Fu delitto d’impeto. Questa la decisione del gup del Tribunale di Salerno , Renata Sessa, che ieri pomeriggio ha disposto la condanna del quarantaduenne Giancarlo Di Francesco, il parricida di Montecorvino Pugliano. Quest’ultimo, difeso dall’avvocato Pierluigi Spadafora, è stato condannato a 14 anni con la formula del rito abbreviato. Il giudice ha escluso anche l’aggravante della crudeltà. Hanno definito con il patteggiamento la propria posizione la sorella, Sonia Di Francesco, 44 anni, e la madre, Annunziata Mercadante, 67 anni. Per entrambe, accusate di concorso in omicidio, il Gup ha stabilito la pena di un anno e mezzo di reclusione. I tre imputati hanno atteso fino alle 16,30 la decisione del Gup del Tribunale di Salerno, Renata Sessa. Notevolmente ridimensionata la posizione di Giancarlo Di Francesco per il quale il pubblico ministero Katia Cardillo aveva chiesto l’ergastolo. La vicenda risale all’agosto del 2014. Un delitto maturato in un ambiente familiare di particolare degrado con un padre padrone che aveva reso insostenibile la vita quotidiana. RomanoDi Francesco, 69 anni, di Montecorvino Pugliano, fu prima ammazzato di botte dal figlio, Giancarlo Di Francesco, che poi, con la complicità della sorella, decise di dare fuoco al corpo dell’uomo dopo averlo fatto sparire. La svolta delle indagini arrivò, con la denuncia di scomparsa presentata dalla moglie di Di Francesco, Annunziata Mercadante, 67 anni, ai carabinieri della stazione di Montecorvino Pugliano. La donna riferiva di non avere più notizie del marito dal pomeriggio del 5 agosto. La descrizione della persona scomparsa, nota ai carabinieri per i suoi precedenti penali, corrispondeva con le caratteristiche somatiche del cadavere carbonizzato ritrovato ad Occiano. La moglie, inoltre, riconobbe l’orologio marca Seiko a lancette trovato al polso del cadavere. Dopo un lungo interrogatorio fratello e sorella confessarono l’omicidio del padre. Versione poi confermata dalla madre. La donna e i figli hanno raccontato delle continue vessazioni alle quali li sottoponeva il 69enne descritto come un uomo violento. La lite tra padre e figli scoppiò dopo che Di Francesco aveva avuto l’ennesima discussione con la moglie prendendo a pretesto la qualità delle pietanze del pranzo. L’uomo – secondo il racconto del figlio al pm – aveva aggredito la madre e la nipotina, figlia di Giancarlo. L’operaio, che forse serbava vecchi rancori verso il genitore, reagì colpendo il genitore con un pugno alla nuca. Accecato dall’ira gli si scagliò addosso, colpendolo più volte fino a sfondargli il torace. Rientrata la sorella Sonia, che lavora come inserviente in un hotel, fu deciso di nascondere e poi distruggere il cadavere. Dopo la mezzanotte il corpo di Di Francesco fuchiuso in un grosso sacco di juta, di quelli usate per la raccolta rifiuti. Il corpo è stato legato mani e piedi con del filo elettrico. I figli lo hanno caricato sulla Range Rover e portato in località Occiano dove è stato dato alle fiamme con una tanica di gasolio. Ieri la decisione del Gup Renata Sessa che ha condannato a 14 anni Di Francesco in abbreviato.
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