Di Antonio Manzo
«È ora il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia. Ho terminato la corsa. Ho conservato la fede».
A Pasquale Andria non sarebbe dispiaciuto mutuare le stesse parole che il combattente apostolo Paolo pronunciò a Timoteo. Pasquale è consapevole di essere giunto all’estuario della vita, tra le mura di una storica Chiesa salernitana nel cuore del centro storico. E’ venuto il momento dell’análysis che, in greco, significa sia lo sciogliere le vele per salpare verso il mare aperto e infinito, sia il levare le tende da parte del nomade alla ricerca di nuove mete e pascoli.
Per Pasquale Andria il servizio fu la sua vita e la sua gioia. I codici in una mano, il Vangelo nell’altra. E’ stato nella vita un magistrato ma anche un testimone di fede, con quella laicità cristiana che affonda le radici nell’apparente dicotomia: da laici nella Chiesa e da cristiani nella società. L’ultimo saluto a Pasquale Andria è l’addio a un pezzo della comunità salernitana vissuta nel mondo della vita professionale della magistratura e in quello della fede perché Pasquale Andria per formazione riassumeva nella sua persona, in equilibrio perfetto, diverse esperienze e differenti lealtà.
L’esperienza di vita e la lealtà del cristiano autentico e coraggioso; l’esperienza di una cittadinanza laica e comunitaria, sempre lealmente sentita come dovere e, insieme, occasione continua di accrescimento e sviluppo.
Proprio per questo molti sono i luoghi dove si ripropone, oggi, secondo un calendario per nulla burocratico della vita, ricchissimo, al contrario, di forte suggestione, il ricordo di Pasquale. Tanti, dunque, i luoghi del ricordo e del naturale richiamo per una vita e per una morte.
Pasquale Andria ha vissuto da magistrato e uomo di fede anche in quelle stagioni di follia, di rivoluzionarismo insipiente, di fanatismo, esplosiva. Pasquale conobbe la magistratura quando parole certo farneticanti ma che fissavano con spietata durezza lo scenario di quegli anni di piombo. Anni di ingiuriosa violenza e la magistratura aveva già avuto le sue vittime proprio quando Vittorio Bachelet, vice presidente del Csm, assumeva la carica di vice presidente della Azione Cattolica, un pezzo della stessa vita di Pasquale Andria anche lui ai vertici dell’Azione Cattolica a partire dagli anni della “scelta religiosa” negli anni post Concilio Vaticano II. Una drammatica stagione italiana, per Pasquale Andria uomo del corpo giudiziario irrequieto che rifletteva le drammatiche contraddizioni della società e ne subiva gli urti e i colpi, ma anche uomo di fede tutto all’interno di un quadro della società non solo religiosa . Pasquale Andria fu uno dei firmatari del manifesto dei cattolici dissidenti sulla linea ufficiale del divorzio, con quei giovani che a Salerno chiedevano alla Chiesa al tempo guidata dall’arcivescovo santo Gaetano Pollio una disobbedienza politica prim’ancora che ecclesiale. Ma per Pasquale Andria e i suoi amici dei cattolici del dissenso subentrò una intelligente comprensione di questa sconvolgente pagina della vita e della storia del Paese e, così, la centralità del messaggio cristiano divenne il naturale percorso da intraprendere, la barra da tenere ferma e sicura.
Non ci fu convegno nazionale e locale dell’Azione Cattolica in qualunque parte d’Italia che non vedesse partecipe come relatore Pasqaule Andria apprezzato, per cultura, finezza di analisi, per capacità di lettura dei processi sociali, lenti o impetuosi che fossero. Pasquale da magistrato e al tempo stesso da cattolico avvertiva come fosse necessario per le istituzioni che la testimonianza per la libertà fosse un impegno morale e uno sforzo di pratica efficienza per una convivenza civile più umana e serena che sapesse acccogliere e ordinare, in un disegno di giustizia, la tumultuosa crescita della società.
Pasquale Andria era come tutti lo abbiamo conosciuto: sereno, libero e democratico nelle sue convinzioni, uomo del dialogo, paziente nell’attesa dei risultati che ne potevano conseguire, ma anche severo ed intransigente nella difesa dei princìpi e dei valori di fondo, la persona e la sua libertà.
Egli avvertiva, soprattutto sulla frontiera del diritto minorile, che la giustizia mite assecondasse il desiderio di famiglie desiderose di un sorriso, e che il disagio giovanile non fosse la lettura permanente e sociologica del mondo dei giovani.
Pasquale Andria ha sempre voluto, con esemplare spirito di servizio, onorare la “normalità”, non interrompere la trama dei propri doveri, quelli che la vita e la professione ti impongono ma continuare quel rapporto immediato e confidenziale con la sua utenza con disarmata naturalezza. Per Lui la magistratura doveva privilegiare il modello di giudice – forte, soggetto soltanto alla legge, libero da qualsiasi influenza anche di pubblica opinione, giusto e indipendente con esemplare lezione.
Pasquale Andria per il suo profondo senso dello Stato, per la sua laicità che lo porta al rispetto assoluto dell’altro, al dialogo paziente, con l’aggiunta che la sua fede religiosa, intensamente vissuta, gli ha consentito di presentarsi a tutti, sempre con grande serenità, quasi per un costante atto di naturale amicizia.
Una grande lezione di vita quella di Pasquale Andria quando, tutti toccati dal superamento della morte, con un grido di fraternità e d’amore potranno coniugare l’esperienza civile con il senso più profondo dello Stato. Tra rimpianto e speranza, c’è una pagina unica scritta da Pasquale Andria indimenticabile, e che non si dimenticherà.