Camassa: “La Campania è un territorio difficile come la Sicilia” - Le Cronache
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Camassa: “La Campania è un territorio difficile come la Sicilia”

Camassa: “La Campania è un territorio difficile come la Sicilia”

di Monica De Santis

“La Campania è un territorio difficile come la Sicilia”: esordisce così Alessandra Camassa, Presidente del Tribunale di Marsala, ospite del Premio Fabula, il Festival di scrittura di Bellizzi.

“Viviamo due realtà che non sono semplici è evidente, ma possiamo puntare sui giovani. Non ci resta che indirizzare i ragazzi verso la regola, la legalità, dobbiamo incidere sulla loro carica vitale”, insiste la Camassa, che si è lasciata letteralmente travolgere dai creativi, scegliendo di rimanere in Arena anche al termine del suo incontro per respirare tutta l’energia e la spensieratezza delle giovani generazioni.

Come ha scelto di fare questo mestiere?

“È stato un caso. Mentre studiavo filosofia ero già fidanzata con colui che poi è diventato mio marito. Lo ascoltavo mentre ripeteva l’esame di diritto. Da quell’ascolto è nata la passione”.

Essere un giudice donna la penalizza?

“Onestamente no, dal punto di vista lavorativo. Affettivamente mi rendo conto che essere madre e fare questo mestiere non è semplice. Conciliare i due mondi è complicato. Magari un uomo accetterebbe più facilmente di allontanarsi dalla famiglia, spostarsi in un’altra città, vivere tanti mesi altrove: io non ci riuscirei”.

I casi sono anche storie: riesce a non lasciarsi coinvolgere emotivamente?

“Ci provo, ma non è un fatto semplice e scontato. Mi è capitato durante un processo di pizzicarmi costantemente la gamba per trattenere emozioni e reazioni. Ho fatto il giudice, poi tornando a casa mi sono resa conto di essermi procurata tanti lividi, ma ho fatto il mio lavoro”. Ha mai pensato che avrebbe potuto fare un altro mestiere?

“No, tranne quei brevi momenti in cui si è giovani e si sognano i riflettori”.

Non ha mai paura di decidere sbagliando?

“La paura non mi fa dormire la notte. Il mio lavoro me lo porto sempre a casa, è sempre con me, nella mia testa. Solo per questo, a volte, lo cambierei, per alleggerire i pensieri, ma sono momenti brevissimi, la mia missione è servire lo Stato”. Ad Acciaroli ancora non sappiamo chi ha ucciso il sindaco Angelo Vassallo. Sono passati dodici anni: chi sbaglia paga?

“Posso parlare del Tribunale che presiedo: la giustizia è velocissima, e sì, chi sbaglia paga”.

Ricorda gli inizi del suo lavoro?

“Come fosse ieri, ho avuto l’onore di conoscere e lavorare con Paolo Borsellino, al quale dedico questo Premio, e di essere amica di Giovanni Falcone. Ho esercitato funzioni di Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala sotto la guida Paolo, quando era Procuratore e nel corso dell’attività di inquirente mi sono interessata anche e soprattutto di reati di mafia”.

Quale il suo ricordo di entrambi?

“Paolo aveva una caratteristica particolare: un’umanità debordante, sovrabbondante, e un senso della paternità anche nei confronti dei colleghi più giovani enorme. Ci motivava ogni giorno. Mi diceva sempre: ‘Vai a fare questo interrogatorio, batti il ferro finché è caldo’. A 50 anni aveva l’entusiasmo di un ragazzo. Spero di riuscire a trasmettere ai ragazzi la fiducia nella giustizia che aveva lui e che ogni giorno metteva nel suo lavoro”.

Qualche aneddoto?

“In ufficio era sempre il primo di tutti, ma capitava che la mattina arrivasse stanco, “ammaccato”, perché la sera prima aveva fatto studiare suo figlio fino a notte fonda. Ecco, questo esempio di umanità unita al lavoro secondo me è un esempio che va tramesso ai giovani”.

Giovanni Falcone invece?

“Giovanni è stato il primo magistrato statista, il primo che aveva un’idea della giustizia, aveva capito come farla funzionare meglio, aveva una prospettiva. È grazie a lui, alla sua visone, alla sua intelligenza, se oggi la Giustizia è più forte, la repubblica più salda, le istituzioni più unite. Lui non era solo un giudice, immaginava la soluzione, ma con un carattere forte e complesso. Non c’è miglior memoria di due persone come loro, che hanno servito lo Stato non in modo burocratico ma perché ci hanno creduto. I ragazzi devono fare questo: andare oltre, capire e conoscere”.

Cosa farà quando smetterà di fare il suo lavoro?

“Ho sempre privilegiato l’impegno nella diffusione della cultura della legalità. Ho insegnato presso le Scuole di Specializzazione e le Scuole Forensi presenti sul territorio e all’Università di Palermo, ho svolto attività didattica in materie penalistiche a operatori di polizia per conto del Ministero dell’Interno. Ma voglio dedicarmi a stimolare l’arte nei giovani attraverso eventi come fa il Fabula. Sì, farò questo quando andrò in pensione”.