di red.cro.
Non ha fatto riferimento al boss Marco Di Lauro (arrestato ieri nella periferia Di Napoli, a Chiaiano, pochi chilometri dalla “sua” Secondigliano, ndr) Salvatore Tamburrino, l’uomo ritenuto legato al clan fondato dal padre del latitante, che ieri a Melito (Napoli), con una pistola ha ucciso la moglie, Norina Matuozzo, Di 33 anni. A renderlo noto e’ l’avvocato dell’uxoricida, Domenico Smarrazzo. Dopo il suo arresto era circolata la voce che fosse stato proprio lui a rivelare il nascondiglio del latitante. Ma Tamburrino, assistito dal suo avvocato Domenico Smarrazzo, ieri in Questura, sottolinea il legale, “ha rilasciato solo una lunga confessione ma circoscritta esclusivamente all’omicidio della moglie”. Dinanzi al pubblico ministero Vergara, Tamburrino ha ricostruito cosa e’ accaduto nell’abitazione dei suoceri: si e’ recato da Norina, dalla moglie, per chiederle perdono e per uccidersi. I due si erano lasciati perche’ lei aveva saputo Di una relazione clandestina del marito con un’altra donna. Tamburrino ha spiegato che aveva anche fatto testamento, che aveva acquistato una pistola la mattina e che poi aveva raggiunto Norina. Ha chiesto alla donna Di seguirlo in un’altra stanza, perche’ non voleva uccidersi davanti ai suoceri, ma quando lei ha rifiutato si e’ consumato il dramma. Agli inquirenti ha detto Di avere chiuso gli occhi e poi sparato, tre volte, ma solo per spaventarla. I colpi pero’ hanno ucciso Norina. A questo punto e’ scappato, verso lo studio dell’avvocato Smarrazzo. Anche li’ ci sono stati forti momenti Di tensione al culmine dei quali ha minacciato nuovamente Di uccidersi. L’avvocato, pero’, è riuscito a convincerlo a riporre l’arma e a consegnarsi alla giustizia. E’ stato poi interrogato dagli inquirenti e non ha mai fatto nessun riferimento a dove si trovasse Marco Di Lauro. Voglio ricordare inoltre che il mio assistito, tra l’altro, non è un collaboratore di giustizia. Si trova in carcere e tali ipotesi ne mettono in pericolo l’incolumità sia sua che dei familiari”. Dichiarazioni che alimentano ancor di più il ‘giallo’ dietro la cattura del boss.Infatti non è ancora chiaro se l’uomo abbia deciso di collaborare, svelando con precisione il covo del latitante. La rete di protezione inizia però sicuramente a vacillare da quel momento. I “compagni” vengono avvertiti del “casino successo a Melito” e che si deve “spostare a quello da là”. Si temeva, dunque, che l’uomo potesse collaborare con la giustizia per ottenere le attenuanti dopo aver assassinato la moglie. Conversazioni ascoltate dagli inquirenti che già seguivano da tempo circa 40 fiancheggiatori di Marco Di Lauro, detto anche “F4”, e monitoravano anche l’abitazione di Chiaiano. Un maxiblitz clamoroso con oltre 150 uomini organizzato insieme da Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza con il supporto degli specialisti dello Sco sotto la guida della Dda di Napoli coordinata dall’aggiunto Giuseppe Borrelli ed il procuratore capo Giovanni Melillo.