ARCHITETTURA CAFONA - Le Cronache Attualità
Attualità Campania

ARCHITETTURA CAFONA

ARCHITETTURA CAFONA

di Alberto Cuomo

Non si comprende, o forse si comprende, l’amore dei politici per gli appalti edili. Piacevano a Giovanni Toti, a Brugnaro, e piacciono a Sala, a Gualtieri, a De Luca e, perché no, ad Andrea Annunziata. Naturalmente gli appalti vanno fatti, se ve ne è necessità. Ma non vi è alcuna necessità di costruire un nuovo stadio a Roma o a Milano, né di costruire un nuovo ospedale a Salerno. Così come non vi era necessità di costruire una stazione marittima sul molo salernitano, pagata con le esose imposte dei cittadini, o di realizzare una nuova stazione marittima su quello di Napoli. L’attuale stazione marittima del capoluogo campano, voluta dal regime fascista in luogo di un edificio più vecchio, fu progettata nel 1933 dall’architetto Cesare Bazzani e fu inaugurata nel 1936. Bazzani era un progettista mediocre, frequentatore dei corridoi ministeriali più che dei dibattiti culturali. I suoi progetti hanno uno stile eclettico che, nel corso del regime, fu piegato al monumentalismo fascista, tanto che il nostro ben avrebbe potuto progettare il crescent salernitano. La sua stazione marittima, edificata sul molo angioino, è costituita da due edifici di 200 metri circa, i quali, ponendosi parallelamente ai due attracchi delle navi, dovevano condurre i passeggeri alle grandi imbarcazioni ormeggiate sui lati. Le stesse allestite per i nostri emigranti verso le due Americhe e che ora sono state sostituite da enormi navi da crociera. I due edifici sono collegati da una terza costruzione a tre piani, sollevata dal terreno mediante una grande volta, sotto cui sarebbero dovuti giungere i treni. Due torri con orologi concludono l’insieme che vede archi finestrati, medaglioni, e un rivestimento bianco in pietra di Trani. La stazione marittima napoletana non serve a molto, allo stesso modo di quella salernitana, tant’è che entrambe sono utilizzate per eventi, sagre, concerti, o, come è stato per quella partenopea, per centro vaccinale. Napoli, pertanto, non avrebbe avuto bisogno di una nuova stazione marittima, quanto solo di una biglietteria riguardante i traghetti per le isole che ben avrebbe potuto trovar posto nella stazione già presente. Ma si sa gli appalti piacciono! Perché allora non accettare la proposta della Snav di realizzare una nuova stazione marittima? Ma certo: dietro l’offerta del progetto c’era l’intenzione di gestire la futura stazione e allora ecco una gara che, allestita dopo la costruzione, vede vittoriosi gli armatori riuniti di Caremar, Snav, Navigazione Libera del Golfo e Alilauro. Il progetto, realizzato dalla Brancaccio Costruzioni per circa 7 milioni e mezzo, offre misure analoghe a quelle della stazione marittima salernitana costata più del doppio, e fa parte di un più ampio disegno del water-front tra l’Immacolatella e il molo San Vincenzo. Al centro, in direzione della vecchia stazione marittima, si innesta l’altro progetto di riqualificazione di piazza Municipio, redatto da Alvaro Siza, un bravo progettista che a Napoli ha dato purtroppo il peggio di sé, realizzando una piazza assolata in luogo dei preesistenti, sia pure anonimi, giardini, e un percorso-cunicolo sotterraneo che non sbuca nel porto a causa della presenza dei sottoservizi. Si potrebbe dire che la città di Napoli sia stata sfortunata nell’affidarsi a star dell’architettura (come Salerno del resto) i quali hanno prodotto, con il francese Perrault, la ferraglia di piazza Garibaldi, che ormai non è più una piazza, interrotta come è da una spina centrale carrabile simile ad una autostrada. Per non dire della stazione metro dei “quattro palazzi” progettata da Fuksas, il quale pure si è espresso a Salerno con uno stupido edificio color pisellino. Il progetto della nuova stazione di molo Beverello non è stato prodotto da archistar ma da un gruppo di architettura i cui componenti principali sono l’EDSG Architectes (capogruppo), uno studio francese specializzato in palazzoni residenziali e il 3C+t di Capolei Cavalli architetti, un team interessato principalmente all’urbanistica poi dedito a progettidi case in un imprecisato stile neomoderno. Abbandonati le archistar sono così subentrati, come a Salerno, i loro imitatori che, in analogia alla moda, producono architetture similmodaiole, buone a loro volta, al modo degli abiti esibiti nei matrimoni cafoni, per incantare i politici generalmente rozzi ed incolti. Concluso il cantiere alcuni si sono sfogati sui social. “Stamattina sono passato davanti al nuovo terminal portuale: ‘na triste preta informe schiattata ‘nterra, ‘n faccia o’ mare”. O in un altro giudizio: “Vuole essere a tutti i costi segno di architettura che riprende tratti di natura, per quel tipico rimorso ipocrita che prende in genere i progettisti senza forza e che sanno di stare a friggere l’aria, in un gridolino di dolore. Qui è forse lo scoglio, con pareti scoscese e squame di quattro arbustelli sparuti a rappresentare le alghe che sanno già di marcio, su uno sfondo lineare di cemento che emana vampate di calore insopportabile ad interrompere la brezza. L’approccio è tipico di quei disegnatori di forme che a tutti i costi si sentono europei con riferimenti già falliti in partenza e del tutto evidenti: da alcune schegge portoghesi di Koolhaas ai blocchi sul mare di Moneo, dalle intense sperimentazioni di Alessandro Anselmi per il municipio di Fiumicino ai suoli sommossi di Ambasz, fino ad alcune soluzioni para organico-costruttiviste di banchine olandesi con l’immancabile tetto giardino checistabenesempre e che fa il paio con il defunto manto verde di Renzo Piano al Vulcano Buono. Un’ulteriore botta secca al ventre di Napoli, dove non si spiega perché i progettisti non abbiano fatto dipingere sul fondo le due gemelline di Shining”. Si dirà che Andrea Annunziata è giunto alla responsabilità di presidente dell’Autorità portuale dopo la redazione dello sconcio progetto. E tuttavia aveva tutto il potere di fermare una tale cafonata di fronte al Maschio angioini. Ma ahimè avrebbe dovuto fermare un appalto da circa 8 milioni.

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