BATTIPAGLIA. Si apriranno domani, davanti al Gip del tribunale di Salerno Dolores Zarone, gli interrogatori di garanzia a carico dei sette indagati finiti in manette in seguito ad un blitz dei carabinieri con l’accusa di aver messo a segno una serie di truffe, per un valore di oltre 300 mila euro, ai danni di alcune società finanziarie. Gli arrestati, finiti tutti al regime dei domiciliari, assistiti dai loro legali – gli avvocati Antonio Boffa, Nicola Naponiello, Gaetano Brescia e Orazio Tedesco, potrebbero avvalersi della facoltà di non rispondere ma non è escluso che possano invece collaborare e fornire elementi utili agli inquirenti per ricostruire l’illecito meccanismo. Associazione per delinquere, truffe ai danni di società finanziarie, uso di atti falsi, sostituzione di persona, ricettazione e riciclaggio sono le accuse formulate dalla Procura a carico degli indagati che, attraverso una collaudata tecnica di falsificazione di tutti i documenti necessari (carte d’identità, tessere sanitarie, buste paga, modelli CUD), ottenevano l’apertura di linee di finanziamento da parte di società finanziarie mettendo in atto una mega truffa. Secondo le risultanze investigative, a capo dell’associazione c’erano Carmine Barrella, intermediatore finanziario ebolitano e Pasquale Alfieri di Capaccio. Erano loro a gestire l’intero meccanismo. Le indagini hanno poi ricostruito i ruoli di tutti gli associati. Si tratta di Giuseppe Radosta, 53enne di Campagna; Vito De Nigris, ebolitano di 48 anni; Francesco Manzo, salernitano nato a Nocera Inferiore di 42 anni; Mario Manzo, 37enne nato a Nocera Inferiore e residente a Montecorvino Pugliano; Pasquale Alfieri, capaccese di 45 anni e Maurizio Galiano, benzinaio di Battipaglia di 41 anni. Indagati a piede libero Salvatore e Massimo Manzo. Le indagini dei carabinieri, coordinate dalla Procura, sono state avviate dopo una denuncia da parte di una delle numerosissime vittime del raggiro. Secondo la tesi della Procura il danaro acquisito tramite finanziamenti e quantificato in centinaia di migliaia di euro, veniva accreditato su conti correnti accesi presso le filiali di istituti di credito della provincia, anche questi aperti mediante la produzione di falsa documentazione. I truffatori facevano anche in modo che le società finanziarie avessero “fiducia” dei loro clienti. Venivano regolarmente pagate solo le prime rate dei finanziamenti, poi totalmente inevasi, con conseguenti richieste di pagamento rivolte alle ignare vittime alle quali non rimaneva altro che produrre denuncia.
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