di Peppe Rinaldi
Dodici milioni di euro di passivo già scaricati sulla collettività. Una cifra ancora indeterminata di danni collaterali causati dal crac. Un patrimonio da circa 3,8 milioni di euro annui sottratto al territorio e assorbito dai centri dell’Agro nocerino-sarnese. Un paio di indagini giudiziarie fatte alla carlona via via diluite fino a sparire grazie alle cointeressenze tra pezzi della Sanità, dell’Asl, della magistratura del tempo e della politica che, per un motivo o per un altro (in genere, lo stesso: soldi e/o voti), hanno banchettato a lungo scampandosi conseguenze adeguate al rango dei reati commessi, tutti acclarati e alla luce del sole, tranne per chi doveva controllare e agire: dal sequestro di incapaci alla truffa alla Ssn, dall’abuso edilizio al falso ideologico e materiale, dal mancato versamento dei contributi previdenziali e assicurativi alla carenza strutturale delle sedi via via occupate, dalla corruzione al traffico di influenze, dall’infedeltà dei dirigenti sanitari al dolo specifico di chi, in amministrazione, digitando un tasto faceva bonifici sui conti correnti. Un solo guaio giudiziario ancora appeso – che ha coinvolto la vecchia giunta comunale – ma dal passo lento e burocratico, peraltro per ipotesi di reato minori (abuso d’ufficio e falso) rispetto alla gravità complessiva dell’intera vicenda: parliamo del processo penale per la cosiddetta Casa del Pellegrino, nel centro storico di Eboli, il cui destino fu drammaticamente segnato dalla megalomania dell’ex sindaco e dall’inspiegabile sudditanza psicologica di chi lo appoggiava al tempo, che consentirono agli organizzatori della truffa della prima e della seconda coop di goderne a piacimento, a partire dai fitti non versati al Comune, causando ulteriori danni alla città che, allo stato, neppure la Corte dei Conti riesce a focalizzare e stangare perché, forse, è affetta da miopia avanzata. Per l’attuale utilizzo dell’impianto, nato e finanziato per nobili motivi dalla vecchia giunta Bassolino su iniziativa del compianto don Enzo Caponigro durante l’amministrazione Melchionda, resta sospeso il giudizio in quanto non si è ancora capito bene il ruolo che il Comune intende giocare, sia rispetto alla destinazione finale e sia rispetto alla necessità del recupero delle somme che la coop non ha pagato. Oggi si scopre che a dispetto di quanto si riuscisse a immaginare, l’Asl è stata capace di versare a un sodalizio segnato da mille e mille problemi di ogni tipo, altri due milioni di euro circa, pagati fino a due anni fa. E’ la estrema sintesi della storia di una lunga e impunita corruzione, tra altre, accadute sul territorio provinciale.
E’ il famoso caso Ises, l’ex cooperativa di Eboli per l’assistenza ai disabili diventata poi “Nuova Ises” su preciso suggerimento «politico», subito dopo il drammatico scioglimento determinato dalla liquidazione coatta amministrativa. Una vicenda che ha davvero dell’incredibile se si guarda in retrospettiva. Adesso scopriamo da una relazione di bilancio che l’Asl avrebbe erogato altri soldi alla “Nuova Ises” fino a due anni fa. Si dirà: e allora? Ma quei soldi non potevano essere dati, la coop non aveva titolo ad ottenerli e l’escamotage di fatturare le prestazioni socio sanitarie in favore di una pattuglia di residui pazienti ancora tenuti a carico (in ostaggio, come abbiamo sempre scritto da anni) «tanto l’Asl ti pagherà lo stesso» in assenza di qualunque legittimità, pare abbia funzionato. Esattamente quel che questo giornale scriveva da tempo. Il punto ora è: che fine hanno fatto quei soldi? Chi ha autorizzato e perché il pagamento ad una struttura abusiva sorta grazie ad una mega truffa al Ssn perdurante da tempo e qui raccontata in tutte le salse per almeno otto anni nell’indifferenza generale? Il problema vero, come sempre evidenziato, è il sistema dei controlli: magistratura, forze dell’ordine, enti sovraordinati, politica, istituzioni locali, media ed altri, hanno per anni continuato a far finta di nulla mentre tutti sapevano quel che stava accadendo, vale a dire che venivano trattenuti illegalmente circa 12 o 13 disabili ulteriormente disgraziati – che invece dovevano essere sistemati altrove – da una spregiudicata pattuglia di soci, raffazzonati in forma giuridica cooperativa grazie a input sapienti e precisi ma perpetrando l’orrenda condotta del loro sfruttamento per far soldi pubblici. Fioccarono anche diverse assunzioni fittizie, pezzi della politica e dell’amministrazione di pochi anni fa organizzarono colloqui di lavoro, gli stessi “operatori”, in parte ingannati e sfruttati anch’essi, per un periodo addirittura percepivano le indennità di disoccupazione durante il normale orario di lavoro, gravando ulteriormente sulle casse pubbliche. Risultato? Niente, la nuova coop ha chiuso i battenti l’anno scorso con la pietra tombale messa dal Consiglio di stato a valle di un inutile braccio di ferro con la giustizia amministrativa che non ha potuto far altro che ribadire ciò che da queste colonne era stato detto in tutte le lingue: se non hai i requisiti di legge – e non li hai – non puoi esercitare, soprattutto in un settore delicato come quello dell’assistenza sanitaria. Punto. Parole al vento furono, grazie a un intreccio e una concatenazione di interessi che un’indagine di medio impegno avrebbe immediatamente evidenziato ma, soprattutto, grazie ad una corruzione interna all’Asl di Salerno che ha sfidato tutto e tutti quasi fosse certa di non essere smascherata. E, in effetti, finora è andata proprio nel modo auspicato dagli attori e dalle comparse. Ora si apprende che le erogazioni manco si sono fermate nonostante il disastro evidente e solare. Una quantità di danaro enorme sottratta prima con la vecchia Ises e poi con la “Nuova”: ma chi li ha incassati visto che la fila di ingenui creditori, fregati nonostante l’enorme pubblicità del caso, si allunga da mesi a partire dai proprietari dell’immobile sulla SS19 (dove l’ex maggioranza di Cariello, parte della quale oggi travasata in quella di Conte, inopinatamente varò un cambio di destinazione d’uso del palazzo F&M rendendolo sanitario, da civile che era, al fine di continuare a tenere in vita l’operazione) che ancora attendono il saldo dei fitti?
Oggi ai vertici degli uffici giudiziari l’aria sembrerebbe cambiata: non c’è più necessità di far politica e, quindi, di «evitare di creare problemi dove ci sono posti di lavoro» e non c’è più mescolanza di ruoli e funzioni, per interposte persone, tra esercizio magistratuale e attività politica, (naturalmente, a sinistra) che come un tappo soffocava la ricerca della verità. Cosa serve ancora per andare a scovare negli uffici amministrativi e nei distretti chi ha autorizzato cosa e perché visto che neanche un centesimo pubblico poteva essere elargito?