Enrico Caruso, dalla fame alla fama - Le Cronache
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Enrico Caruso, dalla fame alla fama

Enrico Caruso, dalla fame alla fama

di Olga Chieffi

Enrico Caruso è stato, probabilmente, il più grande tenore di tutti i tempi, sicuramente il più amato. Un nome che è divenuto un mito e che da “emigrante” artistico ha portato l’opera lirica e le canzoni napoletane a essere conosciute e cantate in tutto il mondo. La sua storia, senza bisogno di essere “romanzata”, rappresenta un modello quasi simbolico del riscatto sociale attraverso l’arte che da sempre affascina il pubblico: raggiungere il sogno partendo da una condizione sociale di povertà e disagio. Enrico Caruso è un’eccellenza campana ed è uno dei massimi simboli dell’arte tutta che è salvifica. Nato in una Napoli poverissima di cui ci sono rimasti ancora i dagherrotipi a mostrarci scugnizzi scalzi e mal vestiti, dove la fame la faceva da padrona, Enrico Caruso, diciottesimo figlio di una coppia disgraziata che non stava né meglio né peggio di quel sottoproletariato sconfitto da sempre e pieno di speranze nei santi e nella Provvidenza, avrebbe avuto un futuro da fabbro. Ma la voce, il canto e su tutto lo studio e l’abnegazione, l’ingegno, fecero il vero miracolo e “carusiello” divenne il tenore dei tenori. Enrico Caruso seppe cantare e ricordare la patria a quegli italiani che all’inizio del ventesimo secolo decisero di cercar fortuna nel Nuovo Mondo. Molti di loro erano di origine partenopea e non potevano permettersi il viaggio di ritorno sul piroscafo che traghettava l’Atlantico tra Napoli e New York, ma andavano ad affollare le sale del Metropolitan Theather, cercando quel sole e quel tepore della nostra regione, che tanto bene riusciva a descrivere la voce di Enrico Caruso, sia nell’opera che nel canzoniere partenopeo, che lo rese celebre. Queste le linee estetiche che hanno guidato ieri mattina i relatori della conferenza stampa tenutasi a Palazzo Santa Lucia per le celebrazioni del centenario del grande tenore, il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, Alessio Vlad, direttore artistico del Ravello Festival, Ruggero Cappuccio del Napoli Teatro Festival. La rassegna verrà inaugurata il 18 luglio a Sorrento con il concerto di Gigi Finizio a Villa Fiorentino e darà il via a un mese di eventi che “abbiamo messo in piedi – ha affermato il governatore- con l’aiuto di tanti intellettuali, proponendo Caruso nei suoi diversi aspetti, nella sua arte, nella sua voce, nella sua vita privata, nella sua sofferenza umana, nel rapporto tormentato che ha avuto con Napoli, come spesso capita ai figli di questa terra che non vengono amati come necessario. Abbiamo fatto un atto di omaggio a un artista straordinaria e a un uomo del sud di grande umanità'”. Il 28 luglio verrà consegnata la cappella Caruso che è stata ristrutturata a spese della Regione per accogliere al meglio chi vorrà rendere omaggio al tenore al cimitero di Santa Maria del Pianto, mentre quella stessa sera i riflettori si accenderanno alla Reggia di Caserta, per il concerto con Daniel Oren alla guida dell’orchestra filarmonica del teatro Verdi di Salerno che vedrà protagonista il tenore Vittorio Grigolo. La serata sarà aperta da un prologo affidato all’attrice Pamela Villoresi, “Caro Enrico…”, che dà il nome all’evento, per la regia di Riccardo Canessa che ha adattato stralci del libro “Ridi, pagliaccio! Vita, morte e miracoli di Enrico Caruso” di Francesco Canessa. Sara’ invece Geppy Gleijeses a curare a Napoli, al Teatro Trianon, il 2 agosto “Caruso vive”, una serata di reading, musiche e proiezioni con la partecipazione del critico musicale Enrico Girardi e del Caruso televisivo, il tenore Gianluca Terranova. Al teatro Trianon ci sara’ anche un progetto permanente di scuola di canto dedicata a Caruso per i giovani dai 12 ai 18 anni. Il programma musicale si chiude il 19 settembre al San Carlo di Napoli con i tenori Francesco Meli, Francesco Demuro e Freddie De Tommaso, e l’orchestra del massimo diretta da Mario Armiliato. Lo stesso giorno al Museo Madre ci sara’ un premio dedicato alla memoria di Caruso. Celebrazioni saranno anche sullo schermo a partire dal San Carlo che il 30 settembre ospita l’anteprima di “The greatest singer in the world” diretto da Giuliana Muscio, documentario sull’artista, mentre lo stesso giorno al Museo Madre verrà consegnato il premio dedicato alla memoria di Caruso, dalla Fondazione Donnaregina. A dicembre, invece, verra’ invece inaugurata la mostra “Enrico Caruso da Napoli a New York, presso il Museo San Carlo a Palazzo Reale.

Ruggero Cappuccio ha presentato il docu-film sul tenore e la sirena

“Nella vita ci sono le sirene che riconosciamo e quelle di cui ci accorgiamo dopo tanto tempo, ma le abbiamo perse. Bene, Enrico Caruso è una sirena collettiva”. A immaginare questa definizione del tenore dei tenori non poteva non essere che Ruggero Cappuccio. Il direttore del Napoli Teatro Festival ha evocato la sirena Lighea, il racconto fantastico di Tomasi di Lampedusa, la voce come un canto mai udito prima, la sirena diviene metafora della vita: non tanto la rinuncia, quanto l’impossibilità di accettare successivamente piaceri giudicati inferiori. E ancora la bellezza della Sirena cantarina Giulia De Caro, conosciuta come Ciulla d’a Pignasecca, che appariva sul mare di Mergellina su di una barca , incantando il viceré di Napoli don Antonio Albarez, marchese di Astorga, per introdurre Caruso quale sirena collettiva, ovvero cantante ammaliatore, mito, e soprattutto esempio da seguire, in tutto, per lo studio, i sacrifici e la sua grande umanità. Ruggero Cappuccio sarà il coordinatore delle mostre e degli audiovisivi dedicati a Caruso, in questo centenario che ci porterà direttamente al 2023, quando si svolgeranno le celebrazioni per il centocinquantenario della nascita del grande tenore.