Scafati. Spaccio di droga con il clan, oltre 90 anni di reclusione e due assoluzioni a capo del processo con rito ordinario per i sodali del clan “Famiglia. Alcune condanne sono andate oltre la richiesta della procura Antimafia di Salerno rappresentata dal pubblico ministero Elena Guarino. Stangata per Michele Ruggiero di Scafati 16 anni (la stessa pena della richiesta), 13 per Eduardo Faiella (erano stati chiesti 7), un anno e mezzo per Pasquale De Iulio di Scafati (caduto il reato associativo), 11 anni e 6 mesi per Yves Improta di Scafati, 11 anni per Gerardo Iossa di Scafati , 7 anni e 9 mesi per Mimmo Pirulli di Avigliano Potenza, 8 anni per Salvatore Generali di Scafati (uno in più rispetto alla richiesta), 7 anni e 9 mesi per Francesco Rosa e 10 anni e 3 mesi per Michele Doriano sempre di Scafati. Due assoluzioni e riguardano Michela Sicignano e Gaetano Esposito sempre di Scafati per i quali la Dda aveva chiesto 7 anni di reclusione per ognuno. E’ quanto deciso ieri pomeriggio dai giudici del primo collegio di Nocera Inferiore. Secondo l’accusa, i 12 imputati finiti a giudizio ordinario avrebbero dato manforte al nuovo clan che in breve tempo aveva acquisito una supremazia sugli altri gruppi criminali operanti sul territorio, tanto da essere chiamato ad intervenire per regolare le competenze territoriali camorristiche e dirimere gli “sgarri” attuati da altri gruppi che avessero sconfinato dai territori di insediamento. Di tutti gli indagati, poi divenuti imputati, ne aveva menzionato ruolo per ruolo il collaboratore di giustizia Giuseppe Di Dato in uno dei verbali di dichiarazioni rese dalla Dda prima dell’estate dello scorso anno. La gestione del traffico di droga sarebbe stata altamente organizzata, con Michelangelo Aquino (abbreviato) che assicurava una fornitura costante di stupefacenti e il clan che si occupava della distribuzione sul territorio. Di Dato aveva anche descritto come queste operazioni fossero protette dalla vasta rete di complici e alleanze con altri gruppi criminali locali. Le sue dichiarazioni avevano inoltre svelato l’estensione del sistema di estorsioni. Il gruppo, già oggetto di precedenti indagini da parte dell’Antimafia di Napoli e segnatamente nelle zone di Pompei e di Castellammare di Stabia, si era trasferito nel contiguo territorio di Scafati, a seguito del vuoto di potere correlato all’arresto eseguito nel dicembre del 2021 di presunti esponenti dei Matrone. Secondo la pubblica accusa avrebbero creato cooperative fittizie e obbligavano i titolari delle fabbriche a impiegare i loro operai, che venivano pagati meno del dovuto. Il resto del denaro finiva nelle casse del clan. Anche chi operava fuori dalla area di influenza doveva pagare. Era un sistema ben organizzato con ruoli da rispettare. Ieri la conclusione del primo grado con rito ordinario a Nocera Inferiore davanti ai giudici del primo collegio penale, dopo le motivazioni della sentenza ci sarà ricorso in Appello come annunciato dagli avvocati con collegio composto tra gli altri da Roberto Acanfora, Gaetano Morra, Gennaro Di Gennaro e Edoardo Sorrentino. Per altri 23 invece che hanno scelto il rito abbreviato (richiesta 320 anni di reclusione) sentenza in arrivo a luglio.





