di Alberto Cuomo
Quanto sconcerta nel pagamento dell’Iva di ben 860mila euro da parte del comune di Salerno al progettista della cittadella giudiziaria, l’architetto inglese David Chipperfield, non è solo l’entità della tassa ma anche quella dell’onorario che gli è stato riconosciuto. Considerando infatti che l’Iva corrisponde al 22 per cento dell’importo della parcella, si desume che Chipperfield abbia intascato per il suo lavoro ben 4 milioni di euro. C’è da dire che il cosiddetto finanziamento della cittadella giudiziaria è di fatto un mutuo a tasso agevolato fornito dalla Cassa Depositi e Prestiti e, pertanto, un debito a carico dei cittadini. Il cosiddetto finanziamento, di 140 miliardi di lire, fu ottenuto grazie al progetto, redatto da altri progettisti, che aveva ottenuto il visto di tutti i capi delle strutture giudiziarie del Tribunale e della Corte d’Appello di Salerno, il placet del Ministero di Grazia e Giustizia e il giudizio positivo del Provveditorato alle Opere Pubbliche della Campania. Il breve lasso di tempo tra l’incarico e l’appalto fa pensare che il progetto di Chipperfield non abbia compiuto tale trafila. Perché questa è stata richiesta per il primo progetto e, probabilmente, non per quello inglese? Tra i due progetti c’è stato il passaggio dalla lira all’euro e, pertanto, la somma a disposizione per la realizzazione della Cittadella Giudiziaria è stata convertita da 140 miliardi a 72 milioni di euro circa. Tale cifra, riguardante il primitivo progetto approvato, corrispondeva a un quadro economico, pure approvato, in cui erano specificate le voci di spesa riconosciute dal Comitato Tecnico Amministrativo del Provveditorato, quale organo del Ministero dei Lavori Pubblici, dove le “spese tecniche per progettazione, direzione dei lavori, collaudo strutturale, Ingegnere Capo e collaudo tecnico-amministrativo” ammontavano a 11.843 milioni di lire pari a poco più di 6 milioni di euro. Se nell’incarico a Chipperfield fosse stato tenuto, come era opportuno, un tale quadro economico, legato oltretutto al mutuo, non si sarebbe potuto riconoscere un onorario al progetto (4milioni 860mila a fronte di 6 milioni) tale da non consentire il pagamento degli altri oneri compresi nelle “spese tecniche”, di solito almeno pari alla quota per la redazione del progetto. Le domande che sorgono sono almeno due: è stato ragionevole prevedere un tale alto costo per la sola progettazione? Sarebbe stato possibile risparmiare denaro pubblico affidando il progetto ad altro progettista? Ebbene l’onorario del progetto della cittadella giudiziaria calcolato secondo la legge tariffaria italiana vigente all’epoca del mutuo era di 2 miliardi circa comprensivi di oneri previdenziali e Iva, ovvero un milione di euro. Vero è che al tempo del mandato a Chipperfield era entrata in vigore la legge Bersani che aveva liberalizzato i rapporti tra professionisti e committenti eliminando i minimi tariffari sì da lasciare che le parcelle fossero regolate dal mercato in relazione alla complessità dell’incarico. Tuttavia, sebbene il rapporto tra la pubblica amministrazione e il professionista incaricato non fosse soggetto a limitazioni, contrattare con il progettista inglese un onorario pari a circa 5 volte quello previsto dalla precedente tariffa professionale non appare in linea con un oculato modo di gestire il denaro dei cittadini. Si dirà che David Chipperfield, insignito del premio Pritzker, è una star dell’architettura e che avere un suo progetto a Salerno è un vanto. In realtà, sebbene osannato dalla cronaca, il progettista inglese non pare compaia in nessuna storia dell’architettura, neppure in quelle recenti, e pertanto la sua cittadella giudiziaria è destinata a decadere come le mode. Oltretutto la legislazione, dopo la Legge Merloni del 1994, prevede che gli incarichi professionali siano conferiti dalle amministrazioni pubbliche mediante gara, essendo l’offerta economica uno dei parametri di cui tenere conto. Possibile non vi fossero architetti di maggior valore di Chipperfield e pure meno dispendiosi? Quanto al valore estetico della cittadella (quello funzionale è del tutto negativo) che farebbe di Salerno una “città europea” non può non dirsi che il progetto propinato ai salernitani, ritenuti evidentemente dal tecnico inglese provvisti di anello al naso, non è che uno stralcio del più grande tribunale di Barcellona. Si ricorderà che al tempo di tangentopoli la procura salernitana individuò il reato di falso ideologico per progetti di viadotti che si replicavano in territori diversi (fondo valle calore e fondo valle telesina). Ebbene chiunque comprende che una trave prefabbricata precompressa, quali sono quelle per i viadotti, a parità di lunghezza, essendo i carichi uguali, è necessariamente la stessa anche in luoghi diversi dove ciò che cambia è la reazione del terreno (alluvionale o roccioso) tale da determinare fondazioni diverse per gli appoggi. Se pertanto il falso ideologico attribuito dalla procura ai progetti dei viadotti fu almeno azzardato, nel caso del progetto di architettura, qual è quello per la cittadella giudiziaria di Salerno, non può non ritenersi esso debba essere un unicum in ragione del diverso contesto urbano in cui si inserisce. Nessun Papa avrebbe accettato che Borromini replicasse il Sant’Ivo alla Sapienza in un’altra città o solo in un altro quartiere di Roma. A Chipperfield invece è stato consentito di dare a Salerno una mezza copia del suo progetto per Barcellona. Dal che si deduce che Chipperfield non è un moderno Borromini e che i salernitani invece che intesi cittadini di una città europea sono stati trattati da cafoncelli ingenui di un villaggio del terzo mondo cui rifilare un progetto redatto per altro luogo. Che ci si riscatti almeno un pò senza pagare l’Iva ad un progetto cui, se non si riconosce il falso ideologico, è attribuibile una presa per i fondelli dei salernitani.