Di Adriano Falanga
Era il 1995, a un anno circa dalla sua elezione l’allora sindaco Nicola Pesce ricevette una lettera. A scriverla Pasquale Loreto, il boss che aveva fatto il bello e cattivo tempo a Scafati negli anni 80, fino allo scioglimento del consiglio comunale del 1993. Loreto, sulla strada del pentimento, probabilmente scrisse la missiva per “sensibilizzare” i magistrati sulla sua “buona fede” a collaborare. Nonostante il pentimento, con il figlio Alfonso oggi il Loreto è ancora protagonista della scena criminale scafatese. “Mi rivolgo a Lei, dandole atto che è una persona onesta e tale è sempre stata – l’encomio di Pasquale Loreto – Lei è stato tra i pochi personaggi pubblici di Scafati, che si è sempre schierato contro la criminalità. Nessuno meglio di me, purtroppo è a conoscenza di come in passato gli amministratori del nostro paese sono stati perlomeno “accomodanti” con l’organizzazione camorristica di cui ne facevo parte. Proprio per la sua opposizione e il suo agonismo ad ogni tipo di collusione con la camorra e per la sua onestà, ho deciso di esprimere attraverso Lei una mia decisione. So che queste mie possono sembrare solo parole, ma io oggi acquisendo una nuova consapevolezza, sono davvero straziato dal male che ho compiuto. Oggi provo profondo rimorso nei confronti delle persone cui ho arrecato danni, soprattutto per le persone che ho ucciso, e contribuito ad uccidere. Sono perseguitato dal pensiero dei familiari che per colpa mia sono stati privati di qualche loro caro. Mi rendo conto, che non esistono atti né parole che possono porre riparo a tanto male, e provo profonda vergogna per le tante cose brutte che ho compiuto”.
Poi le scuse alla città, e la proposta “indecente” quale atto della sua redenzione. “Attraverso Lei vorrei chiedere perdono a tutti i familiari che a causa mia, direttamente o indirettamente hanno sofferto un lutto. So che chiedo moltissimo, ma per me un loro perdono sarebbe d’importanza vitale. Infine pur rendendomi conto della piccolezza di un gesto che non vuole essere d’impossibile riparazione, ma che spero sia considerato invece di conciliazione verso la nostra comunità. Vorrei donare il denaro che ho a disposizione affinché il Comune lo impieghi per realizzare un’opera di assistenza a favore dei più deboli. Avevo pensato che la cifra di cui dispongo attualmente, circa 150 milioni di lire (oggi sui 75 mila euro, ndr) potesse essere utilizzata come contributo iniziale per la costruzione di un centro per handicappati”. La lettera prsegue con gli elogi del boss pentito ai protagonisti dell’allora lotta alla camorra: il giudice Lonida Primicerio e il Maggiore dei Carabinieri Sergio Pascali. “Già nel 1990, quest’ultimo aveva tracciato, senza l’aiuto dei collaboratori di giustizia, ma solo con il suo coraggio e professionalità un quadro giusto e completo di tutte le attività del mio gruppo criminale, del gruppo Galasso e di tutti gli altri gruppi operanti nel Salernitano – puntualizzava Loreto, che poi rilanciava – Sarebbe giusto e onorevole per la città di Scafati concedere la cittadinanza onoraria a questi due infaticabili servitori dello Stato in segno di gratitudine”. La lettera scosse molto l’opinione pubblica, e fu consegnata da Pesce alla Prefettura, mentre la somma messa a disposizione da Pasquale Loreto non fu accettata, per volontà sia del sindaco che della sua stessa maggioranza.