di Andrea Pellegrino
Non ci fu calunnia nei confronti del sindaco di Vietri sul Mare Francesco Benincasa. Anche l’Appello assolve Aniello Langella, trascinato da Benincasa (attualmente sospeso dalla carica per effetto della Legge Severino) in Tribunale dopo alcune dichiarazioni successive alla revoca di una concessione demaniale. Ieri, la pronuncia della Corte di Appello di Salerno che ha confermato quanto stabilito in primo grado, rigettando, dunque, il ricorso presentato dal pubblico ministero. Aniello Langella, difeso dall’avvocato Michele Sarno e dall’avvocato Domenico Fasano, aveva incolpato il primo cittadino di abuso di ufficio avendo, a suo dire, il sindaco, revocato la concessione demaniale dello chalet “Il Capriccio”, storico ritrovo a Marina di Vietri adiacente al campo sportivo. Secondo quanto scritto nella denuncia, Langella riteneva che il provvedimento di revoca avesse una natura ricattatoria nei suoi confronti in quanto fatto in piena estate. Si leggeva nella denuncia: “Nonostante il sindaco sapesse del fermo dei lavori dal luglio del 2001, data del protocollo del documento, ha fatto pressione all’ufficio tecnico affinché mi mettesse alle strette per firmarlo, sottolineando che gli arrivavano continui messaggi di minacce e che lui, Benincasa, perseguita tutti coloro che gli sono contro politicamente”. In primo grado, respingendo la richiesta del pm di condanna ad un anno e 4 mesi, il Giudice per le udienze preliminari Pietro Indinnimeo scriveva: «Langella era determinato a salvare la sua attività commerciale. Ha esperito ricorsi, ha firmato protocolli d’intesa, ha proposto varianti. La sequenza inarrestabili di legittimi provvedimenti ha convinto in modo errato il Langella di essere oggetto di un animus nocendi, di istinti ricattatori, di minacce ed intimidazioni da parte del Sindaco. Al momento della denuncia aveva la percezione di uno sviamento della cosa pubblica quanto meno con riguardo a tempi e modi della sua esecuzione». Tesi questa confermata ora anche in Appello.