di Olga Chieffi
Questa sera, alle ore 20,30, Marina Pellegrino, inaugurerà, come da tradizione, la rassegna “Estate Classica”, coordinata dalla pianista Nella Pinto, (mamma d’arte e di tastiera della Pellegrino) e dal consulente tecnico Guido Mastroianni, giunta alla III edizione, che ci accompagnerà sino al 6 settembre, per poi sfociare nel debutto dei “concerti di Estate Classica in Costa d’Amalfi”, che vedrà i giovani musicisti vietresi impreziosire con le loro performances le più belle perle della Divina, il tutto nell’ambito del grande progetto culturale nato dai Concerti d’Estate di Villa Guariglia. La giovane pianista, la quale dopo aver ultimato i corsi specialistici di studio con lode e menzione è entrata nell’ Accademia Nazionale di Santa Cecilia presso la classe di alto perfezionamento in musica da camera del M° Carlo Fabiano, principierà la serata con la Sonata op.31 n°1 in Sol di Ludwig van Beethoven. La pagina è costruita su elementi tematici di tenue spessore emotivo ed è interamente rivolta verso l’esplorazione, se così si può dire, della grazia e della tenerezza in un clima fortemente canzonatorio. Questa sonata, infatti, è poco nota perchè poco beethoveniana, nel senso tremendamente sublime che il termine ha finito per assumere. Per ch non sdegni la comicità di Beethoven, il primo movimento è esilarante, con il curioso zoppichìo delle due mani, il secondo tema con il suo andamento da polchetta e il brusco trapasso dal modo maggiore al modo minore, l’inconsueta rete delle tonalità e la famosa frase “zoppa”, non solo mettono di buon umore ma in più momenti muovono veramente al riso. E, altrettanto si può dire di due o tre punti dell’Adagio grazioso per alcune impennate o sbrodolate vocalistiche, che ricordano le fioriture dei castrati. Il finale è un rondò, con una bizzarra conclusione e con alcuni passi che fanno sudar freddo l’esecutore senza lasciar capire al pubblico quali scogli minaccino la gioiosa navigazione della barca. Ricordiamo una Marina Pellegrino entusiasta del Simon Boccanegra rappresentato lo scorso maggio al teatro Verdi di Salerno, ed eccola proporci le Réminiscences dell’ opera, nella visione lisztiana, intensa e universale dell’opera verdiana, un cavallo di battaglia del suo maestro Michele Campanella. Già il termine reminiscenza fa pensare a qualcosa che ci entra in testa e nello spirito dopo l’ascolto, così come l’aura di mistero del preludio a cui seguono i toni guerreschi della sommossa e lo strepitoso finale con la morte di Boccanegra e la sublimazione della storia d’amore della figlia con Gabriele Adorno che sono il giusto coronamento di una esistenza infelice e travagliata del protagonista. La seconda parte della serata verrà inaugurata con i Papillons op. 2 di Robert Schumann datati 1830. Il titolo significa brani graziosi, gentili e l’ispirazione è in parte letteraria: Schumann guarda infatti all’ultimo capitolo di Flegeljahre di Jean Paul Richter “La danza delle maschere”. Papillons è una raccolta di dodici miniature, durante le quali si alternano a brani “oggettivi”, che sembrano alludere al fragore gioioso e collettivo del ritrovo mascherato, brani “soggettivi”, nei quali si consuma il piccolo dramma. Finale con una cavalcata ventre a terra nella Puszta ungherese rappresentata nella impetuosa rapsodia n.7 di Franz Liszt, poco conosciuta al grande pubblico, ma densa di sapore evocativo, con tratti che ci riportano una passione forte e sincera. La solennità delle prime battute viene accoppiata più tardi al dinamismo della danza ed al galoppo sfrenato dei cavalli con la criniera al vento, fedeli compagni degli Tzigani, uomini forti e sanguigni, che vivono creando quel mondo particolare, tipicamente magiaro. Il forte senso rapsodico, così incipiente, lascia intravvedere la solita retorica lisztiana in una letteratura pianistica delle più irruenti, per concludersi in un finale su note forti e profonde, come il richiamo degli stalloni.