di Arturo Calabrese
Fa molto discutere l’inaugurazione del Castello di Rocca Cilento, struttura privata di proprietà della famiglia Sgueglia. Tanti i detrattori, ma tanti sono anche gli estimatori e coloro i quali vedono di buon occhio quanto fatto dall’imprenditore. Su tutti i sindaci dell’Unione dei Comuni Paestum Alto Cilento, quasi tutti presenti all’inaugurazione della scorsa settimana. In prima fila a tagliare il nastro, oltre alla proprietà, il sindaco di Lustra, comune di cui la frazione Rocca Cilento fa parte, Luigi Guerra. «Fin da piccolo ammiravo questa immensa struttura e ne rimanevo affascinato – racconta – ero ammaliato dalle torri, dalle mura, dalle sale. Nei miei giochi di bambini immaginavo cavalieri e dame, duelli, amori, intrighi, stanze nascoste. Da adulto ho iniziato a capirne il valore intrinseco e la prospettiva futura. Ero ancora vicesindaco quando Stefano Sgueglia si presentò a Rocca e avviò l’iter per acquistare il castello. Da allora – ricorda – è passato molto tempo e sono orgoglioso di aver tagliato quel nastro. Adesso il borgo di Rocca può ripartire e diventare una meta turistica importante. Abbiamo scritto la storia». Dice la sua anche il sindaco neo eletto di Agropoli Roberto Antonio Mutalipassi che rilancia: «Si può pensare ad un gemellaggio tra i due castelli – spiega – quello di Agropoli e quello di Rocca. L’area vasta di cui ho parlato nel programma è questo: una grande rete di attrattori turistici. Adesso possiamo e dobbiamo lavorare tutti insieme». Presente al momento del taglio del nastro, e all’appuntamento conviviale seguente, anche la Regione Campania rappresentata dall’assessore al Turismo Felice Casucci: «Il futuro turistico della regione passa da qui – le sue parole – un bene storico che torna al suo antico splendore è sempre un qualcosa di positivo da accogliere e valorizzare. Stiamo per vivere l’estate della ripartenza e ogni iniziativa è ben accetta». La proprietà La famiglia Sgueglia è già proprietaria del castello di Limatola in provincia di Benevento e l’obiettivo è replicare quanto fatto lì. Come tutti gli imprenditori, anche Stefano e figli pensano al proprio profitto che può legittimamente essere diverso e lontano dalla crescita del territorio e dalla ricaduta su Lustra e Rocca. Chi investe lo fa per avere un ritorno economico. Pare scontato dirlo, ma diventa doveroso nel mare magnum di polemiche e di esaltazione trasversali e poco vicine al vero centro della questione. Il castello è privato e come tale è diventato una macchina per far soldi, sicuramente elegante e sfarzosa, ma lo scopo è quello di guadagnare e, soprattutto, di recuperare l’ingente investimento. Questo non può essere sindacato, altrimenti dovrebbero cessare tutte le attività economiche e di certo il Cilento non può permetterselo. La precedente proprietà Il castello di Rocca non è mai stato pubblico. Prima della famiglia Sgueglia, la proprietà era di Ruggero Moscati, ma all’epoca vi si tenevano eventi, convegni e l’obiettivo era di far nascere un centro studi. Tutte idee rimaste incompiute, ovviamente, un’occasione persa per sempre. Gli eredi di Moscati, però, si dicono felici del destino dell’antico maniero: «1000 anni di storia per il Castello di Rocca Cilento – dice la nipote Giuliana – di cui 60 con la nostra famiglia. Mio nonno lo aveva acquistato per farne un Centro Studi e negli anni dal ’60 al ’80 è stato il fulcro della vita culturale dell’alto Cilento. Dagli anni ’80 fino ai primi 2000 è stato teatro di feste, gite e campi scout. Il tempo passa inesorabile. Un bene così antico e prezioso necessita di cure continue e la manutenzione ha dei costi sempre più elevati. I tentati accordi con il Parco del Cilento e i nulla di fatto con il Comune – racconta – le varie proposte fantasiose, e alcune indecenti, da parte di russi, rifiutate. Poi arriva l’incontro decisivo con un imprenditore illuminato che ci ha convinti a prendere la sofferta decisione di vendere. Ci son voluti sei anni di restauro per realizzare una favola, un gioiello di pietra e ferro, un incantesimo rispettoso della storia con lo sguardo al futuro per questa terra meravigliosa che potrà trarre grande vantaggio da un volano così strategico. Certo – aggiunge con un anelito di nostalgia e melanconia – non seguirà la vocazione immaginata da mio nonno o da mio padre, ma questa è un’altra storia di altri tempi. Certo avrei voluto farlo io – chiosa – ma non ne avevo la forza e nemmeno la capacità. E non avrei saputo farlo meglio».