Torre del Greco/Ercolano/Angri. Omicidio di “don” Patrizio: 116 anni di carcere ai 5 imputati campani. Le foto - Le Cronache
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Torre del Greco/Ercolano/Angri. Omicidio di “don” Patrizio: 116 anni di carcere ai 5 imputati campani. Le foto

Torre del Greco/Ercolano/Angri. Omicidio di “don” Patrizio: 116 anni di carcere ai 5 imputati campani. Le foto

TORRE DEL GRECO/ANGRI. Una rapina finita male, commessa a pochi passi dalla stazione dei carabinieri di Monte San Biagio in provincia di Latina. Per cinque imputati dell’assassinio di Patrizio Faustino Barlone, da tutti conosciuto come don Patrizio, ieri pomeriggio, è scattata la condanna per omicidio. Per la morte violenta di Barlone il tribunale di Latina ha condannato a 20 anni di reclusione il 51enne Salvatore Scarallo di Napoli e l’imprenditore Aldo Quadrino di Fondi. A 30 anni di reclusione sono stati condannati il 44enne Salvatore Avola e il 50enne Carmine Marasco di Torre del Greco e il 57enne Antonio Imparato di Ercolano (la maggior pena è stata impartita dai giudici perché ritenuti esecutori materiali del delitto). Per la sesta imputata, la 37enne Vincenza Avola di Torre del Greco ma residente ad Angri (sorella di Salvatore), difesa dall'avvocato Pierluigi Spadafora, è arrivata l’assoluzione per l'omicidio e la condanna a sei anni di reclusione per la sola rapina, per la cui imputazione sono stati condannati anche gli altri sotto processo. Dalle ricostruzioni del processo, l’imprenditore Quadrino, interessato alla gestione di un oleificio, era debitore di 25mila euro nei confronti di Barlone. In paese, la vittima, nonostante fosse stato ordinato sacerdote una trentina di anni prima ma poi sospeso a divinis per il suo comportamento, era comunque chiamato don Patrizio. Si vociferava che fosse coinvolto in un giro di prestiti usurai. Il cosiddetto falso sacerdote faceva pressioni sull’imprenditore di Fondi per riottenere il denaro prestatogli. Stufo delle pressioni, Quadrino avrebbe conosciuto tramite Scarallo gli altri campani. L’idea era quella di commettere un furto ai danni di don Patrizio che, ritenuto un usuraio, avrebbe avuto sicuramente in casa soldi e preziosi.
Alle 19,20 dell’8 febbraio dello scorso anno, il gruppo di campani arrivò in via Roma n.11, a Monte San Biagio, a casa di Barlone. A bussare sarebbe stata la donna campana anche per non destare sospetti, visto che pare che conoscesse l’uomo. Nell’abitazione sarebbero entrati così i fratelli Avola, Marasco e Imparato. La vittima fu picchiata, poi legata con delle fascette di plastica e imbavagliata con un maglione. Una sciarpa stretta al collo provocò la morte dell’uomo per asfissia. Alle 20 già era tutto fatto. I quattro uscirono dalla casa ma furono immortalati dalla telecamera di videosorveglianza della vicina caserma dei carabinieri. Proprio quella telecamera per la quale aveva protestato don Patrizio – ritenendo che violasse la sua privacy, tanto da ottenerne la correzione dell’angolo di visuale – ha permesso di scoprire i presunti autori del suo assassinio. A scoprire il cadavere fu la nipote dell’ “ex” sacerdote che arrivò davanti all’abitazione nel centro del paese e trovò don Patrizio riverso supino sul pavimento della zona giorno con mani e piedi legati con alcune fascette; ferite ed evidenti segni di percosse. Non è stata ritrovata, però, una busta che era finita al centro dell’attenzione dei carabinieri. La sera dell’omicidio, infatti, gli assassini uscirono dall’abitazione della vittima con una busta che dovrebbe aver contenuto soldi e gioielli per un ragguardevole valore. Si pensa che nella casa, i militari trovarono in un cassetto 31mila euro in contanti.gallery