E’ calato il sipario sul salone del vino giunto alla sua XI edizione, che può solo migliorare a detta degli esperti, numeri in forte crescita e attenzione dei buyer ospiti nella giornata di lunedì
Di Olga Chieffi
Il vino ha un suono. E’ attorno a un tavolo, con un bicchiere di vino e pietanze ben “accordate” che si parla, si discute, lascia che il tempo scorra, mentre si legge la sua partitura. Nella tre giorni del Paestum Wine Festival, giunto alla sua XI edizione, oltre che ascoltare il linguaggio ipertecnico degli esperti, che hanno tenuto masterclass ad ogni ora, si è riusciti anche a strappare il vino alla rappresentazione teatrale nella quale viene spesso rinchiuso. La degustazione è non di rado complice della sacralizzazione e marginalizzazione del vino che ha prodotto una liturgia del consumo, come fosse oggetto di devozione nei giorni di festa, ma assente nel resto della nostra vita. Abbiamo incontrato sui nostri passi quattro prestigiosi esponenti del mondo enologico, i quali sono riusciti a restituire al vino la sua immediatezza giocando, quella gioia che si deve ad ogni arte. In entrata ci ha accolto il sorriso di Davide Naimoli, giovane area manager per Lazio e Campania della Heres, una piattaforma di scambio in cui aziende e consulenti possano collaborare nell’elaborazione di una brand identity, con sede in Terranuova Bracciolini. Davide ci ha presentato le due punte di diamante in degustazione al Festival, lo champagne De Saint-Gall cuvée Blanc de Blancs premier Cru, che gode di un terroir eccezionale ed esprime un savoir-faire artigianale che si tramanda di generazione in generazione e il Galatrona, oggetto in questo contesto di due master verticali di quattro annate, 2008, 2013, 2015 e 2020, un Merlot in purezza di colore rosso rubino nero, dal profumo inebriante di bacche nere, spezie di legno pregiato e un po’ di cuoio, generoso negli aromi di frutta ed estremamente complesso al palato. Più avanti il saluto di Mila Vuolo, in rappresentanza dell’intero Consorzio Vita Salernum Vites, la quale ha offerto una degustazione anche del suo celeberrimo olio, con al suo fianco Rosella Poppiti da Olevano sul Tusciano, poco distante da Salerno, dove opera la sua azienda agricola Firosa, acronimo che ricorda le iniziali delle tre sorelle Filomena, lei e Sara Poppiti titolari insieme con la mamma Adele Avallone. Per noi un bianco dal colore giallo paglierino lucente, elegante, raffinato e ben equilibrato. Passaggio in terre avellinesi con un frizzante Roberto Sansone, posizionato proprio di fronte il punto musica, con tanto di Dj. Alle sue spalle i grandi classici della nostra terra, Fiano, Greco di Tufo, Falanghina, Coda di Volpe, le due Lacryme Christi e il re dei rossi il Taurasi, che ci è stato offerto, oggetto di una masterclass verticale con annate 2007, e 2013-2015, col suo colore rosso rubino intenso con riflessi granati, il bouquet ampio e complesso, intenso, pieno e austero, vellutato, la gemma della cantina Terredora, un simbolo della Campania Felix, che è un must, naturalmente, negli Stati Uniti, ma l’intenzione è quella di continuare a conquistare il mercato italiano. Finale al solito scoppiettante con Angelo Munno, area manager con il compito immane di presentare un mare di etichette e cantine Capichera, Casa D’Ambra, Ceci, De Conciliis, Donnafugata, Ferrari, Feudi di San Gregorio, Gaja, La Tunella, Le Vigne di Raito, Librandi, Maffini, Montevetrano, solo una parte questo, il quale ci è venuto incontro con due calici di vermentino Colli di Luni etichetta nera Lunae Bosoni con profumi evocativi di fiori e frutta fresca, armonico, fruttato e fresco, con a fianco il vulcanico sommelier del prestigioso ristorante salernitano Pescheria, di ritorno da una master sul Brunello di Montalcino, in cui son comparse due superbottiglie di Casanova di Neri annata 1979. Grande successo per gli organizzatori su tutti Angelo Zarra, che ha portato a Paestum Alessandro Rossi, Andrea Gori, Luciano Ferraro, Luciano Pignataro, Paolo Lauciani, Riccardo Cotarella e Sissi Baratella, Andrea Gori, e Simona Geri, e qualche cosa da migliorare come angoli biscotteria, qualche quinta di luce in più, per restituire, con maggior consapevolezza, qualcosa di una drammaturgia segreta, in un mondo in cui cominciano ad annodarsi rapporti empatici, nascite, emozioni, che portano tutti a fare parte della scena.