Una preghiera in musica con il Liceo Alfano I - Le Cronache
Spettacolo e Cultura teatro

Una preghiera in musica con il Liceo Alfano I

Una preghiera in musica con il Liceo Alfano I

Grande successo giovedì sera per il Concerto di Natale delle masse orchestrali e corali dell’ istituzione scolastica guidata da Elisabetta Barone. Diversi i solisti in mostra, tra cui il giovanissimo oboista di origini rumene Giusepe Feraru e il fagottista Mattia Costa.

 

di Olga Chieffi

Ritorno alla vita attraverso la musica, giovedì sera, in cattedrale, con le masse orchestrali e corali del liceo musicale e coreutico Alfano I di Salerno, ospiti di un’anima vicina al canto e ai giovani quale è quella di Don Michele Pecoraro. La serata è iniziata con una buona esecuzione del famoso Canone in Re maggiore che, Johann Pachelbel scrisse per tre violini e basso continuo, e si accompagnava ad una giga, intorno al 1680, e come molti brani appartenenti a quest’epoca, cadde nel più completo oblio per secoli. A dargli nuova vita fu Jean-François Paillard, che con la sua orchestra da camera registrò nel 1968 una versione lenta e romantica, che incontrò immediatamente i favori del pubblico. Il primo violino, iniziatore di ogni novità melodica, esegue disegni via via più veloci, che passano dalle semiminime alle biscrome, tutte su una progressione di accordi immutata. Omaggio ad Astor Piazzolla nel centenario della sua nascita esaltante con Esqualo, quella sfida perenne tra mantice e violino, giovedì con il fagotto di Mattia Costa assoluto protagonista, simbolo di quel popolo che si è messo finalmente in moto, in viaggio, con la sua musica, il suo simbolo, il “Mito” del tango che allora nasceva. Bel talento quello di Giusepe Feraru oboista di origini rumene entrato al liceo con la fisarmonica e ritrovatosi con un oboe tra le mani come secondo strumento e per di più durante il covid. Grazie all’opera di convinzione del M° Antonio Rufo abbiamo ascoltato da Giuseppe un’aria dalla tragedia sacra Massimiano di Leonardo Vinci, in cui il suono dell’ oboe è riuscito a rendere l’idea della purezza melodia e a sottolineare l’universalità dell’affetto. Ed ecco le Danze popolari rumene di Béla Bartòk, balli della Transilvania nella loro atmosfera modale rigorosamente eseguite. Note di luce, ai limiti del silenzio, termine circolare, vivificante per l’Ave verum Corpus di Wolfgang Amadeus Mozart, prima di passare al Johann Sebastian Bach di Jesus bleibet meine freude, celebre sezione musicale della cantata Herz und Mund und Tat und Leben, BWV 147, quasi a voler sottolineare col suo infinito flusso di melodia il senso statico di quelle parole: Cristo resta in eterno la gioia dell’anima e può fermare la sofferenza umana. Coro in grande spolvero per l’ultima sezione, quella natalizia, principiata con la Pastorale di Natale “Quanno nascette Ninno”, di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori nello speciale arrangiamento di Marco Cuciniello, dando vita ad una sempre rinnovantesi forma d’arte, in un eccelso cortocircuito temporale nella dimensione del sogno, continuando col tradizionale All Night, All Day e offrendo la chiave per aprire il più ottimista dei mondi con “What a wonderful world”, composta da Bob Thiele e portata al successo dal nostro Satchmo, pensata come una sorta di antidoto al crescente clima di tensione politico e razziale negli USA. Grande soddisfazione per i maestri direttori, Angelo Spinelli e Marco Cuciniello, i preparatori del coro Rosa Spinelli, Maria Arcuri e Filomena Nusco, Monica Paciolla e Antonio Palmieri e gran finale con l’ acceso vitalismo, che si manifesta soprattutto nel gusto per un’insistita, persino ossessiva iterazione ritmica di Fortuna Imperatrix Mundi, sezione iniziale dei Carmina Burana, eseguita con quattro pianoforti e percussioni, versi e musica che pongono in rilievo l’impotenza umana di fronte alla cecità della fortuna e alla crudeltà della cattiva sorte; un sentimento costantemente presente nel cuore degli uomini medioevali, quando guerra e peste falcidiavano inesorabilmente le popolazioni e rendevano molto precaria la condizione quotidiana di vecchi e giovani, miserabili e ricchi. Un Medioevo sospetto schizzato meravigliosamente da Carl Orff, in cui forse oggi siamo ampiamente ricaduti.