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Mitopoiesi: la nuova teoria per rilanciare il turismo e la cultura in Basilicata e in tutto il Sud

1 Dicembre 2022
in Ultimora
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Il 42° anniversario del disastroso terremoto del 1980
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di Gaetano Fierro

Nell’attuale mondo globalizzato e competitivo il turismo cambia continuamente pelle. Una volta le mete turistiche più sofisticate erano irraggiungibili e costose; ora, grazie ai mezzi tecnologicamente avanzati, sono low cost e alla portata, quasi, di tutti i ceti sociali. Il lusso, la comodità ad ogni costo, il movimentato divertimento sono considerati style of life da non far mancare; tuttavia ci sono crescenti fasce di persone elitarie, che cercano vacanze alternative, culturalmente oseremmo dire che desiderano vacanze corte e tranquille, ispirate al senso della sobrietà e dell’intima esigenza spirituale.

La Basilicata, non disponendo di esperienze e di servizi di eccellenza, si propone sul mercato nazionale puntando sul binomio cultura-natura.

La cultura – scrive Leopold Sedar Senghor (poeta nobel africano), è un incontro eternamente vivo tra cultura e tradizioni disparate.

La natura in Basilicata è un regno circoscritto e fatto di montagne, che sono spezzettate da declivi. E’ priva di fiumi veri. Le pianure, limitate, ti consentono di riprendere il fiato.

Per delineare compiutamente questa accoppiata, che per noi è vincente, intendiamo impostare un ragionamento sul turismo che abbia come preambolo una pretesa culturale, basata sul concetto della mitopoiesi: non altro che una creativa campagna promozionale di un paese, di un luogo, di un bene monumentale, intorno ad una storia avvenuta, ad una leggenda che si racconta, ad una favola tramandata, ad un significativo evento comunque accaduto in un dato tempo storico, che aiuti a mitizzare, attrarre e a far conoscere i segni interiori di una piccola regione, di un territorio aspro e gustarne le valenze profonde che da essi ne scaturiscono sul piano economico e sociale.

Annotiamo alcuni esempi.

Attraverso trentacinque acquerelli e un grande dipinto ad olio, Guido de Bonis, pittore contemporaneo, ha rinnovato con una personale l’incontro con le leggende della Bretagna, con personaggi misteriosi ed enigmatici, con credenze popolari che hanno segnato la cultura di questa regione della Francia tanto da far dire: «Les Bretons sont un peuple de poètes

La pittura diventa, perciò, un veicolo in funzione dell’interpretazione delle leggende, si fa misura del tempo e dal tempo trae coordinate, sensazioni, fremiti vitali per riconsegnarli all’uomo contemporaneo, liberandolo dai presagi, dalle angosce, dalla pianificazione di giorni sempre uguali e sempre ugualmente privi di una illuminante creatività. La successione delle immagini riporta in luce, secondo la tradizione, le pietre di Plouhinec, un borgo al di là di Hennebont, verso il mare; l’isola di Lok e i segnali di un avventura percorsa da atmosfere sospese e inquietanti; la figura di Katel, leggiadra e malvagia, che avrebbe concesso il proprio cuore e la mano soltanto a un «bel cavaliere capace di danzare» per dodici ore.

Il carattere vivace e volitivo di Guido de Bonis trova nelle sue creazioni un pieno e invidiabile riscontro, un motivo in pila per consegnare alla storia dell’uomo la magia di un luogo che diviene meta invitante, affascinante, senza fine, da conoscere.

Scatta in chi osserva i suoi acquerelli la mitopoiesi, una divagazione mentale che ti estranea momentaneamente dal luogo dove stai per orientarti verso un orizzonte utopico dove autonarri la tua intima identità. Più forte è il richiamo del luogo osservato, più intrigante e visibile diviene la voglia di conoscerlo, il desiderio di visitarlo. La stessa cosa può succedere, quando abbiamo sottomano, ad esempio, la fotografia di una piramide egizia o di un altro luogo, oltre ad ammirarne il suo gigantesco profilo geometrico capita che si possa ricordare, qualche attimo dopo, anche la storia della sfarzosa civiltà egiziana e dei suoi faraoni. Per un momento la fotografa della piramide fa scattare in chi l’osserva un desiderio di evasione, accompagnato da una piacevole divagazione culturale.

Stesse sensazioni può provare chi visita i templi di Paestum, di Velia o le Tavole Palatine di Metaponto: un museo archeologico a cielo aperto che declina i fasti di una luminosa civiltà, quella della Magna Grecia, che la politica regionale e la cultura attuale trattano con aria di insopportabile sufficienza.

Sempre in tema di mitopoiesi, passando in un altro campo, leggendo i libri di Mark Twain, Jack London, William Faulkner, Herman Melville, il meglio della letteratura USA, in essi scopriamo un orizzonte utopico in cui si è radicata una sorta di religione laica dell’America moderna. Il Mississippi, le Montagne rocciose, le miniere d’oro, le grandi praterie sono diventate icone di un testamento laico che ha influenzato ed affascinato la cultura di tante generazioni, spinte a viaggiare per scoprire il mito della grande America.

L’epopea dei coloni americani e della loro difficile lotta per rendere redditizia e anche più rassicurante la natura conobbe anche momenti drammatici e edificanti, come lo sterminio dei bisonti (che tra l’altro si accompagnò alla marginalizzazione e davvero poco all’impoverimento delle popolazioni indigene). La vittoria dei coloni americani sull’ambiente aveva bisogno di una sua testimonianza storica e la conservazione dei paesaggi originari, là dove la mano dell’uomo non era ancora arrivata, rispondeva a una precisa esigenza tramandare alle generazioni future il ricordo di tale azione pionieristica in tutta la sua grandezza.

Questi scrittori americani hanno creato con la loro fantasia fattasi narrazione, in un “nuovo mondo” privo di storia, il sogno americano, il grande risveglio di un popolo senza nome e senza passato. Lo studio delle grandi correnti della coscienza collettiva, al quale Paul Hazard ha consacrato una parte della sua opera, conduce a quella “storia delle idee” in cui l’americano Lovejoy si è specializzato e che è ormai indispensabile per una buona comprensione dei fatti che scaturiscono dagli eventi letterari. Jean-Marie Carrè ha orientato i suoi allievi verso i problemi di “miraggio”, posti dalla visione deformata che una persona o una collettività nazionale hanno di un’altra collettività attraverso la testimonianza degli scrittori.

Alla luce di queste esperienze, letterarie e paesaggistiche, dovrebbe essere più agevole per noi, nell’età del turismo di massa e della devastazione del patrimonio ambientale e paesaggistico che ci circonda, la proposizione di una giusta immagine della Basilicata che faccia comprendere ai turisti del 2000 cosa significhi viaggiare in Italia e visitare le sue terre: cuore dell’antica Magna Grecia.

Tags: NEWS
Tommaso D'Angelo

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