The dark side of the moon - Le Cronache Spettacolo e Cultura
Di Olga Chieffi
“Perfetti sconosciuti” è una commedia che, sia nel film di Paolo Genovese che nella sua trasposizione teatrale, firmata dalla Compagnia dell’Arte di Antonello Ronga, che abbiamo ritrovato in doppia vesta di regista e nel ruolo di Peppe l’insegnante di educazione fisica, esplora temi di intimità, segreti e la natura delle relazioni interpersonali attraverso un gioco apparente e innocente. I personaggi principali, amici di lunga data, pensano di conoscersi perfettamente fino a quando non viene proposta l’idea di condividere i contenuti dei loro telefoni cellulari durante una cena. Questo semplice gesto trasforma la serata in un processo rivelatore, in cui i segreti e le verità inconfessabili emergono, mettendo a nudo la vulnerabilità e la complessità delle loro vite. E’ questo il titolo che è stato scelto dalla Compagnia dell’Arte per inaugurare la terza stagione di Transpose, ovvero dal film al palcoscenico, genere molto difficile, poiché  linguaggi diversi, poiché la distanza fisica tra attori e pubblico permette una forma di relazione più simbolica e artistica, dove l’immaginazione gioca un ruolo fondamentale. Gli attori devono creare un legame emozionale attraverso le loro interpretazioni, i gesti e le parole, piuttosto che attraverso stimoli tecnologici o visivi diretti. D’altra parte, le performances che utilizzano tecnologie moderne cercano spesso di abbattere queste barriere, cercando di coinvolgere il pubblico in modo più immediato e diretto. Questo può portare a esperienze molto intense, ma rischia di ridurre la dimensione poetica e il mistero che il teatro tradizionale sa offrire. I cellulari portano in scena tutti segreti nascosti dei protagonisti. E svelano operazioni di chirurgia estetica già programmate, padri che provvedono a che la figlia abbia un preservativo con sé all’oscuro della madre. Mogli che cercano in segreto una casa di cura per la suocera, uomini che dicono di avere la fidanzata mentre si scopre che sono omosessuali. Per un testo di sottile intelligenza, perché non è la gravità dei problemi in sé a inquietare, è semmai l’inevitabilità con cui questi vengono allo scoperto semplicemente condividendo l’uso del cellulare. Un gioco al massacro, che, però, nella trasparenza e apertura al pubblico che ogni attore in teatro deve necessariamente adottare, toglie allo spettacolo il senso di angoscia che pure ne è un elemento distintivo. I personaggi, così, Peppe, Antonello Ronga, Eva Valentina Tortora, Rocco il marito, Gianni D’Amato, Carlotta, Fortuna Capasso, Lele, Marco Villani, Cosimo, Alessandro Musto, Bianca, Manuela Tondini e Sofia, Mariarosaria Ronga, ciascuno con le proprie sfide e drammi personali, diventano non solo giudici, ma anche vittime delle rivelazioni altrui.Eva e Rocco, sposati da anni ma in crisi, decidono di organizzare una cena a casa loro, invitando alcuni loro amici di vecchia data: Cosimo e Bianca, da poco convolati a nozze, lui tassista e lei veterinaria, che desiderano fortemente avere un figlio, Lele e Carlotta, anche loro in forte crisi matrimoniale, sposati da dieci anni e con due figli; Peppe, un ex insegnante di educazione fisica divorziato e disoccupato, che aveva promesso di presentare agli amici la sua nuova compagna Lucilla, la quale tuttavia non ha potuto prendere parte alla cena a causa di una brutta febbre. Questo crea una dinamica di tensione e comicità, portando a riflessioni più profonde sulla percezione che abbiamo degli altri e di noi stessi. La serata che doveva essere all’insegna della convivialità si trasforma così in una critica sociale alle apparenze e ai legami che sosteniamo. La risoluzione finale, in cui i personaggi tornano a una apparente normalità, getta un’ombra di ambiguità: erano realmente così lontani dalle loro verità o la messa in scena del gioco ha solo rivelato le loro stesse insicurezze? La commedia non offre risposte definitive, lasciando il pubblico a riflettere sulla natura delle relazioni e sul concetto di “perfetti sconosciuti”: a volte, infatti, siamo più estranei a noi stessi di quanto non lo siamo agli altri. Gli attori che hanno interpretato i vari ruoli, che poi restano delle “categorie” con le quali abbiamo tutti quanti a che fare, hanno contribuito a rendere questa esperienza teatrale ancora più avvincente, grazie a performance in cui hanno cercato di bilanciare abilmente la comicità con momenti di grande intensità emotiva. La loro sinergia e il rispetto dei ritmi del copione hanno arricchito la narrazione, trasformando “Perfetti sconosciuti” in un’esperienza che intrattiene, certo, ma invita anche alla riflessione. In questo contesto, la scrittura drammaturgica, sufficientemente elaborata, è riuscita a differenziare i personaggi, rendendoli mai monotoni e latori di quel “disturbante” necessario a suscitare una vera connessione emotiva con l’uditorio. Incisiva la scena aperta composta da due cunei ad incastro, che va a far immaginare l’interno di un salone con una terrazzina su cui guardare l’eclissi di luna, che è vista, nella sua più nota simbologia, come un momento di trasformazione e riflessione interiore, un momento in cui le energie sono particolarmente intense, tanto da influenzare le vite in modo significativo.

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