di Redazione Cronache
Avrebbero svelato le indagini della Dia agli indagati del blitz del 13 settembre scorso che ha sconvolto Cava dei Tirreni. E per questo motivo che il Pm della procura nocerina Roberto Lenza ha chiesto il rinvio a giudizio immediato per due poliziotti, originari di Nocera Inferiore, ma in forza al commissariato della polizia di Stato di Cava de’ Tirreni. Secondo le accuse i due poliziotti avevano fornito notizie riservate a uno degli indagati, Paolo De Rosa, «violando i doveri inerenti le loro funzioni circa l’esistenza di una indagine pendente presso la Dda di Salerno. Avrebbero rassicurato De Rosa, ex calciatore della Cavese sul mancato coinvolgimento nell’attività di indagine rivelandogli comunque notizie che dovevano essere riservate». E che non potevano essere divulgate. La vicenda si innesta nel blitz dello scorso settembre quando furono emesse 14 ordinanze di custodia cautelare (11 in carcere e tre ai domiciliari) e nella contestazione a Zullo e ad altre sette persone del reato di associazione a delinquere di stampo camorristico. Altre 47 persone risultano indagate, per 16 di loro si tratta di accuse di favoreggiamento o di false dichiarazioni al pm perché, vittime del racket o sotto strozzo, hanno preferito negare finanche l’evidenza per timore di ritorsioni. Il sodalizio guidato da dante Zullo è l’unico in cui si rinvengono i tratti del vincolo camorristico. Ne facevano parte con lui i figli Vincenzo e Geraldine, la moglie Carmela Lamberti e poi Carlo Lamberti, Antonio Santoriello, Vincenzo Porpora e Antonio Di Marino, che a Cava gestisce un panificio, più volte sequestrato. A fare da tramite per le intimidazioni che il “boss” impartiva dal carcere era la figlia Geraldine, mentre il fratello Vincenzo comunicava le sue direttive dagli arresti domiciliari. Fulcro degli affari del clan erano l’usura e le estorsioni, ma le indagini hanno evidenziato anche il tentativo di arrivare al controllo diretto di attività economiche. Fino a trascinare nell’inchiesta anche il vice sindaco di Cava Enrico Polichetti e alcuni dirigenti del Comune metelliano. In questa inchiesta risulta indagato anche l’allenatore Eziolino Capuano.