Giulio Corrivetti: Direttore del Dipartimento di Salute Mentale della ASL Salerno. "Dialogo qualificato delle famiglie con i figli" - Le Cronache
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Giulio Corrivetti: Direttore del Dipartimento di Salute Mentale della ASL Salerno. “Dialogo qualificato delle famiglie con i figli”

Giulio Corrivetti: Direttore del Dipartimento di Salute Mentale della ASL Salerno. “Dialogo qualificato delle famiglie con i figli”

di Jacopo Tafuri

Essendo attento alle tante problematiche che affliggono la nostra società, ed ai problemi giovanili in particolare: dal bullismo alla violenza di genere, dall’inclusione sociale all’Autismo, e    purtroppo, la lista sarebbe lunga; e le famiglie sono in difficoltà nell’affrontare tali problematiche.  Parla Giulio Corrivetti: Direttore del Dipartimento di Salute Mentale della ASL Salerno, Vicepresidente dell’European  Biomedical Research Institute of Salerno, componente della Cabina di Regia nazionale, del Ministero della Salute, per le “Linee di indirizzo alle Regioni” in materia di “Autismo”, componente del tavolo tecnico della Conferenza Stato Regioni, per i settori “Salute Mentale” e “dipendenze” in rappresentanza della Regione Campania, Vicepresidente della Società Italiana di Psichiatria, consigliere nazionale della Società Italiana di Psichiatria – Regione Campania.

Cosa ha evidenziato la Giornata mondiale della salute mentale?

E’ stato un evento molto importante, soprattutto in quanto ci ha consentito di condividere e celebrare riflessioni sul tema della salute mentale insieme a tutti i giovani che animano il Giffoni film festival negli spazi del Giffoni film festival, luogo di una delle tante rappresentazioni che sono state realizzate in tutte le città d’Italia.

Con questa manifestazione abbiamo pensato di promuovere eventi dettati dalla esigenza dei giovani di testimoniare la necessità di attenzione sul tema della salute mentale.

Nelle varie giornate passate a Giffoni abbiamo voluto incontrare gli adolescenti ed i ragazzi che ci hanno così posto delle domande serviteci per poter registrare, dalla loro voce diretta, come è percepito il problema del disagio giovanile, del malessere, della sofferenza psicologica ed anche il rapporto con quelli che soffrono di una patologia della mente, in modo da poter lavorare sullo stigma, sul concetto di riconoscimento e di partecipazione sociale.

E’ stato un incontro importante grazie al quale abbiamo potuto raccogliere moltissimi stimoli e credo che questi porteranno alla riorganizzazione dei servizi della rete pubblica del dipartimento di salute mentale della ASL di Salerno.

La cosa migliore credo sia stata non tanto guardare solo all’epidemiologia, ma sentire dalla voce diretta dei ragazzi quali fossero e come venissero percepite, vissute, subite le problematiche che nelle varie giornate di incontri si andavano scoprendo e delineando.

Ripeto: oggi è certamente più chiaro su quali obiettivi dobbiamo fondare le nuove risorse ed i nuovi investimenti, e soprattutto i nuovi modelli di riorganizzazione dei servizi.

Le malattie mentali sono in aumento nella popolazione Mondiale, quali le cause: sociali, ambientali e/o altro?

L’aumento delle malattie mentali nel Mondo è un dato ormai registrato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, come da tante altre agenzie che si occupano dei problemi della salute mentale e del problema del disagio giovanile nelle scuole.

Le cause sono certamente molteplici e legate ad ogni aspetto che ha citato nella domanda, anche se sono sempre da ricercare in una vulnerabilità personale in una interrelazione con una serie di fattori di stress ambientale e di circostanze che sfociano in un isolamento con una perdita di competenze sociali.

Esiste un nesso causa effetto tra malessere psicologico e salute?

Possiamo affermare che il nesso “non esiste salute fisica senza salute mentale” è supportato dalla evidenza scientifica e che il tema della salute fisica delle persone che soffrono di problemi di salute mentale è molto delicato: esistono dati incontrovertibili a dimostrazione che le persone che soffrono di un disagio psicologico o di una vera malattia mentale vivono, in percentuale, molti anni in meno; vivere molti anni in disabilità si traduce in una compromissione complessiva di tante funzioni metaboliche.

Le malattie psichiche e psicologiche inducono effetti neuroinfiammatori connessi ad una serie di disfunzioni che non riguardano solo patologie del sistema nervoso, quindi il malessere psicologico induce anche comportamenti ed atteggiamenti di disinteresse o di precaria attenzione ai temi della salute fisica.

Da questo punto di vista il tema è all’attenzione di tutti gli studiosi e di tutti coloro i quali si occupano di salute mentale, perché è solo da pochissimi decenni che il tema della salute fisica è diventato un parametro di studio ed approfondimento per i pazienti che soffrono di disagio psicologico, ma non è solo un problema di comportamenti o di atteggiamenti rispetto alla vita: esiste un substrato bio-psicosociale sul piano del quale interagiscono dei fattori di base relativi ad una predisposizione anche genetica a sviluppare malattie su base ereditaria e di fattori favorenti.

Prima di riuscire a definire univocamente che alcune patologie sono derivanti dallo stress generato dalla presenza di un disagio psicologico vi è necessità ancora di molti studi.

E’ un argomento da approfondire anche la scoperta, molto recente, sui rapporti tra l’intestino, la mente ed il benessere del micro bioma, cioè del corredo batterico che ospitiamo nell’intestino e che ha una funzione protettiva nei confronti del rapporto con l’ambiente: il microbiomo appare sempre più il mediatore biologico di questo rapporto.

Disfunzioni del microbioma si traducono in un aumento dei processi infiammazioni e dei processi autoimmuni.

Gran parte delle nostre malattie hanno alla base una disfunzione dei processi infiammatori e delle immunità che caratterizzano, appunto, il manifestarsi di vari disturbi relativi a tanti “distretti”.

Molte malattie oggi definite “autoimmuni” hanno questa base fisiopatologica nella causa della patologia, e questo rapporto tra condizioni emotive e stati della mente e dell’equilibrio del microbioma è una nuova frontiera di studio per il benessere e la salute dei cittadini.   

Per affrontare un disagio o una malattia mentale bastano i soli farmaci o si richiede un supporto psicologico?

I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono molto chiari, come sono altrettanto chiari i dati  della realtà italiana, pubblicati in seguito ad una serie di monitoraggi dell’Istituto Superiore di Sanità che, a tutt’oggi, attesta un incidenza in aumento per disturbi psichiatrici minori.

I dati sono riferiti a stati di ansia e depressione fino alle forme lievi e medie ed inoltre a quelle che sono forme di disagio psicologico con una ricaduta sul piano delle emozioni e del comportamento, che rimangono stabili per tempi molto lunghi, anche quando non generano forme conclamate di patologia.

Quelle sono le forme più complesse e difficili perché meritano, per la loro cura, un approccio multidisciplinare attento, integrato ed anche altrettanto complesso perché molto spesso non servono le terapie farmacologiche, serve invece l’utilizzo di tecniche psicologiche, psicoeducative e di training sociali che aumentino la sicurezza individuale, le interazioni, il governo della intersoggettività e la capacità di configurare rapporti indirizzati da scopi ed obiettivi comuni, in una logica di gruppo; è proprio la partecipazione ai gruppi il lato più delicato per i giovani in questa fascia di età.

Noi sappiamo che esistono delle forme di aggregazione patologica: il branco, che genera dei comportamenti alle volte anche antisociali, perché non tutte le persone di un gruppo sono uguali, ma il gruppo nel suo insieme forma una unità che trascina poi l’intero sistema.

Esistono, invece, dei gruppi competitivi, dei gruppi indirizzati ad obiettivi comuni, nei quali una sana competizione, però, richiede comunque una capacità di stare al passo e di correre insieme agli altri.

Su questo tipo di supporto stiamo cercando di lavorare con forza e con tenacia adeguando alle evidenze scientifiche i tipi di trattamento necessari.

I giovani sempre più protagonisti per episodi di ansia, depressione, violenze, cosa potremmo dire alle famiglie?

Le famiglie sono quella realtà che patisce moltissimo il fatto che, nel corso dello sviluppo, un loro congiunto evidenzi un malessere soggettivo al quale molto spesso non sanno dare una risposta.

Non è infrequente che genitori capiscano con grande ritardo che il figlio faccia uso di sostanze stupefacenti, ed è altrettanto frequente che molti genitori non capiscano e non sappiano quali siano i componenti extrafamiliari del proprio figlio.

Ma soprattutto molti genitori non curano adeguatamente una relazione di confidenza e di scambio che permetta loro di leggere anche tra le righe.

Cosa consigliamo?

Consigliamo di stare attenti, non solo al mantenimento di un dialogo costante, ma al mantenimento di un dialogo qualificato, quel dialogo appunto che in persone di una normale competenza cognitiva permetta di leggere effettivamente anche i messaggi impliciti, quei messaggi espressi con delle modalità che possono sembrare ambivalenti o oscure.

Si fa sempre più forte il suggerimento di concentrarsi anche su una rieducazione emozionale di questi giovani.

Serve un forte approccio informativo sulle abilità di comunicazione e sul problem solving.

Per i genitori competenza genitoriale significa avere le capacità di riconoscere i segnali, ma altrettanto di prospettare soluzioni e facilitare il proprio figlio con suggerimenti efficaci e produttivi.

Che consigli potremmo dare ai più giovani per aiutarli ad affrontare determinate situazioni?

I veloci processi dinamici attuali consentono ai giovani di accedere precocemente ad una rete di informazioni enorme e ad una rete comunicativa infinitamente estesa.

Le informazioni a cui hanno accesso però non vengono filtrate ma desunte dai “social” e spesso appaiono molto diverse dalla realtà, per cui oggi i giovani che non ricavano informazioni da fonti specializzate o dalla esperienza di chi ha più anni di loro ed ha già vissuto alcune esperienze e realtà e potrebbe guidarli, sono indotti a costruirsi modelli della vita molto spesso non aderenti a parametri reali e quindi sviluppano comportamenti, soprattutto dal punto di vista di alcuni stili sociali, che diventano fattori di stress ed occasioni di conflitto.

Quando poi, nel mondo reale, hanno bisogno di raggiungere obiettivi che necessitano di strumenti adeguati, la mancanza di tali strumenti genera ansie e conflitti, autosvalutazione, percezione di fallimento.

Più che dare consigli dovremmo cercare di prevedere lo sviluppo di queste problematiche, sempre più presente in seguito ai processi di globalizzazione ed ai processi di diffusione di informazione e di stili di vita che influenzano profondamente il cervello dell’adolescente.

Sappiamo tutti che il cervello di un adolescente è un cervello nel quale è più sviluppata la parte emotiva rispetto a quella cognitiva; ciò giustifica il fatto che, in questa fase della vita, l’irruenza, la pulsionalità, l’istinto prevalgano sul ragionamento.

Per quanto ho appena detto, in questa fase della vita, alle volte, si esprimono dei comportamenti profondamente irrazionali, o dei comportamenti anche estremi, in cui appare si facciano scelte di tipo ideologico.

Coloro che si occupano dei giovani, della loro educazione, il mondo dell’istruzione, il mondo del sociale, le famiglie stesse ed anche gli specialisti della salute mentale, possono fare molto, interagendo con campagne di educazione alla salute e la nostra Azienda Sanitaria Locale a Salerno ha sviluppato dei programmi di grandissimo interesse; ha presentato in molte scuole campagne di discussione sui comportamenti disfunzionali, sulle interazioni di gruppo, sulle modalità con cui si generano alcuni fenomeni di bullismo e cyberbullismo, sulle competenze anche personali nel saper filtrare, nel mondo dei social, ciò che è vero da ciò che non lo è, sui comportamenti alimentari, sui comportamenti relazionali, sulla capacità di saper gestire l’aggressività, la rabbia e le competenze sentimentali. 

Si richiede sempre più spesso, alla scuola, un maggiore impegno su tematiche sociali, tra queste il disagio giovanile; può bastare l’assistenza psicologica nelle scuole attraverso lo sportello di ascolto psicologico?

Accanto a tutte le iniziative e le risorse messe in campo nel mondo della scuola, oggi fortemente mutato rispetto a quello di un tempo, molte più risorse sono impegnate per fronteggiare tanta superficialità con cui alcuni approcci didattici si traducono, oggi, in un vuoto formativo ed in una carenza educativa.

Come mai, nonostante le scuole siano fortemente rinnovate ed abbiano fortemente ammodernato, i loro strumenti non riescono a fornire una didattica che va al cuore delle reali esigenze di crescita e di sviluppo di competenze umane?

Il materiale umano del domani sarà frutto di uno stile formativo che non ha superato le tradizioni, ma ha reso ragione dell’innovazione necessaria per la reale crescita umana dei nostri giovani.

E’ sicuramente una iniziativa molto pregevole che gran parte delle scuole si siano fornite di uno sportello di ascolto psicologico che sia, ovviamente, il primo filtro per rilevare dinamiche che possono portare allo sviluppano di criticità e comportamenti disfunzionali.

Un ulteriore passo è migliorare fortemente la connessione tra questo servizio ed i servizi specialistici del sistema sociale e del mondo della salute.

Affinché un network adeguato tra le istituzioni possa favorire un accompagnamento delle situazioni più critiche verso una presa in carico efficace e precoce, prima che alcuni problemi diventino strutturalmente disturbi, è necessario che li si possa reindirizzare con una adeguata prevenzione verso comportamenti più sani ed orientati al benessere.