Giovanna Cavallaro (Geologa): Salerno territorio a rischio - Le Cronache
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Giovanna Cavallaro (Geologa): Salerno territorio a rischio

Giovanna Cavallaro (Geologa): Salerno territorio a rischio

di Erika Noschese
«Salerno è tra le zone della provincia di Salerno maggiormente a rischio ma nessun territorio è immune, la tragedia può essere dietro l’angolo». A lanciare l’allarme Giovanna Cavallaro, membro dell’Ordine dei Geologi della Campania, residente nell’Agro nocerino sarnese che fa il punto della situazione.
Dottoressa Cavallaro, alla luce di quanto accaduto a Ischia ci sono territori della provincia di Salerno a rischio?
«A Salerno abbiamo Sarno come esempio, quindi ho detto tutto. Quella di Ischia è una frana simile a quella di 25 anni fa. La tipologia di frana è la stessa, con gli stessi materiali legati ad attività vulcanica. Salerno, poi, possiamo definirla quasi tutta a rischio: ha piani differenti quindi gli eventi sono differenti. La provincia è molto vasta: Sarno, ad esempio, si trova sommersa da colate di fango; in Costiera abbiamo soprattutto frane da crollo, per via degli ammassi rocciosi, eventi legati anche agli aumenti di strade e carreggiate; nel Cilento troviamo terreni argillosi, con movimenti lenti e scivolamenti. Quindi tutta la provincia è caratterizzata da questi eventi: a Scafati ci sono frequenti allagamenti. Anche ultimamente siamo stati sommersi dalle acque. Tipologie legate a una struttura territoriale differenze, ma tutta l’area è mappata e a rischio: sappiamo quali sono le aree rosse, così come lo sapevamo per Ischia. Tutte le aree sono a conoscenza di tutti».
Non possiamo non evidenziare i cambiamenti climatici…
«Si parla di cambiamenti climatici. Sicuramente questi eventi sono accelerati dai cambiamenti climatici, ma non dipende solo da quello. Si hanno sicuramente piogge molto intense, come a Ischia: in poche ore sono caduti millimetri di pioggia che dovrebbero cadere in un mese e quindi ci ritroviamo con situazioni simili. Ci sono poi case costruite nei valloni, ad esempio, che aggravano ulteriormente la situazione. Dico sempre che la natura non uccide, siamo noi che andiamo a costruire o andiamo a fare opere che poi vanno ad alterare un equilibrio. Abbiamo gli albi dei fiumi tombati, ci sono incendi continui, abbandono di aree coltivate: tutto questo incide. Dopo un incendio, l’area è ovviamente soggetta a frane perché gli alberi che sostengono il suolo con le loro radici, semplicemente non ci sono più. Ci sono vari fattori che vanno a incidere su un determinato evento: molte case anche a Ischia, lo sono diventate partendo dallo status di baracca».
In quest’ottica, cosa potrebbe fare la politica?
«In questi giorni se ne parla tantissimo. Sono stati formati team di geologi per studiare il territorio, ma se ne parla sempre dopo. Noi spendiamo per la ricostruzione ma non spendiamo per la prevenzione, con interventi mirati. Ora si parla anche di delocalizzazione, poiché in alcune aree è l’unica soluzione. Di certo non possiamo cementare il monte Epomeo per evitare le frane. Gli studi ci sono, soprattutto grazie a Università e Regione, ma ci sono sempre ostacoli: basti pensare che nei Comuni non c’è il geologo. Come fai quindi a mantenere sotto controllo il territorio, costantemente? Serve un monitoraggio costante».
Qual è il ruolo dell’Ordine?
«L’Ordine, soprattutto a livello regionale ma anche a livello nazionale, grazie ai rapporti col Ministero, c’è sempre stato. Sono state fatte continue richieste ai vari ministri dell’ambiente che si sono susseguiti ma non si è mai concluso niente. Diciamo che quando c’è un evento del genere, vediamo tanti massimi esperti nelle tv e non solo, ma dopo dieci giorni non se ne parla già più. Questo è un problema. Faccio l’esempio del Sarno ma anche degli allagamenti di Scafati: da trent’anni si parla, i politici fanno promesse, ma di concreto non si fa nulla. Oppure si spendono soldi per lavori che durano anni ma non risolvono niente. Auspichiamo che questo sia il momento buono per iniziare a fare studi particolarizzati e investimenti che puntino l’attenzione sull’ambiente».
Rispetto a quanto accaduto, c’è una responsabilità diretta?
«Negli anni sicuramente la colpa se la sono divisa un po’ tutti: i geologi a livello regionale e nazionale urlano da anni, ma nessuno ascolta. Ci sono tante richieste fatte negli anni, si parla di decine di anni, ma purtroppo non siamo mai arrivati a niente. Quando si parla di delocalizzazione, ad esempio, va chiarito che la cosa non è semplice. Abbiamo frane a Ischia, poi nelle Marche, poi in Trentino. Quindi il problema è effettivamente italiano».
C’è una zona magari più a rischio dell’altra?
«Noi sappiamo esattamente quali sono le zone a rischio. Abbiamo un alto rischio frana? In caso di eventi eccezionali possono verificarsi delle tragedie. Non ce lo auguriamo mai, ma le aree a rischio ci sono. Non posso dire che ci sarà qualche evento particolare, ma le zone a rischio ci sono. In quell’area a rischio non si può costruire, sono stati immaginati scenari possibili in alcune zone: abbiamo tutte le conoscenze scientifiche, ma ogni Comune dovrebbe provvedere a studiare il proprio territorio e le soluzioni possibili. Come detto, il territorio è molto vasto, quindi ogni sito va studiato nel dettaglio e vanno studiate le possibili soluzioni. Non c’è di certo una ricetta unica per tutte le aree di frana. Ci saranno delle aree in cui gli eventi non saranno possibili e quindi l’area dovrà essere delocalizzata, altre aree dove si potrà intervenire con strutture specifiche. I Comuni hanno difficoltà economiche, senza dubbio: con i fondi europei una parte delle quote va comunque messa a disposizione dai Comuni, quindi non è facile».
Una responsabilità politica?
«La colpa è della politica, dell’uomo che ha costruito in zone a forte rischio. Sono tanti i colpevoli, quando si verifica un evento del genere. Le cartografie andrebbero aggiornate continuamente, ma c’è già uno studio fatto in cui abbiamo tutte le informazioni. Tra l’altro abbiamo anche un’applicazione che promuove sempre il presidente Grasso, GeoRisk, dove si può inserire indirizzo e numero civico e capire in quale zona abitiamo. Lì vengono riportati i rischi. Quindi con una semplice app e il gps possiamo capire se la nostra casa si trova in un’area a rischio».