La morte di Giuseppe Cacciatore - Le Cronache
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La morte di Giuseppe Cacciatore

La morte di Giuseppe Cacciatore

di Rino Mele

Ci sono uomini che interpretano la propria città così profondamente che non riusciranno mai ad allontanarsene davvero, nemmeno con la morte. Giuseppe Cacciatore era un segno d’appartenenza alla nostra terra, così forte da essere conosciuto anche da chi non l’aveva mai visto. Viveva di filosofia. Giordano Bruno, Giambattista Vico, Bertrando Spaventa e, tra gli autori più cari, Dilthey”.E’ stata così importante la sua presenza nella nostra città che anche il suo silenzio diventava, a volte, significativo.Da decenni aveva assunto, a Salerno, il ruolo di testimone della nostra disperante storia che la cronaca politica continua a decostruire e, con le sue mancanze, irride.Ieri, Giuseppe Cacciatore s’è allontanato da se stesso e dal mondo, e noi che siamo frastornati per questo suo non esserci più, continuiamo a parlargli e a cercarlo. In questo vuoto improvviso, che vanamente urtiamo, sappiamo che la morte non cancella soltanto il volto caro che faceva da specchio a noi stessi, ma frantuma lo stesso specchio: moriamo anche noi nella fine degli altri, in questa pioggia continua da cui non c’è riparo.Simone de Beauvoir, in un suo prezioso piccolo libro in cui parla della fine della madre, scrive: “Quando scompare qualcuno che ci è caro, paghiamo con mille cocenti rimpianti la colpa di sopravvivere”. Immediatamente aggiunge: “La morte ce ne svela la singolarità unica”.È difficile dirlo, perché troppo contrasta con la nostra abilità di fuggire il dolore: ma la morte è un dramma degli abissi e lo dividiamo a metà con chi scompare, e s’allontana dalla nostra fragile e caduca scena.Il dolore è grande, e una feroce responsabilità grava su chi rimane in vita: quella di ricordare nell’azione quotidiana (che è sempre azione politica) chi è andato via. Non basta ricordarlo con la facile nostalgia, e la patetica evocazione del passato ma – ripeto – tentando di comunicare con la sacralità delle ombre attraverso l’azione.Le ombre ci guardano con la forza dei loro occhi d’aria, ci chiedono conto della vita, dello spreco che ne facciamo e pretendono che noi sopportiamo il loro giudizio.Ripenso a Peppino Cacciatore alla sua ansia critica, al suo impegno civile, alla sua consapevolezza sociale, al suo grande amore per il sapere e m’addolora sapere che non l’incontrerò mai più.Intorno a noi ci sono muri alti e luoghi aperti e scoscesi.Ha scritto Heidegger (1950): “Il Nulla non è mai mero nulla, né tantomeno è un qualcosa nel senso di un oggetto, il Nulla è l’essere stesso”.