L’ensemble Trame Sonore, oggi, alle ore 21, nel quadriportico del Duomo di Salerno, va a chiudere il calendario estivo dell’Associazione Gestione Musica, nell’ambito della II edizione di Salerno Classica
Di Olga Chieffi
Concerto contro il femminicidio e sulla violenza di genere, nell’atrio del Duomo di Salerno stasera, alle ore 21, per chiudere l’Estate di questa seconda edizione di Salerno Classica, progetto ideato dalla Associazione Gestione Musica, che ha visto l’ associazione concorrere e ottenere il finanziamento dal Fondo unico per lo Spettacolo. La direzione dell’Associazione Gestione Musica, di Francesco D’Arcangelo, Fabio Marone e Gigi Lamberti, ha affidato questo ultimo appuntamento estivo, all’Ensemble Trame sonore, una formazione tutta al femminile, composta da Francesca Viero all’oboe, Olesya Emelyanenko al violino, Maria Cristina Masi alla viola, Karen Hernandez al cello e Juliana Vivian Carone, in veste di voce recitante. Un programma particolare il loro che nasce dal coinvolgimento della Fondazione Adkins-Chiti «Donne in musica» che ha bandito online un concorso per il reperimento di musiche nuove sul tema, scritte da compositrici di tutto il mondo. E alla fine sono pervenute più di sessanta composizioni: un tesoretto dal quale di volta in volta vengono scelti brani che, alternati a composizioni più note e interventi recitati, vanno a formare uno spettacolo sempre nuovo, attraverso un caleidoscopio di riflessioni varie. Lo spettacolo ruota intorno ad un personaggio chiave che è Carmen, suo il canto d’amore, la celebrata Habanera e la Seguidille, e le evocazioni dei climax con l’Aragonaise e l’ intermezzo. Carmen, infatti, non è soltanto la storia delle passioni travolgenti di una ribelle: la Carmen parla soprattutto del sacrificio rituale di un capro espiatorio. Come direbbe René Girard, in principio era la violenza. E non violenza indiscriminata, irrazionale e selvaggia, ma violenza incanalata in uno scrupoloso apparato rituale. Violenza come omicidio pubblico, necessario ad assemblare i brandelli di una società in pericolo. Il capro espiatorio sarà per forza un individuo unico e speciale. Come Carmen: donna prima di tutto e bella, violenta, facile a concedersi agli uomini, un po’ criminale, del tutto ignara di questioni morali e religiose, una zingara: Carmen deve morire, non può che morire. Perché Carmen porta scompiglio ed è un pericolo. Per lei ci si batte a duello e gli uomini cominciano ad assomigliarsi tutti, accomunati dal medesimo oscuro oggetto del desiderio. E nulla in certi casi è più pericoloso dell’uguaglianza, inevitabile sinonimo di rivalità e anarchia. Carmen, da bravo oggetto di vittimizzazione, accetta di buon grado il suo ruolo. Per un’intuizione di regia consegna lei stessa a Don José — più boia che assassino — il pugnale con cui verrà uccisa: non come estremo simbolo di coito, ma per l’improvvisa consapevolezza della propria parte. Se infine si ripensa al tema della predestinazione accennato fin dal preludio, tema ripreso poi per tutta l’opera fino alle ultime disperate parole del disgraziato Don José, è chiaro che la morte attraversa l’intera partitura. La morte di Carmen è un caso ottocentesco di femminicidio, di una donna uccisa perché incapace di stare entro i bordi delle convenzioni: femminicidio non come delitto passionale — come spesso viene frainteso —, bensì come delitto di genere. Morire da donna che rifiuta un ruolo eteroimposto di impronta religiosa, bigotta e maschilista. Carmen non è affatto libera come sostiene, ma è un “oiseau rebelle” che ha ben presente l’inevitabile meta della sua rivolta. Il concerto, partendo da un canovaccio operistico che si apre con l’arioso di Orfeo, “Che puro ciel” dall’ Orfeo e Euridice di Christoph Willibald Gluck, una pagina di estasiata bellezza, per poi, sul filo rosso della Carmen di Bizet, aprire a pagine contemporanee sia musicali che drammaturgiche con brani di tre autrici dei nostri giorni (Frank, Russo e Raum) e testi originali della stessa Juliana Vivian Carone, prima di chiudersi con una preghiera, l’Ave Maria di Verdi: una supplica per scongiurare altre violenze in una società nella quale il dramma del femminicidio rimane soprattutto un problema culturale. Il linguaggio musicale e la parola “piena” della poesia, per dissolvere ogni sopruso, odioso come tutte le violenze.