di Matteo Gallo
Da studente era rimasto folgorato dalla letteratura cyberpunk. Così oggi Emiliano Barbuto , da dirigente scolastico esperto di fisica e informatica, nella consapevolezza che «quella fantascienza è diventata scienza e può essere impiegata con particolare efficacia nelle metodologie di apprendimento», ha deciso non solo di realizzare una guida per docenti con al centro l’utilizzo delle tecnologie immersive per la creazione di lezioni efficaci e coinvolgenti ma – anche – di aprirne ogni singolo capitolo con citazioni in lingua originale tratte proprio dal genere narrativo che tanto aveva amato da giovane. Ne è venuto fuori un manuale corposo e prezioso – dal preside del “Galilei” di Salerno firmato come autore e al quale hanno collaborato diversi insegnanti dell’istituto – il cui titolo è “Realtà virtuale e aumentata per la didattica”. A pubblicarlo la casa editrice Edises, specializzata in testi universitari e professionali. «E’ stato un lavoro lungo, complesso e affascinante» sottolinea l’autore «con il quale ho inteso elaborare una proposta organica capace di fornire sia una base teorica sia delle vere e proprie unità di apprendimento da svolgere in classe».
Dirigente Barbuto, quali sono i vantaggi dell’integrazione di queste nuove tecnologie nella didattica tradizionale?
«La realtà virtuale e la realtà aumentata costituiscono un importante strumento di personalizzazione e di inclusione oltre che un potente amplificatore dell’efficienza delle lezioni. Parliamo di esperienze immersive multisensoriali capaci di soddisfare tutti gli stili di apprendimento, grazie alle quali, tra l’altro, gli studenti possono vivere esperienze didattiche uniche e normalmente inimmaginabili come camminare sulla superficie lunare o realizzare esperimenti in laboratori virtuali senza doversi preoccupare delle conseguenza di un errore. E’ una vera e propria rivoluzione che produce una ridefinizione delle modalità di apprendimento e degli obiettivi didattici».
Quali sono secondo lei, invece, le principali criticità collegate all’utilizzo della realtà virtuale e aumentata nella vita scolastica?
«Per prima cosa occorre utilizzare corrette metodologie di apprendimento pratiche per consentire agli studenti di svolgere azioni in totale sicurezza. Utilizzando i visori in un’esperienza immersiva, ad esempio, ci si può far male urtando qualcosa presente nella stanza. Questo problema è stato risolto grazie a specifici sistemi di guardia che prevedono l’attivazione immediata delle telecamere sulla realtà circostante. Sono altresì previsti rigorosi protocolli di informazione e prevenzione per tutelare sotto tutti i punti di vista la salute degli studenti. Il tutto, naturalmente, prestando massima attenzione alla componente psicologica
e al rischio di una deriva ludica».
L’uso intensivo della tecnologia da parte dei giovani, sia come strumento di comunicazione che di relazione, secondo molti studi alimenta sentimenti di alienazione dalla realtà e di solitudine sociale. L’impiego stabile, a scuola, di tecnologie di questo tipo, rischia di aggravare il “malato”?
«Nel mondo virtuale si pratica l’apprendimento cooperativo. Gli studenti non solo hanno la possibilità di lavorare in squadra ma devono assolutamente farlo. Inoltre, dopo l’esperienza virtuale è fondamentale fare ritorno nella realtà per prendere confidenza, insieme ai propri compagni di classe, con quanto vissuto e sperimentato nella dimensione immersiva».
I docenti sono pronti per questa sfida?
«Al ‘Galilei’ abbiamo avviato delle esperienze concrete e messo in agenda un percorso di formazione diffusa per i docenti. Naturalmente, in linea generale, c’è ancora bisogno di tempo per governare questo cambiamento».
Che tipo di formazione è necessaria?
«Due le direttrici fondamentali. La prima è la conoscenza tecnica dello strumento, in modo da essere in grado di farlo funzionare. La seconda riguarda l’approccio metodologico. E’ necessaria a fornire le basi teoriche e pratiche per inquadrare e integrare la risorsa tecnologica nella didattica tradizionale».
La didattica tradizionale, nel medio-lungo periodo,
corre il pericolo di essere fagocitata dalla tecnologia?
«La tecnologia deve integrare la didattica tradizionale, non sostituirla. Inoltre, è sempre il docente a valutare quando e se utilizzarla, con quale classe di studenti farlo, in quale forma e con quale modalità».
Nessuna disumanizzazione dell’insegnamento, insomma.
«Il rapporto col docente era e resta baricentro dell’attività didattica. La discussione e il confronto con gli insegnanti, i rapporti umani con gli altri studenti, la dimensione relazionale e sociale della vita scolastica sono valori fondamentali, imprescindibili e non negoziabili».