Di Madame Kieffì
Essendo questa speciale e caldissima stagione estiva nel suo pieno sviluppo, il critico è come il somarello che, sotto la frusta trotta col suo taccuino da uno spettacolo all’altro, industriandosi di comporre una frase, di definire un ricordo, di masticare una recensione, nel pomeriggio di mercoledì ci siamo sdoppiati partecipando, assieme alla nuova amica, una voce in sicura ascesa il soprano Federica Guida, reduce dal Rigoletto triestino oreniano, sia al penultimo appuntamento di OperaCafè kermesse lirica ideata da Irene Tortora, sia al concerto inaugurale di PiaNoStop, happening pianistico, coordinato da Tiziana Silvestri. Nella incantevole cornice della Pinacoteca provinciale si sono esibiti gli allievi del magistero di Susanne Bungaard, belle voci ancora verdi, per un repertorio affatto semplice, quale “Ach ich liebte, war so glücklich” dal I atto del Die Entführung aus dem Serail, con Benedetta di Marco nel ruolo di Konstanze alle prese con colorature e acuti e Daniela Magnotta, interprete di “Divinite du Styx dall’Alceste di Gluck, in cui il tutto tende a risolversi in una prestazione corretta, con buone doti da eroina tragica, seppur ancor sfumata. Le altre voci Deniz Aybike, Andrea Barletta, Luigi Piantieri, Alessia Ianiro, Flavia Askevold, hanno quindi dato vita a diversi assiemi e duetti dal Matrimonio segreto di Cimarosa, da Le astuzie femminili, e ancora i bei notturni di Mozart, Zaide, Idomeneo, pagine che hanno avuto il sostegno del nuovo acquisto il pianista accompagnatore Piergiuseppe Lofrumento, non ancora in sintonia con i cantanti. Applausi e corsa in Santa Apollonia, dove abbiamo assistito ad una inattesa performance del direttore di produzione Nunzio Siani, nei panni di Claude Debussy, spalla di Imma Battista per la sua intervista impossibile. Brillante accento francese con la caratteristica r roulè alla francese, si è percorsa un po’ la vita e l’estetica della svolta novecentesca della musica francese. Applausi e a chiusura di serata due pregnanti interpretazioni da parte di Aniello Nigro, con i due Arabesques di Debussy, e Luca Apicella con Le tombeau de Couperin di Maurice Ravel, ragazzi con ottimi numeri, i quali hanno offerto massima valorizzazione di quell’imprendibile mutare d’espressione, notevolissimo sforzo di un’elastica duttilità tecnica. Se ieri c’è da premiare certamente il Clair de lune della Suite bergamasque di Samuele de Stefani, suo l’intento assoluto di dominare, la formidabile ricerca timbrica, unitamente a Gianpaolo Barricelli che ha offerto un ironico Satie e le Estampes della Margherita Rescigno che ha concesso delle belle auree ispanico-arcaico-esotiche, nella serata finale che si svolgerà sempre nella chiesa di Santa Apollonia alle ore 18,30, la parte del leone la farà Claude Debussy. Ad inaugurare il programma sarà Fiammetta Saggese con Pour le piano, di Debussy il cui anodino titolo è la riprova che lo stile guarda a certo clavicembalismo francese pre -classico del XVIII secolo che va da Couperin a Rameau, per la chiarezza, l’eleganza, la naturalezza e la piacevolezza. Debussy vs Ravel per Francesco di crescenzo con Reflets dans l’eau, in cui i riflessi luminosi e le chiaroscurali opalescenze vengono resi da un sapiente e calcolato equilibrio della tessitura tastieristica, e Jeux d’eau in forma di primo tempo di sonata, sia pure così ben mascherato da essere riconoscibile solo attraverso un’attenta analisi, fin dalla prima battuta l’accordo consonante ingloba due suoni (settima maggiore e nona maggiore rispetto al suono fondamentale) che erano sempre stati considerati dissonanti. In una piccola polemica giornalistica che qualche anno dopo lo vide opposto ad un critico, Ravel rivendicò a sé la scoperta di una sonorità pianistica che era stata attribuita a Debussy. Mario Paglietta, ci immergerà poi nell’Isle Joyeuse di Claude Debussy , che sembra far risuonare gli inni e le danze elevate in onore di Venere, pagina in cui sintetizza la sua poetica parnassiana in un pianismo brillante, spesso rapsodico, ma mai magniloquente, in una certa magica e surreale fluidità. Francesco Palumbo, interpreterà poi, “Alborada del gracioso” da Miroirs di Maurice Ravel, in cui il musicista francese comincia a inventare la sua Spagna mescolando fantasia e realismo, attraverso le sonorità gracili, metalliche, quasi non timbrate del motivo iniziale, mimesi perfetta delle chitarre. Ribalta, quindi per Vittorio Bonanno con l’Improvisation n°15 in Do minore di Francis Poulenc, quasi un diario spontaneo, in cui il compositore ricompone veramente la frattura fra la musica d’arte e la musica d’uso che si era verificata nell’Ottocento, con un omaggio a E’dith Piaf , una vera e propria canzone leggera e la Valse Canariote op.88 di Camille Saint-Saens, sempre maestro di stilizzazione, del frivolo senza mai scadervi. A chiudere la VII edizione di PiaNoStop, sarà Gianantonio Frisone con quattro brani dal secondo libro dei Preludi, da Hommage àS.Pickwick suggestioni di un viaggio in Inghilterra con tanto di inno, a Canope, vaso funebre dell’antico Egitto con la sua melodia dorica armonizzata da accordi interi, passando per Les tierces alternéès, le terze alternate trattate come piccole e graziose creature mitologiche danzanti. Finale con Feux d’artifice culmine della sperimentazione nell’ambito dell’armonia e della tecnica pianistica debussiana, combinazioni polimodali e le seconde creano l’effetto del brusìo indistinto, mentre i violenti accordi d’ottava e i tremoli bassi un effetto chiaroscurale. Poi arpeggi velocissimi, glissandi , intervalli spezzati, per evocare l’armamentario pirotecnico e così sublimare la metafora della musica come effimera incandescenza, che fatalmente si annulla con l’ultimo colpo oscuro.





