di Giuseppe D’Alto
Chissà quanto avrà inciso la forbita lectio magistralis del professore Andrea Castaldo nella decisione dei giudici della Corte d’Appello (presidente Michelangelo Russo) di assolvere con la formula più ampia il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, l’ex capo staff Alberto Di Lorenzo, e il Rup (responsabile unico del procedimento) Domenico Barletta. Castaldo ha piazzato la ciliegina sulla torta con una meticolosa ricostruzione sia in… punta di diritto che nella disamina dei fatti contestati. Più realisticamente la discussione del professionista napoletano, chamato a rinforzare il collegio difensivo di De Luca (orfano dell’amministrativista Brancaccio), ha cesellato con stile “l’opera” di demolizione del quadro accusatorio dei colleghi (Paolo Carbone, Francesco Saverio Dambrosio e e Arnaldo Franco). “Prestigiatore”, “cabina di regia, “parola magica”: alcuni termini con i quali Castaldo ha argomentato la discussione. “Tre abusi di cui uno salta fuori come il coniglio del prestigiatore dalla sentenza di primo grado – ha arringato Castaldo. la cabina di regia si capovolta per trovare una veste più consona alla determinazione della condanna con la “trasformazione” del peculato in abuso d’ufficio dove il governatore De Luca passa da indotto ad istigatore. Il commissario straordinario per l’emergenza rifiuti diventa il principale esecutore in questo gioco delle tre carte con Barletta e Di Lorenzo che si sono fatti trascinare, coinvolgere”. Il professore Castaldo ha depositato una sentenza della Cassazione dove viene sancita la nullità rispetto ad una sentenza di condanna che aveva convertito una concussione in abuso d’ufficio. Sulla questione della nomina l’avvocato è stato netto: “Ci troviamo di fronte ad una vicenda semplice, banale. Tutto ruota intorno alla parola magica “project manager” ed alla contestazione dell’ordinanza numero 4, quella in cui viene avanzata la figura di Di Lorenzo ed “arretratata” quella di Criscuolo. Nel primo caso si parla di gruppo di progettazione, nel secondo di gruppo di lavoro. Non c’è la necessità di una motivazione diretta perché, in tal caso, sarebbe contestabile anche l’ordinanza numero 3 del 14 febbraio 2008. E’ tutto molto più semplice. Barletta si rende conto che l’impegno per la realizzazione del termovalorizzatore è diverso dal ristrutturare una stanza e invoca l’inserimento della figura del project manager. La firma obliqua del commissario straordinario De Luca testimonia che non lesse neanche l’atto. Fu vergato in fretta senza prestare attenzione anche perché in un’amministrazione vige anche il principio di affidamento. De Luca ha piena fiducia del suo dirigente e firma l’atto e lo fa in un contesto di assoluta emergenza. Nella successiva ordinanza la firma torna… parallela. Della determina del Rup Barletta il commissario non nulla. Non deve sapere nulla. Del resto quel provvedimento relativo ai 180mila euro con i piccoli spiccioli riservati al project manager ha passato anche la scure della Corte dei Conti”. Poi la chiosa sulla questione project manager. “Alla Bocconi hanno istituito un corso di project manager per la pubblica amministrazione. Quindi dovremmo concludere che la Bocconi fa istigazione a delinquere visto che ci troviamo, secondo l’accusa, di fronte ad una figura atipica, non prevista dall’ordinamento. Perché inserire allora una figura impossibile sapendo di fare reato?.Quindi se Di Lorenzo avesse vestito una veste diversa da quella di project manager avrebbe incassato i complimenti per il lavoro fatto?” Al termine dell’arringa del professionista napoletano il procuratore generale Giannelli ha ribadito le accuse in una controreplica argomentata su punti grosso modo già presentati in tema di requisitoria. Poi è toccata alla controreplica dei difensori…. Dopo due ore di camera di consiglio la sentenza di assoluzione dei giudici della Corte d’Appello.