Viaggio intorno a Farinelli - Le Cronache
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Viaggio intorno a Farinelli

Viaggio intorno a Farinelli

Questa sera si conclude nel Teatro A. Cajupi di Korce il tour in Albania del controtenore Pasquale Auricchio protagonista di Vox Baroque, diretto dal clavicembalista Stefano Demicheli con l’ensemble dell’Orchestra Sinfonica delle Forze Armate d’Albania

Di Olga Chieffi

Arnauld Gluck, Hugo Bolivar, Jonatas Luis Monteiro, Pasquale Auricchio e Logan Tanner, queste le cinque splendide voci di controtenore, rappresentanti di diverse scuole e intenzioni di canto barocco che il Maestro Stefano Demicheli ha selezionato per il tour in Albania organizzato a quattro mani con Jusuf Beshiri, dedicato al più celebre dei castrati Carlo Broschi detto il Farinelli. Stefano Demicheli al clavicembalo, alla testa di un ensemble dell’ Orchestra Sinfonica delle Forze Armate d’Albania, composto da otto violini, due viole, due violoncelli, un contrabbasso e di un liuto, terrà l’ultimo concerto nel Teatro A. Cajupi di Korce, principiando la serata con il Concerto per archi RV 156 in sol minore di Antonio Vivaldi che fa parte di un folto gruppo di una sessantina di concerti e sinfonie mai dati alle stampe dal compositore; tre i movimenti: un Allegro, in cui il concertato è affidato solo alle due parti dei violini, mentre viole e bassi si limitano a sostenere le armonie; un Adagio, in stile quasi “corelliano”, in cui violini e viole armonizzano (con qualche ritardo e dissonanza) il basso che muove per crome; un Allegro conclusivo, in 3/8, alla cui concertazione, in stile “concitato”, con ribattuti e volatine, partecipano questa volta tutte le parti. Arnald Gluck sarà Perseo in “Sovvente il sole” l’aria col da capo cantata per la felicità di aver riconquistato la sua amata, nella seconda parte della serenata-pasticcio intitolata Andromeda liberata di Vincenzo Cassani e rivestita di note da diversi compositori, tra i quali Tomaso Albinoni, Giovanni Porta e Antonio Vivaldi. Ancora nel segno del Prete rosso con “Sorge l’irato nembo” dall’ Orlando Furioso pirotecnica e spettacolare anche per il caratteristico uso vivaldiano degli archi. Passaggio del testimone ad Hugo Bolivar per l’esecuzione di “Fra tempeste funeste” l’aria di Unulfo, altra pagina virtuosistica dalla Rodelinda di Haendel che verrà accoppiata “Sento in seno ch’io pioggia di lacrime” aria di Anastasio dal  Giustino di Vivaldi, dalla raffinata melodia. Il terzo controtenore alla ribalta sarà Jonatas Luis Monteiro che dedicherà al pubblico l’aria di Archidamo “Non sospirar, non piangere” da Gli Eroi spartani di Antonio Leal Moreira un compositore portoghese chiamato alla direzione del Teatro San Carlo tra il 1793 e il 1799, influenzato molto da alcuni lavori di Giovanni Paisiello e Domenico Cimarosa. Monteiro continuerà nel filone d’oro napoletano con “Non c’è più barbaro di chi non sente” aria di Alceste dal Demetrio del napoletano David Perez ricordato in particolare per l’attività svolta per oltre un ventennio alla corte portoghese ove portava sulle scene di Lisbona la fastosità degli spettacoli napoletani, associando alle meraviglie scenografiche quelle canore ricorrendo, a tale scopo, alle migliori voci a quel tempo disponibili. Pasquale Auricchio, invece, l’ideatore di Salerno Barocca, proporrà due suoi cavalli di battaglia firmati da Georg Friedrich Haendel, dal Giulio Cesare, a tutt’oggi forse la più famosa, un’imponente galleria di ritratti, calati in una realtà vivificata da un drammatismo che si affida non tanto all’evolversi dell’azione, quanto alle mutazioni della psicologia dei personaggi, con Sesto, e l’aria “Cara speme”, che assapora l’imminente vendetta la cui forte valenza introspettiva è resa mirabilmente dall’essenzialità musicale e la funambolica “Crude furie degli orridi abissi” dal Serse che impone a chiunque si voglia confrontare con questo ruolo, un impegno vocale oltre che impervio dal punto di vista tecnico, sfaccettato al limite dell’ecclettismo dal punto di vista interpretativo. Lo stile di Händel qui è rimasto quello, è mutato l’approccio al testo che si riscontra anche nella scrittura vocale: non si raggiungono più le arditezze di un’opera come Giulio Cesare, non per recuperare l’ambientazione pastorale seicentesca, ma perché Händel ha già imboccato quella strada attenta ai caratteri, all’intreccio e allo sviluppo drammaturgico, che percorrerà più decisamente con l’oratorio inglese. Ultimo ad uscire alla ribalta  Logan Tanner, nel  ruolo di Adelberto nell’ Ottone di Haendel, con “Bel labbro, formato”, una danza lenta e pura, con l’orchestra che si ingrossa e ispessisce nei ritornelli dando molta intensità alla ripresa, per chiudere con la Parthenope e l’aria di Arsace “Furibondo spira il vento” aria di tempesta virtuosistica. Gran finale, tutti insieme con il Jean Philippe Rameau de Les Indes Galantes con la Danse du Grand Calumet de la Paix, musica superba che chiuderà la X edizione del Festival firmato da Stefano Demicheli e Jusuf Beshiri.