ArceMusic studio, via al progetto di Giovanni Parrocchia - Le Cronache
Salerno

ArceMusic studio, via al progetto di Giovanni Parrocchia

ArceMusic studio, via al progetto di Giovanni Parrocchia

di Andrea Orza
L’ArceMusic Studio di Giovanni Parrocchia, musicista salernitano, consacra il pensiero di una gioventù dissidente, determinata a fare della propria passione un lavoro a tempo pieno.
Come si caratterizza la tua giornata tipo. E di quali servizi si può usufruire all’ArceMusic?
“In studio non ci si annoia mai, c’è sempre un esuberante viavai di persone a farti compagnia. Anche l’agenda è molto varia. Ci sono dei giorni placidi, quelli degli appuntamenti in sala prove, dove mi limito a supervisionare le strumentazioni e mi assicuro che tutto fili liscio. Altre volte invece, i rendez-vous sono più stimolanti, specie quando gli artisti mi trascinano nelle produzioni musicali inedite o in nuovi arrangiamenti. Tra le altre cose ho avuto modo di registrare un podcast qui in studio”.
Quale appuntamento ti migliora la giornata?
“Tra tutti i servizi offerti il più gratificante è sicuramente fare lezione di chitarra ai ragazzi. Sin da adolescente ho sempre sentito che la musica sarebbe stata la mia strada ma solo insegnando ai giovanissimi mi rendo conto del valore che ha suonare uno strumento. Anche solo strimpellare una chitarra ti tiene compagnia. Si è abituati a pensare che suonare sia un alibi per stare tutti insieme, per me invece è un momento d’intimità, sarò in controtendenza!”.
È possibile vivere di musica in una provincia come Salerno?
“Ricordo le parole di mio padre che prima d’imboccare il percorso al Conservatorio mi disse con franchezza “Giovà non fare l’avvocato che qui a Salerno non ce n’è bisogno”. L’ambiente del lavoro è saturo di qualsivoglia professione, ingegneri, biologi, commercialisti riscontrano le stesse difficolta di chi, come me ha preso una scelta di pancia. Nel linguaggio radiofonico si dice “Stay tuned”, resta sintonizzato e lo stesso vale per i giovani che azzardano percorsi lavorativi inusuali”.
Credi che oggi manchino cultori della musica?
“Domanda capziosa. Di certo non tutti i ragazzini versano lacrime sui pentagrammi. La smania di creare contenuti musicali supera di gran lunga quella di familiarizzare con uno strumento. Le tecnologie sono cambiate. I giovani adoperano mixer e tastiere che sono tutt’altro che bottoni da pigiare”.
Il genere musicale in cui ti riconosci di più?
“In teatro ci sono i musici che interpretano, l’imperturbabile direttore che dirige l’orchestra e il compositore. Quest’ultimo non si vede mai ma è colui che ha composto la sinfonia. Rappresenta il vertice nella nostra professione ed anche il livello più completo a cui ambisco”.
Quali sono i compositori che preferisci?
“Ultimamente Bernard Herrmann che ha composto il tema del celebre film Taxi Driver e Ryuichi Sakamoto, musicista eclettico giapponese”.
Come ogni altra attività già concepita anche lo studio ha bisogno di reiventarsi. Come prevedi che si evolverà il suo utilizzo?
“Lo dico chiaro e tondo esistono due approcci. Il primo è il tipico abbordaggio commerciale mirato al profitto e a tirare avanti. L’altro idealista che aspira, come nel mio caso alla composizione. Disponendo di una strumentazione sofisticata, la prima modalità non esclude l’altra. Oltretutto non si smette mai di studiare. La musica nella sua ambigua primordialità è anche espressione elaborata di cambiamenti culturali. Ogni stagione storica comunica tramite il suo genere, problematiche aperte, tessendo musicalità passate ad attitudini nuove, in un’instabilità statica. Parlo per me che da scrupoloso studioso della musica d’orchestra mi ritrovo oggi a sgobbare su manuali di musica elettronica per cui sto preparando un Master”.
Un “unpopular opinion” sul mondo della musica?
“Non è vero che si sta vivendo una fase di decandenza dei contenuti. Il gioco della musica è serrato e pieno di giovani talenti. Bisogna saper ascoltare”.