“La Cultura dell’Unione”. Era questo il nome del fascicolo presentato dall’Unione dei Comuni Paestum Alto Cilento per la candidatura a capitale italiana della cultura per il 2024. Correva l’anno 2022, poco più di dodici mesi fa, e gli amministratori cilentani si stracciavano le vesti per quello che sarebbe dovuto essere un importante traguardo. Il sogno svanì in finale: il ministero scelse Pesaro lasciando nello sconforto i sindaci del Cilento, già prontissimi ad esaltare l’Unione.
Furono presentati video promozioniali, un sito dedicato, pagine social e tanto altro. Si parlava di cultura, quella alta, quasi da lettera maiuscola. «Posso dire già oggi che, a prescindere dall’esito, il programma che abbiamo realizzato per questa candidatura sarà interamente realizzato – dichiarava Franco Alfieri che allora era “solo” sindaco di Capaccio Paestum e presidente dell’Unione dei Comuni dato che non aveva ancora vinto le provinciali e non aveva ricevuto il titolo di viceré da De Luca – l’intuizione di candidare l’Unione ci sta premiando: la cultura genera cambiamento solo se è diffusa. La nostra risposta alla tradizionale contrapposizione campanilistica è un modello partecipativo, aperto al dialogo e all’inclusione. Questa candidatura è esemplare: nessuno degli 11 Comuni dell’Unione avrebbe potuto accettare da solo la sfida di capitale della Cultura 2024. Invece insieme, unendo il patrimonio, le energie, le risorse, possiamo competere e vincere. Uniti possiamo fare la differenza».
Parole bellissime che toccano il cuore. Frasi che poi sono state rilanciate nello scorso mese di marzo, a un anno dal traguardo e dal sogno sfumato. «Una sfida che, al di là del risultato finale, ha dato al territorio la possibilità di far conoscere le proprie bellezze e peculiarità in un contesto nazionale di risalto e prestigio – sottolineava Alfieri che nel frattempo era diventato presidente di Palazzo Sant’Agostino ma non ancora viceré – ad un anno di distanza, nonostante la vittoria di Pesaro, l’Unione dei Comuni Paestum Alto Cilento ha mantenuto fede al dossier di candidatura, in cui venivano illustrati i punti di intervento per le azioni future». Altre parole che sembrano essere dense di significato ma che invece sono vuote. Nel 2022 si parlava di cultura e altrettanto qualche mese fa, mentre ad Agropoli il museo era chiuso e mentre si consumavano i furti, mentre si perdevano le chiavi, mentre qualcuno violava la storia del territorio. Eppure nel fascicolo presentato si parlava proprio di questo: “Archeologia: antichi segni dell’uomo. Senza dimenticare quella che rappresenta una delle principali risorse culturali della zona si cercherà, attraverso momenti di approfondimento e divulgazione, di aumentare ancora di più la già vasta platea di pubblico affascinata dall’archeologia ed i reperti locali”.
Col senno di poi, quanto scritto sembra davvero una beffa. Chi dice, oggi, che le promesse sono state rispettate o dimentica ciò che ha dichiarato o mente sapendo di mentire. Non è un attacco o una critica, ma semplicemente la realtà. Si scriveva che si sarebbe cercato di aumentare il pubblico affascinato dai reperti, ma di questi reperti, dodici sono stati trafugati. Altra promessa non mantenuta o un’altra presa in giro, del resto il passo è breve. Alla luce di questo, continueranno i silenzi?