Inchiesta sulle coop: si sgonfia il caso della Csm Service - Le Cronache
Attualità

Inchiesta sulle coop: si sgonfia il caso della Csm Service

Inchiesta sulle coop: si sgonfia il caso della Csm Service

di Peppe Rinaldi
Non v’è chi non ricordi il «clamoroso caso» della cooperativa pagata dal Comune di Eboli per l’assistenza scolastica agli alunni disabili durante la chiusura degli istituti determinata dall’epidemia di polmonite cinese, alias del Covid-19. E, ancora, non v’è chi non ricordi quanto quello stesso clamore derivasse non solo e non tanto dalla circostanza che, essendo le scuole chiuse, non si capisse a che titolo fossero stati erogati quei fondi, quanto dal non trascurabile dettaglio che a beneficiare del (preteso) anomalo incasso fosse una stretta parente dell’allora primo cittadino Massimo Cariello, a capo di una coop in associazione temporanea con un’altra: parliamo, cioè, della cooperativa “Anche Noi” e della “Csm Service”, entrambe da anni impegnate nel settore delle politiche sociali e assistenziali. Non v’è chi non ricordi, infine, che a far scoppiare il caso fu la denuncia pubblica, poi formalmente depositata negli uffici, dell’implacabile oppositore dell’allora sindaco, il consigliere comunale Damiano Cardiello, oggi capogruppo di FdI. Di lì sorse un’inchiesta della procura della repubblica di Salerno oggi affidata al sostituto procuratore Maria Carmela Polito (indagine n.10345/22 per un’ipotesi di truffa in concorso ai danni di un ente pubblico) la cui conclusione è stata notificata agli interessati il 23 ottobre scorso a valle del lavoro investigativo delegato dal pm al Gruppo di tutela della finanza pubblica della GdF di Salerno.
Gli indagati sono Annamaria Sasso, dipendente comunale che, sola rispetto agli altri, patisce l’addizione di un’altra accusa oltre la truffa, cioè il falso ideologico commesso da pubblico ufficiale; Assunta Di Novi, presidente del Cda e legale rappresentante della Csm Service; Antonella Giarletta, vice presidente Csm Service; Gerardina Mogavero, membro del Cda della Csm Service; Anna Maria Mirra, presidente del Cda di Anche Noi; Orazioantonio Leso, vice presidente di Anche Noi; Vincenza Buoninfante (suocera del primo cittadino del tempo), membro del Cda di Anche Noi; Lucia Buccella, vice presidente della stessa coop. Accanto alle persone fisiche c’è, poi, il coinvolgimento delle due persone giuridiche dovuto all’introduzione, risalente a circa venti anni fa, di una disciplina specifica, cioè le coop in quanto tali (Csm Service e Anche Noi), accusate di illecito amministrativo derivante dalla presunta commissione dei reati contestati.
L’approfondimento dei finanzieri
Bene, fatto il necessario résumé e descritta la cornice generale, passiamo ora alla sostanza dell’argomento dal momento che, come spesso accade, nel Conclave si entra da Papa e si esce da cardinale. Anche chi ora scrive fu comprensibilmente indotto a pensare – e scrivere – che quell’associazione temporanea di imprese (Ati) avesse per davvero incassato 100mila euro dal Comune per un servizio agli studenti disabili mentre le scuole erano chiuse, immaginando quindi che fosse tutto grasso colante su dita incrociate a che nessuno se ne accorgesse. Ma a Cardiello, si sa, non sfuggiva nulla, quindi nessuna tregua, nessuno sconto al potere dell’epoca. Del resto, quella stessa induzione nasceva confortata dalla presenza in scena dell’attore principale di quel periodo, l’ex primo cittadino di Eboli Cariello.
Scava e riscava, le indagini hanno accertato un punto importante: dei circa 96mila euro sospetti alla fine ne sono rimasti sì e no 20mila, cifra che, però, consente all’indagine di restare in piedi evitando un’ovvia richiesta di archiviazione: un euro o un milione, la sostanza non cambia, in pratica.
Sì, perché il nucleo di polizia tributaria della GdF ha scandagliato le famose carte accertando che l’assistenza agli studenti disabili effettivamente venne fatta in quel periodo, attraverso la formula della Dad, acronimo malefico che tutti ricordiamo. Ora per ora, lezione per lezione, alunno per alunno, famiglia per famiglia, i finanzieri hanno passato tutto ai raggi X e, alla fine, hanno rilevato che soltanto 20mila euro non trovano (non troverebbero) giustificazione. La montagna ha partorito un topolino? Tutto può essere, non sarebbe il primo e purtroppo neppure l’ultimo caso del genere, sta di fatto che se anche quei 20mila euro risultassero incassati legittimamente dall’Ati finita nella bufera mediatico-giudiziaria, l’impalcatura verrebbe giù autorizzando così a scommettere che finirà tutto in un nulla di fatto. Incassati legittimamente? Così vien da pensare leggendo il capitolato speciale dell’appalto all’interno del quale c’è un paragrafo col quale il Comune chiede all’Ati vincitrice della gara di «coordinare», «relazionare trimestralmente» e altre formule analoghe che rendono intuibile il senso della cosa. E allora, se tanto dovesse risultare anche a valle del prevedibile processo che gli indagati si preparano a sopportare, questi 20mila euro in base a cosa vengono contestati? Lo si vedrà.
La partita non è chiusa
Questione chiusa, dunque? Per nulla, anche perché le cose sembrerebbero essersi ingarbugliate nelle stanze del Palazzo tenuto conto che il Comune pare abbia sospeso i pagamenti in favore non dell’Ati bensì della sola Csm Service, aggiudicataria di un’altra gara nell’ottobre scorso che non ha a che vedere con l’inchiesta qui riassunta. Che rapporto c’è tra questo elemento e l’altro? In teoria nessuno, se non fosse che è stato sollevato nelle scorse settimane, contestandolo all’attuale amministrazione comunale (sempre dal consigliere Cardiello) il problema del “patto etico” stipulato in illo tempore dal Comune e dalla Prefettura, in virtù del quale l’ente sarebbe tenuto ad annullare ogni rapporto allorquando emergessero pregiudizi giudiziari sulle società e/o le persone con cui è in relazione. In astratto è una buona cosa, in concreto, come sovente si verifica, gli effetti potrebbero però sfuggire al controllo. Con conseguenze pesanti: ad esempio, se l’ente davvero continuasse a non versare quanto contrattualmente dovuto alla coop (ma vale per chiunque altro) e invocasse l’applicazione di quel “patto”, rischia di innescare una pesante azione di risarcimento danni che, verosimilmente, graverà sulla generalità dei consociati ebolitani e, non è da escludere, sugli stessi dirigenti degli uffici comunali se non anche di qualche amministratore politico. Può verificarsi una cosa del genere? Certo che sì, anche alla luce di un documento riservato destinato al primo cittadino Mario Conte col quale un autorevole giurista mette in guardia un po’ tutti dal procedere secondo quell’impianto. La vicenda si sta facendo, dunque, gustosa e interessante. Come vedremo
(1- continua)