Waterfront di Renzo Piano e Waterfront di De Luca: la grevità opprimente del Crescent - Le Cronache
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Waterfront di Renzo Piano e Waterfront di De Luca: la grevità opprimente del Crescent

Waterfront di Renzo Piano e Waterfront di De Luca: la grevità opprimente del Crescent

di Michelangelo Russo

Genova ha battuto tutti i record delle precedenti edizioni della Fiera Nautica. Domenica 24 settembre al Salone c’era il mondo intero. E la fiera sta cambiando volto, con un rapidità che le città della bassa Italia nemmeno immaginano. Dall’anno scorso ho visto sorgere lo scheletro delle nuove residenze disegnate da Renzo Piano. Stanno sull’acqua della darsena, circondate dai nuovi modelli di barche in mostra. Non saranno impattanti, perché completamente a vetri, ed esili come strutture di sostegno, quasi galleggianti nell’aria, nello stile di Renzo Piano. Se l’intera manovra del Waterfront genovese è una speculazione edilizia, e può darsi che lo sia, certo è che è fatta benissimo. Non immagino nemmeno il costo di questi appartamenti con le pareti fatte di luce. E’ evidente che possono acquistarli solo i milionari a tre cifre. Ma questi volumi trasparenti come l’aria non impatteranno come un pugno nell’occhio. E verrà un grande viale alberato di collegamento col porto vecchio, generando un percorso continuo tra la città vecchia e la Genova del ‘900, quella dei grandi edifici liberty del quartiere di Nervi. A grandi linee, Genova può essere paragonata a Salerno. O meglio, a Salerno come era. Il centro medioevale a Nord, e a Sud la città del Novecento di via Lungomare. Ma il paragone finisce qua. Entrambe le città hanno visto i guasti della proliferazione indiscriminata delle cubature, a partire dagli anni ’60. Ma Genova ha conservato la dignità della sua storia architettonica del ‘900: la lungomare di Nervi è un gioiello di perfezione di arredo urbano sostenibile. Non c’è un segno di usura o di abbandono nei marciapiedi o nelle aiuole. E al margine, i grandi palazzi sontuosi degli anni ’20 e ’30 del Novecento sono lindi e perfetti nei loro intonaci e nei loro infissi di legno. Camminando, l’occhio riposa non distratto dalle brutture della decadenza, e la mente viaggia veloce con i passi facendo paragoni immaginari con i palcoscenici urbani di orizzonti del mito come il Malecon dell’Avana o il Paseo De Gracia di Barcellona. Quanta vergogna per un salernitano nativo l’immediato paragone con lungomare Trieste. La sconcezza dell’abbandono e della sporcizia, il fradiciume della palazzata a mare della nostra città, dove una borghesia dal fiato corto come le idee non spende un euro per la manutenzione dei palazzi, umiliano le speranze di dignità per una piccola città che avrebbe i titoli per motivi di orgoglio identitario. Ma perché una coscienza civile e cittadina possa rinascere e pretendere una visione meno gretta del futuro, bisogna rompere l’incantesimo che ha creato il regno del mago di OZ. Che, poi si scopre, risulta nella fiaba essere solo un omino che parla attraverso un gigantesco megafono. E quella voce tonante che ne esce pare quella di un Dio onnipotente, che incute timore e genera obbedienza assoluta, mascherando la fragilità dei progetti suoi.

Il Waterfront di Genova nasce da un concorso di professionalità e capacità amministrative corali sedimentate da una cultura realmente marinara. Quindi, alimentata da una democrazia sostanziale e non di pura forma. A Salerno, che non ha questo sottostrato culturale ma solo una timida capacità imprenditoriale di una borghesia di norma proiettata più sulla rendita fondiaria parassitaria che sul dinamismo economico, la delega della progettualità all’uomo solo al comando è stata fatale. L’accentramento delle scelte ha creato la grevità opprimente del Crescent, cubo di cemento buttato ad aggravare l’orditura urbana, non di pregio, ma contenuta, della zona portuale. L’assenza di dibattito tra le categorie sociali è uno strumento doloso per evitare i confronti. Nulla deve disturbare il futuro in costruzione. Che sarà fatto di sventramenti, cubi nuovi e cubetti dappertutto, aggravio dei volumi e non decrescita dei mattoni. Insomma, non una politica attenta di recupero dell’esistente e della bellezza antica, anche se spesso dimessa e modesta. Nessun progetto di recupero dell’estetica. Zero cultura, se non chiacchiere ridicole su reti museali inesistenti. Dimenticavo. A novembre ci sarà il Salone Nautico di Salerno. Un tentativo di imitare Genova. Ma mi faccia il piacere! direbbe Totò.

1 Commento

    Non ho il piacere di conoscere il Signor Tommaso, l’autore di questo articolo, ma sicuramente sarà molto giovane di età e non può ricordare gli scempi che gli scaltri colleghi e predecessori dello Sceriffo hanno fatto prima di lui. L’abbattimento totale dell’immenso agrumeto a monte di Torrione e Pastena con la nascita di grovigli di case popolari, palazzoni e strade che si ergevano dalla notte al giorno senza conoscere neanche il significato del termine urbanizzazione. Subito dopo sventrarono le uniche spiagge che aveva la città, compreso il vecchio porto, e pensarono che l’atto vandalico più giusto da fare in quell’area era il nuovo e grande porto senza sbocchi stradali con relativa congestione del traffico cittadino. Infine, più recentemente, pensarono di coprire con cemento anche l’unica e famosa collina che si affacciava sulla città, il Masso della Signora.
    Neanche a me piace il Crescent, un’opera dall’aspetto scialbo e vuoto ma, almeno in questo caso, hanno ripulito l’intera area fetiscente delle Chiangarelle.
    Cordialmente, mario sorrentino.

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