di Andrea Pellegrino
In dieci minuti ha liquidato la vicenda Ideal Standard/Sea Park. Vincenzo De Luca, oggi nelle vesti di governatore della Campania, dichiara in aula (nell'ambito del processo in corso) di aver “difeso all'epoca i lavoratori”. Più di duecento alla chiusura dello stabilimento. Molti dei quali sono deceduti nel corso del tempo e molti dei quali furono richiamati dalla società Sea Park per liberare la vecchia fabbrica e pulire tutto per far spazio al mega parco marino che avrebbe dovuto risollevare le sorti dell'economia di Salerno. Via tutti i vecchi macchinari dell'Ideal Standard, via tutto, anche al costo di interrare amianto. Vincenzo De Luca ricorda quel che è stato ma non quel che è. Il parco marino non è stato mai realizzato, l'area è completamente abbandonata e forse il sito (dell'ex Ideal Standard) è anche contaminato dall'amianto interrato. Poi i lavoratori, preoccupati per la loro salute dopo i continui decessi per patologie tumorali, chiedono giustizia e verità, combattendo da soli e con le proprie armi. Innanzi al giudice del lavoro si sono visti due volte bocciare l'istanza per il riconoscimento dei benefici previdenziali per l'esposizione all'amianto – durante la lavorazione Ideal Standard. Il motivo? Il no secco dell'Inps, lo stesso che concesse all'epoca gli ammortizzatori sociali portati d'esempio da Vincenzo De Luca. Poi, sempre i lavoratori, seguiti dagli avvocati Amantea e Stabile, attendono che la Procura della Repubblica autorizzi l'indagine presso l'opificio. Loro stessi saranno disponibili ad indicare dove è stato interrato l'amianto proveniente dalle demolizioni della fabbrica. Il Noe attenderebbe solo il via libera da parte della Procura della Repubblica e quindi del pm titolare dell'eventuale inchiesta. Intanto l'Arpac si è mossa, così come la Cisl che attraverso l'Adicosum ha messo nero su bianco quanto raccontato in questi mesi – anche su queste colonne – ed ha portato l'esposto direttamente in Procura. Negli ultimi giorni anche il Comune di Salerno si è mosso. Prima con una commissione consiliare dedicata alla vicenda e poi con una nota invitata agli organi preposti. Tutti disponibili ad accertare la verità. Mancherebbe solo l'ultimo atto: quello da parte della Procura di Salerno per l'avvio delle indagini. Le visure avrebbero sancito anche la proprietà dell'opificio che resta – stando alle carte – in capo alla società SeaFarm, che ha inglobato nel tempo la SeaPark.