Ottimo concorso di critica e pubblico, nel suggestivo quadriportico della cattedrale per la conclusione della secondo tassello di Salerno Classica, promossa dall’Associazione Gestione Musica. Applausi per lo spettacolo presentato dall’Ensemble Trame Sonore
Di Gemma Criscuoli
Orfeo supera grandi prove per poter riabbracciare la sua Euridice. E quanti ostacoli dovranno vincere le donne, prima di essere pienamente riconosciute nella propria dignità? Percorso che si snoda tra prosa e musica contro ogni violenza di genere, dalla più subdola alla più aggressiva, “Voci di donna” è lo spettacolo dell’Ensemble Trame sonore che ha concluso con successo, presso il Duomo, la seconda edizione di Salerno classica a cura dell’Associazione Gestione Musica. Fortemente evocativi i brani a inizio e a conclusione della serata. “Che puro ciel” dall’Orfeo e Euridice di Gluck, nella sua ammaliante dolcezza, rende muta qualunque bellezza sia priva dell’oggetto d’amore, l’unica cosa che sappia restituire a tutto il proprio senso. È proprio l’incapacità di coltivare i sentimenti nella loro forza, senza alibi e manipolazioni, a contribuire al quadro desolante di un sistema sociale profondamente misogino, anche se all’apparenza aperto alla diversità. L’Ave Maria, tratta dall’Otello verdiano, a suggello dello spettacolo, è un’invocazione che accomuna oppresso e oppressore ed esorta all’empatia più pura, perché chi ha bisogno di colpire non è meno fragile della sua vittima, oltre a essere più cieco di quest’ultima. Voce cristallina e carisma da vendere, Juliana Vivian Carone ha profuso le sue energie nel canto e nel guidare tra brevi testi il pubblico, mentre le musiciste (Francesca Viero all’oboe, Olesya Emelyanenko al violino, Maria Cristina Masi alla viola e Karen Hernandez al violoncello) hanno restituito con rara sensibilità ogni sfumatura delle composizioni eseguite. Da “In memoriam” di Fiona Frank a “Searching for Sophia” di Elizabeth Raum, il concerto ha costruito atmosfere dolenti e accorate per accogliere idealmente tutte coloro che sono state calpestate e dimenticate solo perché, agli occhi dei colpevoli, appartenenti al sesso sbagliato. Non poteva mancare la Carmen di Bizet in alcuni dei momenti più amati dagli spettatori (Preludio, Habanera, Seguidille, Aragonaise, Intermezzo), dal momento che racchiude una verità di secondo grado. Carmen è, infatti, la dissonanza da zittire, l’elemento discordante di un contesto che ribadisce la propria stabilità eliminando ciò che lo mette in discussione, ma è anche e soprattutto libertà spudorata, desiderio che si fa beffe di categorie e sicurezze. È la donna che trova in se stessa le proprie risposte, pronta a superare lo sgomento della morte pur di non tradire la propria natura. È a quell’energia che diventa necessario attingere in un quadro, ha ricordato la Carone, sempre più cupo, in cui una donna viene uccisa ogni tre giorni. A dimostrazione dell’ampiezza del problema, è stato ricordato come il proposito di un’azione condivisa a livello europeo contro la violenza di genere incontri molti impedimenti. Il male ha radici antiche : la sorte di Florenzia, che, come riporta un’iscrizione romana, è stata uccisa dal marito a sedici anni, non è molto diversa da quelle delle otto figlie che in India, secondo il documentario “It’s a girl”, sono state soppresse dalla madre, perché nulla di buono può venire da ciò che non è maschile. Non si può inoltre dimenticare che in Turchia è stata proibita la circolazione di “Storie della buonanotte per bambine ribelli” di Elena Favilli e Francesca Cavallo : le vicende di Madame Curie, delle sorelle Bronte, di Malala sono state considerate pericolose, per aver dimostrato come un mondo diverso sia possibile. La cattiva coscienza nei confronti della femminilità è stata poi posta sotto accusa in “In piedi, signori” di Luisa Russo e, muovendosi tra l’ostilità dei padri della Chiesa e il racconto di chi subisce abusi, la cantante ha lentamente abbandonato il suo abito rosso per rimanere scalza, vestita di nero, non solo per solidarietà verso le vittime, ma per contrapporre l’essenzialità del corpo alla brutalità. Se è vero che il femminismo non ha mai ucciso nessuno, mentre il maschilismo uccide ogni giorno, non si può essere che lì : dalla parte di Carmen, per vivere (e non più morire) libere.