Incanta Enzo Moscato con la sua performance, gemma del cartellone di un teatro Diana finalmente affollato
Di OLGA CHIEFFI
Mimmo Paladino sembra scrivere con l’indice, sulla sabbia Toledo Suite, offrendo gli strumenti al pubblico per immergersi in un’atmosfera immaginifica e raffinata, una visione artistica personale e innovativa, che regala immagini sempre nuove e divertenti che suscitano al tempo stesso sempre uno spunto di riflessione per ripensare alla musica attraverso soluzioni figurative coinvolgenti su di un reticolo che pone gli artisti in una specie di scatola sonora, delimitata da lucette evocanti le illuminazioni delle feste di un tempo. Enzo Moscato, si è presentato in scena, davanti ad un folta ed entusiasta platea, con un magnifico trio d’appoggio, composto da Claudio Romano, alla chitarra, mandolino chitarra portoghese mandola, Paolo Sasso al violino e Paolo Cimmino alla tabla, tamburi a cornice, cajon e darabuka, per condurci in un viaggio sonoro, che riconoscendo Napoli quale crogiuolo e incrocio di tutte le culture musicali, come una carta porosa, mira ad unire in musica quello che nella vita di tutti i giorni è tragicamente disunito: l’oriente e l’occidente entrambi affacciati sul Mediterraneo che sembrano non essere più capaci più di guardarsi negli occhi e dialogare tra i diversi e comuni linguaggi, in un fluxus musicale ossessivo e mistico spaziante per l’intero globo terrestre, dalle Americhe al Giappone, un percorso dai colori caldi e avvolgenti, specchio del suo “contaminato” sentire interiore. La poesia dei canti racconta di “mali antichi”, ancora oggi presenti in altre forme o che potrebbero ritornare: l’arroganza sicura dei potenti, la subalternità della donna e il senso di supremazia dell’uomo, gli “strappi” provocati delle partenze di guerra o di lavoro, i divieti sociali imposti alla libertà di amare, il malessere interiore di cui nessuno si accorge, le violenze e le ingiustizie taciute, quei tipi di lavoro che “consumano” il corpo e lo spirito, la paura di un futuro con magre prospettive o il grigio senso di rassegnazione. Questo ed altro fa parte della storia collettiva e dei vissuti individuali raccontati in musica e poesia portatrici di un ricco patrimonio di “bellezza”: il fascino della melodia, la capacità di improvvisazione, la “libertà” di “rivestire di sé” un canto, la capacità di creare e usare metafore profonde e sorprendenti, l’originalità di melodie uniche, la forza del sentimento “vero” contro ogni divieto “artificioso”, l’umorismo con cui affrontare le peripezie della vita. Si snoda per poco più di un’ora questo incantato percorso, partendo dal Viviani di Via Toledo di notte dall’epoca in cui la città cominciava a svolgersi in tutta la sua complicata stratificazione storica e topografica, rappresentata in una violenta deformazione espressiva da un poeta che ne distruggeva dall' interno la forma degli apriori convenzionali e folcloristici. Dai vicoli attorno a Toledo, schizzati in Toledo Suite, si è passati a Palomma di Armando Gill, e Diva, Romanzetta, “strambando” per la Francia della Duras e il Brecht di “To the Little Radio”, giungendo sull’onda dei suoni, in particolare delle percussioni narranti di Paolo Cimmino, allo sbarco alleato quando da Toledo diventa un porto attraversata dal vento del jazz ed ecco una swingante All of me, affidata al violino e alla chitarra del duo Sasso Romano, non lontano dai fasti di Grappelli e Reinhardt, con le parole napoletanizzate inventate dalle “signorine” chanteuse, musica che racconta della vita, che celebra il ritmo del corpo, musica strutturata per raccogliere energia, per comunicarla, “dividerla” e restituirla collettiva attraverso il canto e la danza, giungendo ai ballabili degli anni Cinquanta, che strizzavano l’occhio a quello swing, tra tempi di beguine e moderati slow, dolci melodie e parole sussurrate nel nostro musicale dialetto, adatte al ballo guancia a guancia, in una notte di luna, con “Fuoco a ‘mmare”, “Che mmè ‘mparato a fa” “’Na voce na chitarra e ‘o poche ‘e luna”, “Cerasella”, “Scalinatella”. Un viaggio quello “con” Enzo Moscato, tracciato da Pasquale Scialò, in cui ci ha fornito di cartografie sonore, di mappe musicali per intrecciare e intersecare combinazioni vibranti e risonanze culturali di una poetica che scoraggia significativamente l’idea del definitivo. L’abbraccio caloroso del pubblico e due bis a richiesta All of me e Palomma.