Grimaldi: Superbonus? Senza proroghe ora ci sarà un cimitero di aziende - Le Cronache
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Grimaldi: Superbonus? Senza proroghe ora ci sarà un cimitero di aziende

Grimaldi: Superbonus? Senza proroghe ora ci sarà un cimitero di aziende

di Erika Noschese
Supermalus. La sintesi dell’operazione di rilancio proposta dal Governo Conte prima e Draghi poi, ora in fase di chiusura come stabilito dalla premier Giorgia Meloni, è tutta in una sola parola. Il superbonus, il celebre 110% che avrebbe dovuto stimolare la rinascita e la crescita delle imprese edili in Italia, si è in realtà rivelato un’arma di distruzione di masse: famiglie e imprese hanno investito e creduto in un sistema che ha evidenziato sin dalle fasi embrionali la sua fallacia, dando spazio alle truffe speculative e lasciando in stand-by chi invece ci ha provato davvero a fare le cose in un certo modo. Cittadini sfiduciati da una parte, imprese sull’orlo del fallimento dall’altra, cittadini in generale ancora una volta colpiti dalla poca visione del reale. Il presidente nazionale della Unaco, Unione nazionale costruttori, Angelo Grimaldi, lo aveva – purtroppo – preventivato.
«Avevamo visto giusto, anche nell’imminenza dell’approvazione della norma, che non poteva funzionare così com’era fatta. Il problema principale è che non si è potuto inquadrare il sistema dei crediti d’imposta generati dai lavori. A ciò si aggiunge il problema del tempo dato all’attuazione della norma: ci aspettavamo fosse strutturale per almeno 10 anni, e invece ci si è ridotti a 3», ha dichiarato il presidente Grimaldi.
Trascinare l’errore è stato anche peggio.
«Le successive modifiche, all’incirca 20 ma ne abbiamo davvero perso il conto, hanno continuato a peggiorare la situazione. Tanto è vero che abbiamo sconsigliato di prendere lavori che partivano dal Superbonus, a meno che non ci fossero aziende che avessero in pancia crediti e debiti da poter compensare con crediti d’imposta».
Occasione persa o tentativo mancato?
«Occasione persa. Mi dispiace per quanti hanno creduto in questa opportunità perché si ritroveranno in grande difficoltà. Le aziende che ci hanno creduto sono già, in realtà, in grosse difficoltà. La spirale negativa coinvolgerà a ritroso anche il committente, che è sempre il cittadino».
Di quante aziende parliamo?
«Noi riteniamo che l’80% delle aziende che ha approcciato a lavori del Supebonus sia in difficoltà e con i cantieri fermi. Il problema sorge, quindi, per i vari stadi di avanzamento che ogni azienda ha con il proprio condominio e flusso di lavoro: per ogni azienda ci sarà un fornitore che probabilmente sta attendendo i pagamenti, perché se si sono fermati i lavori e si è fermata l’erogazione del flusso finanziario da parte dei general contractor delle banche, soprattutto, ci saranno delle grosse difficoltà, o ci sono già state. Le stime che abbiamo, con i colleghi con i quali ci interfacciamo, è dell’80% di aziende in fortissima crisi».
Qual è lo status registrato?
«Sono fermi nel modo peggiore, incagliati, perché non c’è chi garantisce il necessario flusso di cassa. Di conseguenza i fornitori sono in arretrato coi pagamenti, con loro i pagamenti degli operai che lavorano e i committenti, che si troveranno ad aver ceduto il proprio credito ma non potranno avere i lavori compiuti. Non dimentichiamo che i lavori con 110 o 90 devono essere conclusi entro il 2023 e molti lavori sono ancora al palo. C’è una grande problematica, grossa responsabilità di chi poi dovrà prendere una decisione».
Per forza di cose, il Governo.
«Non invidiamo il governo centrale, infatti: si troverà a prendere decisioni importanti. Molti si attendono una proroga, ma io credo che non ci sarà. In compenso, ci sarà un cimitero di aziende».
Quanti hanno già ricapitalizzato o dichiarato fallimento?
«Molte di queste aziende, non potendo fare altro, hanno dovuto ricapitalizzare, per quanto lo abbiano potuto fare. Perciò dico, non potendolo fare poiché hanno anticipato anche i costi vivi dei lavori, sono in grosse difficoltà coi pagamenti di operai e fornitori. Non trattandosi di aziende che hanno grande disponibilità finanziaria, tutte o quasi tutte sono in difficoltà serie, molto serie».
All’inizio il boom c’è stato.
«Dovremmo dividere il Superbonus in due tempi: il primo, quando non era ancora bloccato e quando c’era il flusso di cassa con buono stato di avanzamento, è stato un ottimo esempio di efficienza energetica e della norma. Non appena è stata bloccata la cessione dei crediti d’imposta, secondo round: tutti sono periti dinanzi alle difficoltà finanziarie».
Complici soprattutto i tanti, troppi illeciti: quanti a Salerno e provincia?
«Non riesco a dare un numero. Diciamo che credo gli esempi negativi di illeciti siano in linea con il dato nazionale».
Per questo è crollato tutto.
«Diciamo che non ha aiutato l’atteggiamento speculativo e non lecito. Non ha aiutato di certo la categoria a portare avanti le istanze che servivano. Abbiamo dimenticato l’obiettivo per il quale era stato fatto il superbonus: far crescere e ripartire l’edilizia in Italia, ottenendo immobili più confortevoli e meno energivori. In questo momento ci saremmo ritrovati al con la necessità del miglioramento dei consumi, visti gli aumenti di gas e combustibili fossili per vicende non solo legate alla guerra ma soprattutto per la speculazione che c’è dietro. La guerra c’entra poco, è stata una grande operazione speculativa che ha comportato tutte queste conseguenze, con chiaro aumento dei prezzi e dei costi dei lavori».
Si parla ancora poco di comunità energetiche. Eppure è il futuro.
«Noi sponsorizziamo fortemente le comunità energetiche. Crediamo fortemente che possano fare due grandi cose: la prima, quella di sensibilizzare i privati affinché si mettano insieme per l’autoconsumo; la seconda, che facciano capire alle grosse compagnie che erogano i servizi energetici, che la gente è arrivata a un punto tale che ha capito che bisogna abbassare i consumi. Probabilmente anche loro, con questo input, allargheranno un po’ le maglie del monopolio. Con un messaggio che arriva dal basso ai grandi gestori, si può dire chiaramente che bisogna spalmare sul cittadino anche i loro utili e le loro possibilità di erogare energia a prezzi migliori. Quindi un messaggio anche culturale che parte dal basso».