di Michelangelo Russo
E’ di tre giorni fa la notizia del finanziamento di ben 400 mila euro per la ristrutturazione del Museo della Scuola Medica Salernitana. Il finanziamento, con fondi europei, è frutto della sinergia tra Sovrintendenza ai Beni Culturali, Università di Salerno, e, ovviamente, Comune di Salerno e Provincia. Circa 180mila euro saranno spesi per la ristrutturazione della chiesetta sconsacrata di Via Mercanti, in cui è allocato sinora il Museo, e buona parte della cifra restante sarà spesa per ammodernare le apparecchiature di proiezione delle immagini dei reperti museali. Ottima notizia per la cultura, d’accordo. Ma andiamo a vedere in concreto come certe iniziative, pur pregevoli, vanno solo a sfiorare il problema del patrimonio artistico di Salerno, del tutto abbandonato e fuori completamente dagli obiettivi dell’apparato politico piramidale che governa la città. Prima di tutto una considerazione. Il Museo della Scuola Medica Salernitana, mi dicono, è un Museo virtuale. Cioè non ci sono reperti materiali, ma solo diapositive da proiettarsi. Confermo, con tutto il rispetto, che purtroppo la natura stessa di un museo virtuale ne rende relativo il glamour e l’appeal. Se devo vedere delle immagini soltanto, molto più comodamente, penso, posso vedermele sul mio computer. Certo, c’è una indubbia ricerca alla base di un museo virtuale. Ma non ci sono i Musei delle cose reali, la cui vista in presenza soltanto, è la chiave d’ingresso nella magia del passato. Se fossero virtuali, il Louvre e la Galleria degli Uffizi avrebbero da tempo chiuso i battenti. Orbene, detto questo, lo sforzo di far arrivare 400 mila euro a un museo virtuale (di cui, confesso la mia ignoranza, sconoscevo esistenza e ubicazione) è sicuramente motivo di vanto per la politica salernitana. Ma allo stesso tempo è motivo di scandalo! Perché, se arrivano 400 mila euro per un piccolo museo senza oggetti, non possono arrivarne altrettanti per riparare il tetto del Museo Archeologico di Via San Benedetto, che fa acqua sui vari attici sottostanti e sulla testa in bronzo di Apollo? Cinque milioni di visitatori in Cina le hanno reso omaggio nel suo viaggio itinerante tra il 2018 e il 2019 nelle metropoli cinesi, e nemmeno un giovane salernitano su cento sa che la tiene a due passi nel suo museo cittadino, rigorosamente chiuso. Il motivo principale del disinteresse della politica locale per musei e monumenti storici sta nella mancanza di tornaconto clientelare ed elettorale per chi voglia interessarsene; piccoli musei settoriali si prestano meglio a manovre di tale natura, anche se poi in termini di visitatori tutto si traduce in numeri esigui. Manca una visione lungimirante delle potenzialità economiche dell’estetica del nostro territorio. Che non sono quelle scontate della balneazione stagionale, ma quelle del contesto paesaggistico ed urbanistico dei borghi di pregio. E potrebbe segnare qualche punto anche l’estetica del capoluogo, se si curasse l’immagine attuale avvilente del degrado dei palazzi cadenti finanche nelle strade principali. Ma parlo anche delle potenzialità economiche dell’estetica fissata nelle centinaia, migliaia di opere d’arte non esposte; che potrebbero essere viste dalle nuove generazioni, e ricercate dalle schiere crescenti di turisti attratti dalla fama di questa terra degli Dei così come l’hanno descritta gli artefici delle tele infinite che ne hanno celebrato la bellezza. Non ci stancheremo mai di ripetere che la politica del Sistema Salerno non vuole che esista un Museo civico; non c’è voglia di farlo. Se esistesse un Assessorato all’Estetica, come abbiamo detto in un articolo di giorni fa, vi sarebbe spazio per una commissione di ricerca e di selezione delle cose da fare per migliorare e conservare il tesoro che abbiamo, più prezioso del gas e del petrolio che ci mancano. Ad una commissione di supporto all’Assessore all’Estetica non sfuggirebbe, ad esempio, un piccolo quadro in asta a Montecarlo, fra tre giorni, presso la casa d’aste Accademia Fine Art. Quotato a meno di 5.000 euro, viene etichettato come “vue de la cote napolitaine”. Porta la firma di Anton Sminck Pitloo. Il fondatore, cioè, della scuola napoletana dell‘800. Era un olandese trapiantato a Napoli per amore del Sud, come tanti altri artisti stranieri. Fu un precursore assoluto della pittura “en plein air”, come gli impressionisti francesi. Ma Pitloo anticipa gli impressionisti di mezzo secolo, e questo suo quadretto pare essere stato dipinto da Monet vent’anni prima che nascesse. L’immagine del paesaggio, però, non ritrae né Napoli né la magica Argenteuil di Monet. E’ la costa di Salerno! Vista dalla spiaggia di Torrione! Un Assessorato all’Estetica se ci fosse, la acquisterebbe, questa tela, vista la modestia della cifra, per metterla in quel Museo che non c’è, per quei turisti colti, capaci di cogliere l’importanza di una Salerno impressionista dipinta 50 anni prima degli impressionisti francesi, che purtroppo non ci sono. Anche piccoli capolavori sconosciuti e sorprendenti, come questo quadretto, alimenterebbero il passaparola internazionale dell’esistenza di territori del sole, poco più a sud di Napoli, capaci di far vedere il futuro agli artisti che ne rimasero incantati. Michelangelo Russo