Una commedia per raccontare la disabilità - Le Cronache
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Una commedia per raccontare la disabilità

Una commedia per raccontare la disabilità

di Clemente Ultimo

Raccontare la disabilità, in particolare quella provocata dall’atassia di Friedreich – malattia degenerativa progressiva del sistema nervoso -, senza vittimismo, anzi ribaltando completamente la visione comune: l’invalidità non come limite incapacitante e spinta ad un autodistruttivo ripiegamento su se stessi, piuttosto come sfida da affrontare quotidianamente, come limite da superare. Questo l’obiettivo e nel contempo l’idea ispiratrice di “Lo chiamava Rock & Roll”, film ispirato ad una storia vera che arriverà nelle sale italiane agli inizi del prossimo anno, a dispetto dei ritardi provocati dalla pandemia e dal conflitto in Europa orientale. E che nasce anche grazie al contributo dell’attrice salernitana Margi Villa Del Priore, questa volta nel ruolo di affiancamento ai produttori. A lei il compito di presentare – in anteprima – l’ispirazione profonda, prima ancora che la trama di quella che promette essere una delle commedie più interessanti della prossima stagione cinematografica. “Ci sono tanti modi diversi per avvicinarsi ad un tema delicato e complesso come quello della disabilità e della malattia, quello che ha scelto Saverio Smeriglio, autore e regista di “Lo chiamava Rock & Roll”, è lontano dai soliti canoni e ben attento a non puntare su un facile pietismo nei confronti del protagonista. Tutt’altro. Direi che questo film, pur con la leggerezza propria di una commedia, rappresenta una vera e propria campagna sociale, teso com’è a mettere in luce come sia possibile reagire alla disabilità nonostante le evidenti difficoltà con cui si è costretti a fare i conti”. La storia del protagonista del film e quella dell’attore che lo interpreta quasi si sovrappongono. “Sì, questo è il reale valore aggiunto di “Lo chiamava Rock & Roll”. Il protagonista, Federico Villa, dall’età di diciotto anni è costretto sulla sedia a rotelle da una malattia neurodegenerativa, tuttavia questo non gli ha impedito di farsi guidare per il mondo dalla sua instancabile curiosità. La sua voglia di condividere esperienze ed informazioni, di affrontare nuove sfide è la reale fonte d’ispirazione per la storia che viene raccontata dal film”. Un’anticipazione della trama? “In breve vedremo Mauro, interpretato da Andrea Montovoli, restare vittima di un incidente che lo costringerà ad un lungo periodo di riabilitazione e, soprattutto, a rinunciare al surf, disciplina di cui è un campione. In piena crisi esistenziale, arriva per Mauro l’incontro con Federico, atleta di handbike “dimenticato” in clinica da un padre che considera la disabilità del figlio imbarazzante per la propria carriera politica. È dal casuale intersecarsi di queste due vite così diverse che prenderà avvio una sorta di fuga che vedrà i due protagonisti condividere esperienze, separarsi, ritrovarsi, fino al raggiungimento di una nuova consapevolezza. A far da sfondo a questo racconto on the road i paesaggi di Marche ed Abruzzo, regioni che ospiteranno le riprese”. Riprese che, some sottolinea il produttore Roberto Acquaroli, sono state calibrate sulle particolari esigenze del protagonista. Ulteriore prova di come, in questo specifico caso, finzione e realtà tendano a sovrapporsi in maniera quasi inestricabile. “Quello che stiamo mettendo in cantiere – sottolinea Acquaroli – non è un film dedicato alla disabilità o alle difficoltà che essa comporta nell’affrontare la vita quotidiana, nelle limitazioni che in troppi casi impone. “Lo chiamava Rock & Roll” vuole essere piuttosto il racconto di come si possa affrontare la vita con una grinta fuori dal comune anche quando tutte le circostanze sembrano spingerci in direzione opposta, portandoci a chiuderci in noi stessi. Ecco, credo che vedere come Federico si confronta ogni giorno con la sua malattia, nella realtà prima ancora che nella finzione cinematografica, sia il modo migliore per aprire una finestra sull’atassia di Friedreich e, più in generale, sul mondo della disabilità. Una visione che rifugge da ogni sorta di pietismo, piuttosto è un esempio di determinazione”.