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Home Ultimora

Immunoreumatologia, terapia bloccata da cinque mesi: l’inferno dei pazienti

Tommaso D'Angelo by Tommaso D'Angelo
7 Maggio 2023
in Ultimora
Reading Time: 3 mins read
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“In ginecologia ho vissuto un incubo”
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di Erika Noschese
Il diritto alla cura negato, la vita che diventa un inferno, i dolori sono ormai all’ordine del giorno e sempre più forti. Si può forse provare a riassumere così l’inferno che vivono i pazienti di immunoreumatologia del Ruggi d’Aragona di Salerno, senza cura dal mese di dicembre. A denunciare quanto accade all’interno dell’azienda ospedaliera universitaria è Mirella Memoli, mamma single di due ragazzi che, ogni giorno, lotta contro i dolori delle sue malattie immunoreumatologiche e solo la cura poteva alleviare quel dolore e permetterle di vivere una vita quasi dignitosa ma sicuramente non così tanto dolorosa e distruttiva. Eppure, da dicembre, non può più curarsi perché l’azienda sanitaria ha sospeso le immunoglobuline, terapia salva vita per molti pazienti che, altrimenti, ogni giorno faranno i conti con un dolore devastante. «Succede che siamo tanti pazienti con dolori cronici, relegati in un angolino del Ruggi. Siamo in regime in day hospital, ci avvicendiamo nelle varie terapie di immunoreumatologia – ha raccontato Mirella Memoli – Si ventila una chiusura perché l’ematologia vuole anche le due micro stanzette: al secondo piano del nosocomio c’è il reparto di immunologia e di immunoreumatologia ma l’ematologia si sta espandendo sempre di più». Senza cura sono circa 7mila pazienti, a causa della chiusura del reparto di Nocera e Mercato San Severino che ospitavano questo tipo di terapia. «Ci sono solo tre dottori e pochi infermieri per tutto il carico di pazienti che arrivano anche da Sapri e, in generale, da tutta la Campania per un numero di pazienti sempre più in crescita – ha aggiunto la donna – E per questo sono doverosi i ringraziamenti al dottor Gaetano Gargiulo, primario di Medicina che mette a disposizione l’ambulatorio in quanto al Ruggi non vi è un reparto dedicato a questa malattia; Marracino Marta, responsabile del reparto di Medicina; i medici Moscato Paolo, Merchionda Anna, Loi Gabriella; le infermiere De Prisco Rosita, Caruccio Luisa, Galibardi Maria e le Oss Albano Paola e Foglia Francesca». Pazienti che oggi, quasi non vengono considerati: «facciamo terapie lunghissime su micro poltrone, siamo quattro in una stanza, insieme a dottori e infermieri e quattro pazienti nell’altra stanzetta. Da dicembre hanno sospeso le terapie, per molti di noi fondamentali: le immunoglobuline. Prendono tempo, i vertici stanno temporeggiando ma questo tipo di terapia si vede fare necessariamente sotto stretto controllo medico, per infusione perché parliamo di mini bolidi». Le conseguenze sono devastanti con dolori che aumentano a livello inimmaginabile, peggiorano le patologie e Mirella fa i conti con quattro malattie immunoreumatologiche. «Ci dicono che stanno valutando di non farlo fare più in regime ospedaliero ma in ambulatorio ma i mesi passano, devono dirci dove farle e ricominciare se è davvero questo il motivo. Sono malata da tanto tempo, conosco alcune dinamiche e penso sia una questione economica perché le immunoglobuline sono costose come tipo di farmaco. Noi veniamo trattati come malati di ultima serie, a dispetto dei malati oncologici che ricevono tutte le cure, anche domiciliari mentre noi non veniamo considerati. Ci sono tante malattie immunoreumatologiche e stare tante ore su una poltrona non fa altro che aumentare i nostri dolori e se ci tolgono i farmaci che ci aiutano a stare male diventa una vita infernale la nostra – ha aggiunto la donna – Non vogliamo altro che il diritto alla cura, noi paghiamo le tasse e abbiamo diritto alla cura come tutti gli altri malati. Oggi si parla solo di quelli oncologici ma noi immunoreumatologici siamo abbandonati a noi stessi. I dottori fanno i salti mortali per aiutarci, si devono sobbarcare migliaia di pazienti in situazioni drammatiche. Stavo raccogliendo le firme da inviare agli enti e le istituzioni. Siamo un esercito silente, di noi non si parla mai». Mirella è nata a Salerno, poi il trasferimento a Bologna dove ha scoperto la diagnosi, impossibilitata a curarsi nella sua città ha girato l’Italia in lungo e in largo, alla ricerca di una struttura ospedaliera. Così, durante un pranzo in famiglia scopre che a Salerno è possibile curarsi e decide di tornare nella sua città natale ma, oggi, si ritrova nella condizione di partenza, impossibilitata a curarsi. Un’eccellenza che non è più tale a causa della solita gestione scellerata dei vertici locali.

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