Di Olga Chieffi
Nella nostra magnifica, dorata, ottobrata, si sono svolte presso il Conservatorio Statale di musica “G.Martucci” le tre giornate del XXI Convegno Internazionale di Analisi e Teoria Musicale, in sinergia col Gatm, associazione costituita da studiosi provenienti da università e conservatori italiani e stranieri, dediti alla teoria e all’analisi della musica. Evento clou di questo convegno è stata la presentazione del volume “Storie di donne, musica e cultura – Dalla fine della liberazione all’inizio della libertà”, in libreria per D’Amato editore. Il libro ha le sue radici nell’8 marzo dello scorso anno, quando la festa della Donna, fu onorata per un’intera, ferace, mattinata, con diversi saggi in nuce, ora racchiusi in questo importante volume, sino alle conclusioni, “champagne” dell’indimenticato Fulvio Maffia. Fulvio, volle promuovere in quella giornata il tema del gender balance a tutto tondo, nell’uso del linguaggio, attraverso quelle figure pioniere del primo femminismo musicale, le eroine dell’opera, e personalità, tutte al femminile che si sono distinte nei diversi ruoli oltre che musicali. Di lì l’eredità raccolta dal direttore Fulvio Artiano, ha portato alla realizzazione di questa pubblicazione, che vanta la prefazione di Anna Maria Bordin, presidente dell’Associazione Gatm e una immagine, in copertina di Alex Padurarius, rappresentante una donna con tromba che, a nostro parere, offre un doppio segnale, il primo certamente di libertà e che la musica è donna, come teneva a dire Duke Ellington, il secondo, che oggi ancora sommuove la donna che dirige, o che impugni le bacchette delle percussioni o allunghi la coulisse di un trombone. Il libro porta in calce l’omaggio delle due curatrici ai propri padri, Giuseppe e Giovanni, Maestri di parità e libertà. Libertà intesa quale sentimento, sin da piccoli, per “essere” poi realmente liberi e sviluppare a pieno le proprie capacità, per tentare di concretizzare il meglio di sé e porlo a servizio di tutti, incondizionatamente. Il volume è una motivata opera che analizza e documenta l’assurda iniquità, nei confronti dell’ universo femminile, poiché urge, anche per la storia musicale un paradigma dove il dialogo tra l’operato delle donne e quello degli uomini si svolga in modo costante e risulti in un arricchimento collettivo, che solo in parte correggerà l’onta che la storiografia borghese ha generato e continua a perpetuare nelle nostre scuole e università.
La violenza messa in atto dalla borghesia nei confronti della memoria storica per cancellare quanto le donne hanno operato come soggetto di cultura e “forcluderle” e ci è qui d’obbligo citare Federico Sanguineti, dalla storia degli intellettuali non è che una forma sovrastrutturale di una violenza strutturale alla stessa società borghese. “Se non ci si libera dalla forclusione presente nella storiografia borghese”, che colpisce ogni voce marginalizzata, “si rimane complici di falsificazioni ideologiche, di sessismo e di razzismo” e di una “colonizzazione maschile del femminile analoga a quella tra Nord e Sud” del mondo. Indice ricchissimo, quello dell’ampio volume, che passa dalla introduzione di Francesca Guerrasio, che pone l’occhio sulla trasformazione della donna e della visione dell’universo femminile, naturalmente non solo in musica ma allargata all’aspetto storico, sociologico e filosofico, al saggio di Olga Laudonia, dedicato a Donna Emilia Gubitosi la prima donna a diplomarsi in composizione a Napoli, grazie a un intervento del Ministero, nonostante gli ostacoli iniziali imposti dalle istituzioni a causa delle normative vigenti, eccellente compositrice didatta e, come all’ epoca le grandi catalizzatrici dei salotti e della cultura, fondatrice dell’Associazione Alessandro Scarlatti. Quindi, il ritratto di Irma Ravinale schizzato dalla stessa Guerrasio, una vera e propria caposcuola, nonché Direttrice di conservatorio, vincitrice del Concorso internazionale di composizione di Trieste. Rossella Gaglione ha scelto di inserire una riflessione su Jeanne Hersch e la sua intuizione su Tempo e Musica, ovvero che “La musica suonata e ascoltata non potrà mai essere cancellata dal passato, qualunque cosa accada”, seguita da Marina Mezzina, che ha posto quale argomento la figura di Hildegard Jone, la Musa enigmatica delle composizioni vocali di Webern con la sua ispirazione spirituale, il simbolismo e il culto per la natura, e ancora Sarah M.Iacono la quale ha scritto sulla figura di Arianna che a partire dal Seicento, diventerà il simbolo musicale delle donne relictae come Medea e Didone, e la sua figura finirà con il coincidere totalmente con il suo lamento, rispetto al quale anche la vicenda del labirinto e dell’uccisione del minotauro diventerà accessoria, funzionale all’espressione del dolore e del ripensamento. Teatro d’opera ed eroine, ma in taglio diverso per Rosanna Di Giuseppe e Francesco Aliberti. Ci si chiede quali ideologie veicola o riveli involontariamente l’opera, non solo programmi rivoluzionari, ma anche più private denunce o affreschi sociali, la vigorosa polemica risorgimentale e anticlericale che innerva tutta la produzione di Verdi o semplici descrizioni normative e proiezioni dell’immaginario maschile, la vittimistica costanza complementare , associata a torture, roghi, seppellimenti, pazzia, sacrificio e morte, dark lady in varie sale di pentimento ed espiazione. Se Rosanna Di Giuseppe, ha presentato le figure femminili dell’opera lirica, in particolare del melodramma ottocentesco, che fuoriescono dal cliché della donna passiva, quali Norma, Carmen, Violetta, Elettra, Francesco Aliberti celebra, attraverso la fede, le donne di Giacomo Puccini nel suo anno celebrativo, dalla Bohème, alla preghiera di Tosca, che denuncia lo “scandalo” della teodicea, ancora, il riscatto della figura di Manon nell’amore di Des Grieux, che richiama la vicenda veterotestamentaria della prostituta nel deserto salvata dal profeta Osea, la figura cristica di Liù o la speranza “paolina” di Cio-cio-san, dimensione dell’attesa che si alimenta dell’orizzonte aperto (Rm 8,24) e rifugge la chiarezza “razionale” del giorno, come sprezzante proclama Turandot, fino a Suor Angelica e l’incontro con la Donna per eccellenza, la Vergine Maria. Segue, Cinzia Di Matteo con una relazione che ha l’obiettivo di esaminare, con esempi di illustri interpreti, quali Anna Renzi, Vittoria Tesi e Rosmunda Pisaroni, il ruolo che ha avuto la nascita dell’opera in relazione all’impossibilità prevalente per le donne di ricoprire incarichi professionali e pubblici in ambito musicale. “E tutt”e sserate, chillo mm’accide ‘e mazzate! ‘Mme vo” nu bene sfrenato, ma nun ‘o dda’ a pare”!…” canta la Bammenella di Raffaele Viviani. Il volume si chiude con un testo dell’altra curatrice Nunzia De Falco sulle relazioni patologiche cantate a Napoli e il ruolo di TikTok nel processo di co-creazione musicale, dal malamente al malessere, in cui il #malessere si definisce il profilo di un maschio possessivo e geloso, poiché il male, l’ombra non può nascondere il suo ineludibile fascino.