La controversa decodifica del toponimo “Salerno” - Le Cronache Campania
Campania

La controversa decodifica del toponimo “Salerno”

La controversa decodifica del toponimo “Salerno”

Di Vincenzo Aversano

L’interesse dei lettori, suscitato dai due precedenti articoli toponimici, mi spinge a continuare ancora un po’ il discorso in tema. Questa volta non potrò rinunciare in partenza a offrire almeno alcuni spunti per decifrare il toponimo Salerno, compito cui avevo rinunciato in prima battuta per motivi di spazio, stante, a non dire altro, la discordia fra gli studiosi perfino sul luogo cui primamente esso sia stato riferito. Da tale punto di vista, intanto, ci troviamo di fronte a un esempio eclatante di quanto sia essenziale, anzi eneludibile – nell’interpretare i toponimi – riflettere sul dove essi insistono, ciò che consacra l’approccio geografico, come magna pars di quello che si è già ricordato essere l’approccio extralinguistico. Ma, per venire subito al caso specifico, se è certo che nel 197 a.C. fu decretata la deduzione di 300 coloni ad castrum Salerni, secondo Tito Livio, e secondo Plinio il vecchio ad oppidum Salerni, ossia a un presidio militare preesistente, non sappiamo se il citato luogo corrispondesse di sicuro al porto fluviale interrato e finora mai scavato, protetto dal fortilizio oggi conosciuto come Castelvetrano (comune di Pontecagnano), come i due citati autori specificano, il primo qualificandolo come “castrum portorium” (un portus venalicius e non alburnus come quello comunitario a foce Sele, già ricordato), il secondo collocandolo nell’agro dei Picentini, non lontano appunto da Picentia, loro capitale distrutta dai Romani: dunque, piena concordia ubicativa… Altri studiosi, infatti, localizzano diversamente quell’accampamento: 1) nell’area ai piedi dell’attuale Colle Bonadies, futura sede del Castello ma divergendo sul preciso sito (che diventerà poi il foro), indicato o come Piazza Abate Conforti, o come il sedime dell’attuale Chiesa di S. Gorgio, o infine nella zona tra Santa Lucia e Via Indipendenza, nelle prossimità di un porto preromano, sito nella naturale rientranza – testimoniata ancora nella cartografia cinque-seicentesca – tra Porta Catena e S. Anna al porto, ad ovest dello sbocco del Fusandola, donde poi l’interramento e la necessità di costruire nel M. Evo il Molo Manfredi. 2) alla foce dell’Irno di allora, presso l’attuale Stazione F.S. di Fratte, alla base del rialzo ospitante Irna, centro etrusco-sannitico-romano-medioevale, fatta salva la teoria che identifica Irna come Marcina, città portuale in fondo all’attuale Marina di Vietri, secondo i più: tanto, per dire quanto problematica resti ancora, già da un punto di vista spaziale, l’interpretazione del nome Salerno… Le cose purtroppo si complicano ancor più, quando si voglia ridurre la questione a fatto meramente linguistico. Trascurando le ipotesi, passate e presenti, che si bocciano da sé (città tra il Sele e l’Irno; tra il Salum (= Fusandola) e l’lrno, mentre si sa che il limite delle mura di SE era il Rafastia; C. delle saline, ma pare che qualche impianto romano fosse tra Torrione-Pastena e magari verso Pontecagnano; e via orecchiando….), si può ricordare, in omaggio al meritevole studioso A. Carucci, la derivazione (etrusca?) di Saler in quanto volgarizzazione tardiva da tsali-har, cioè “monte bruciato” (l’autore riteneva vulcanico il nostro monte). Nel mentre mi scuso con autori di proposte per ora a me ignote, credo tuttavia che in definitiva, trattandosi di interpretare un toponimo precedente a quello romano, restino plausibili due soluzioni: – la prima, formulata dal Prof. N. Fierro citando il poleonimo Salaternum riferito dal poeta Gellio e da tre successive attestazioni medievali, poi evoluto in Salternum, significherebbe “Sale degli Aterni”, popolazione emigrata nel Salernitano dalla Lidia, precisamente dalla sua capitale, Sale, qui rifondata con lo stesso nome nel prefisso: questa derivazione, ferocemente bacchettata dal Prof. Italo Gallo con argomentazioni metrico-linguistiche, è stata invece accettata dal meritorio Gruppo Archeologico Salernitano, rappresentato fra l’altro dalla qualificata rivista Salternum; – la seconda si aggancia a una base (radice) prelatina *sal(-a), di valore idronimico (canale e simili), con una formante (suffisso) ern che ricorre in altri noti toponimi che si assegnano al sostrato. In proposito, mi permetto lamentare che il noto Dizionario di Toponomastica UTET sottovaluti la complessità linguistica e geo-extralinguistica della questione (e, direi, della nostra città…), riportando solamente questa come possibile spiegazione… In realtà, entrambe le interpretazioni partono da un significato di idronimo, “storicamente” individuato nel primo caso, e nel secondo più generico, o scientifico-presuntivo, come è tipico della linguistica pura… Darei personalmente qualche probabilità in più alla seconda ipotesi, vuoi perché credo che il radicale invocato significhi, in prima battuta, solco di ruscellamento delle acque che lo incidono, e quindi canale naturale portatore anche di detriti, situazione che in epoca arcaica dovettero registrare i primi abitatori (specie lungo il Colle del Castello, senza escludere quello di Castelvetrano o di Fratte), vuoi perché la “storia” così ricostruita (con le virgolette sottolineo il lato leggendario della stessa…) mette insieme troppe variabili e coincidenze, ammissibili “a tavolino” ma forse meno nella concreta realtà degli eventi naturali e umani tra loro impastati. (continua)