece i fiati e i corni delle serenate viennesi del XVIII secolo, il piglio brillante di una sezione di ottoni di una big band e la chitarra elettrica, il basso e la batteria di un combo jazz. Il risultato è un lavoro pieno di scatole sonore e specchi da luna park, con musica virtuosistica e semplice. È un viaggio vertiginoso che ci lascerà felici di aver intrapreso il viaggio. Il solista lancia l’Ouverture con una melodia propulsiva e sincopata, un vivace preludio con groove blues-rock ed energia trio jazz. Poi un momento di silenzio, seguito da una semplice cadenza dei fiati e da una danza popolare ondeggiante che evoca il paesaggio estivo soleggiato della regione austriaca del Salzkammergut. Un dolce corale di ottoni fa da cornice ad Alpine Idylle, il calore dorato dei corni francesi condivide con il solista una melodia impennata di semplicità inalterata. Cuore drammatico di questo concerto altrimenti esplosivamente ottimista, i sette minuti di Cadenza che vedono il solista percorrere una vasta gamma di emozioni: dalla quieta rassegnazione e sospiri malinconici ai livelli di pathos shostakovichiani. Qui Gulda richiede due sezioni estese di improvvisazione libera: una in cui il solista si muove attraverso diversi intervalli musicali in modo nervoso e serpentino, l’altra un’esibizione silenziosa degli armonici eterei del violoncello. Da questa sezione emerge il Menuett, una florida danza neorinascimentale guidata dai fiati e dal tranquillo fruscio di un tamburello. Dopo che il solista ha ripreso il tema di apertura, il flauto introduce una languida seconda melodia che brilla sui delicati colpi argentati del triangolo. Ed ecco la polka da birreria all’aperto. Dopo il primo squillo del baccanale del Finale alla marcia, il violoncello inizia una propria danza selvaggia: un flusso incessante di sedicesimi che volano su e giù per le sue quattro corde. Una seconda melodia lirica calma momentaneamente l’atmosfera, ma la musica polka non si placa. Accordi dissonanti di ottoni smorzati richiamano il blues-rock dell’Ouverture, aumentando la tensione, facendoci credere che il concerto finirà nello stesso mondo jazz in cui è iniziato, fino alla polka che passa agli ottoni, spingendo il violoncello nel suo funambolico finale che terminerà, come di prammatica, con un’esplosione di pura gioia e bellezza.

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