Caso Eboli, i rapporti tra Cariello e Picarone - Le Cronache
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Caso Eboli, i rapporti tra Cariello e Picarone

Caso Eboli, i rapporti tra Cariello e Picarone

di PEPPE RINALDI

 

Le intercettazioni, specie quelle telefoniche, sono come Giano bifronte, con due facce, due risvolti, due ipotesi in alternativa. O molte di più. Di certo rappresentano una fonte per il mestierante della cronaca giudiziaria, utile – in un certo senso- a disegnare un contesto storico entro il quale si sarebbero svolti determinati fatti. Se, poi, questi stessi fatti siano configurati definitivamente come reati è altro discorso.

Nelle oltre 3,700 pagine di soli brogliacci delle intercettazioni (vale a dire del riassunto delle conversazioni degli indagati che la polizia giudiziaria allega alle informative inoltrate al pm) relative alla maxi indagine svolta per circa quattro anni sul conto del “sistema Cariello” cosiddetto, ce n’è per tutti i gusti. Non quella che l’ha portato in gattabuia, qui si parla dell’ultima appena conclusasi. Le conversazioni di carattere privato naturalmente rimarranno tali, almeno per ciò che riguarda chi scrive. Sono quelle di natura “politico-affaristica”, amministrativa, relazionale, istituzionale a catturare l’attenzione. Come nel famoso caso della Casa del Pellegrino, il centro polifunzionale per soggetti disagiati realizzato con fondi Ue per circa 6 milioni di euro, che l’ex primo cittadino aveva dato in concessione alla ex coop Ises, quindi a un soggetto privato, peraltro già sommerso da enormi guai (si veda come è andata a finire la storia oggi) come è stato scritto miliardi di volte su queste e altre colonne. Bene, il lettore ricorderà che l’allora sindaco di Eboli, sorta di grillino ante litteram per spessore, modalità espressive, scelta dei collaboratori e contenuti,  una volta venuto a conoscenza del fatto che la Regione Campania aveva revocato la prima tranche da 1, 7 milioni di euro del finanziamento, va nel pallone: chiama e/o replica compulsivamente ai suoi consiglieri, preoccupati di doverne rispondere personalmente dinanzi alla Corte dei Conti (come in effetti è poi avvenuto), prova a rassicurarli, li riempie di «tutto a posto», «abbiamo quasi risolto», «a Napoli stiamo sistemando la situazione» e balle varie. E come la stavano risolvendo “a Napoli” questa situazione? Con un altro imbroglio, oltre a quello già compiuto in loco su una struttura pubblica finanziata per una cosa e utilizzata per un’altra, con il voto favorevole di una compagine  spesso imbarazzante. In pratica, Cariello tempestava di chiamate i “potenti” del momento che in Regione potessero tirarlo fuori dal guaio: in primis Piero De Luca, per ragioni che non stiamo qui a ricordare, poi l’attuale sindaco di Capaccio, Franco Alfieri, al tempo “big” a Palazzo Santa Lucia, poi i vari consiglieri regionali (esponenti del solito Pd), come Luca Cascone e, soprattutto, Franco Picarone. Pezzi da 90, si direbbe, del sistema di potere di Vincenzo De Luca. Infine anche altri, come vedremo. Da Napoli, non si capisce bene come, anzi sì ma non si può scrivere, i fondi revocati vennero riassegnati al Comune di Eboli, facendo però un ulteriore guaio (reato?): da un altro capitolo dei fondi Ue erogarono all’amministrazione la medesima cifra già revocata, come si trattasse di sostituire una gomma dell’auto forata, il punto è che non si poteva né si può fare. Ma lo fecero lo stesso, salvo poi operare una brusca retromarcia quando la situazione è precipitata e quando la stessa Corte dei Conti ne ha ravvisato la punibilità per ciascuno dei protagonisti.

Come andarono le cose? Più o meno così. Il dirigente della Regione responsabile dei fondi Ue, tale Mastracchio, aveva fatto la prima revoca. E’ l’8 maggio del 2018, Cariello chiama Franco Picarone e gli comunica la ferale notizia. Picarone replica, etichettando Mastracchio come «uno stronzo». Cariello chiede una «riunione urgente con tutta la struttura» per vedere come uscire da quella situazione (ricordiamo che Cariello per la Corte dei Conti deve restituire oltre 700mila euro come quota pro capite per il danaro sciupato in questa vicenda). Picarone gli dice «Massimo stai tranquillo, ora sto andando ad Ercolano, poi mi fermo in Regione». L’ex sindaco appare disorientato, forse ha già intuito in che vicolo cieco ha condotto il bilancio dell’ente. Sempre l’8 maggio di quattro anni fa, Cariello dice al consigliere Pd « …sono preoccupato, è una cosa seria e delicata, tu hai parlato con la Somma (altra dirigente regionale del settore)?». Picarone al telefono gli dice: «Stai sereno, il problema lo risolviamo, i soldi li facciamo arrivare da un altro fondo». Se ne deduce, dunque, che Picarone abbia in qualche modo partecipato all’operazione pur non lasciando le impronte digitali. Erano state, invece, lasciate in un’altra stanza, quella che è emersa dall’indagine “erga omnes” (inizialmente circa 40 indagati, poi ridottisi di un terzo pochi giorni fa alla conclusione delle indagini) che l’ex pm Guarriello stava conducendo. La domanda, tra tante, ora è: visto che la procura di Salerno indagava sulla Casa del Pellegrino (pm Cassaniello) dopo l’esposto del sacerdote Caponigro, come mai pur essendo a conoscenza della circostanza che un altro sostituto procuratore (Guarriello) avesse raccolto elementi importanti sugli stessi fatti, non ha unificato i procedimenti? Perché, inoltre, non ha allargato lo spettro degli indagati anche a quanti, consiglieri regionali e dirigenti, avrebbero concorso allo spensierato utilizzo di danaro pubblico, come normalmente fa al minimo dettaglio investigativo interessante? C’entrano forse le disinvolte relazioni tra il Pd e l’apparato giudiziario salernitano diffuse tra aziende pubbliche guidate da parenti di magistrati, le ambizioni politiche di congiunti di importanti toghe in corsa elettorale in un centro vicino Eboli? C’è anche questo nelle quasi 4mila pagine che riguardano l’ennesima inchiesta sull’ex sindaco di Eboli. Come vedremo.