Di Adriano Falanga
“Dimettermi io? E perché mai? Ho sempre avuto passione per la politica, chi mi conosce lo sa bene”. Decide di parlare Roberto Barchiesi, stanco di venire additato come “testa di legno” del clan Loreto-Ridosso. A scuoterlo le dichiarazioni di Andrea Ridosso, che oltre a confermare la sua candidatura come decisione del clan, ha spiegato al pm Montemurro che almeno 200 voti sui quasi 300 sono frutto del suo sostegno, perché Barchiesi sarebbe stato “latore di pochi voti”. Un nome da pochi voti eletto in consiglio comunale, avrebbe chiaramente testimoniato l’impegno del clan a favore di Pasquale Aliberti. “Ho sempre fatto politica, e per chi non lo ricorda, fui già candidato nel 1998 nelle liste di Alleanza Nazionale, a supporto del giudice Cirillo candidato sindaco e per sostenere il partito del mio testimone di nozze, l’allora senatore di An Carmine Cozzolino”. Una candidatura poco fruttuosa, una trentina di voti raccolti. “Questo perché non riuscii a farmi campagna elettorale, tant’è che neanche io stesso mi sono votato, e nonostante ciò presi una trentina di voti”. L’attuale consigliere di maggioranza spiega che in quel periodo fu distratto dall’impegno elettorale dalle gravi condizioni di salute del padre, morto nel dicembre dello stesso anno. “In contrada “Abbascio a Fontana” (via Roma-piazza Garibaldi, ndr) mi conoscono da sempre, fin da quando con alcuni cari amici costituimmo l’associazione “La Fontana”, che tanto ha fatto per il quartiere, organizzando eventi e facendo anche installare la lapide dedicata alla Santa Patrona in piazza Garibaldi”. Questi stessi amici che lo hanno sostenuto in campagna elettorale nel 2013. “Ho letto che il mio nome fu indicato da Raffaele Lupo e Andrea Ridosso, non è assolutamente vero – aggiunge Barchiesi – sono stato io stesso a chiedere al sindaco uscente di candidarmi a suo sostegno”. L’alibertiano parla anche degli oltre 200 voti che Andrea Ridosso si è intestato. “Non c’è stato nessun patto elettorale con loro, e non so se mi hanno sostenuto o meno. Io conosco per nome e cognome almeno l’80% dei miei elettori. Attorno a me ho sempre avuto un gruppo di amici, fin dai tempi dell’associazionismo”. Andrea Ridosso ha raccontato della campagna elettorale fatta anche attraverso la sede del comitato elettorale della lista, aperta in via Martiri D’Ungheria. “Io non sono mai stato in quei locali, e non ho mai sborsato un euro per pagare l’affitto” smentisce Barchiesi. A rafforzare la tesi del suo “peso” elettorale, contrariamente a quanto dichiarato dal Ridosso, il consigliere di maggioranza racconta delle elezioni regionali 2015. In questa tornata furono tutti chiamati a sostenere Monica Paolino, ma a testimoniare l’impegno di ogni consigliere comunale Aliberti affidò un secondo nome della lista Forza Italia, da abbinare alla moglie. In quel momento Barchiesi faceva gruppo con Pasquale De Quattro e Nicola Acanfora, con “Uniti per Scafati”. Alla triade fu assegnato il nome di Antonio Opramolla, un cognome difficile da scrivere. “Nonostante ciò tutti ricorderanno la grande folla al ristorante Tre Stelle, per l’incontro elettorale organizzato dal nostro gruppo. Altro che pochi voti – aggiunge Barchiesi – Opramolla fu tra i più votati della lista a Scafati, raccogliendo, grazie al nostro impegno, quasi 450 preferenze”. Un impegno che, alla successiva rimodulazione della giunta, garantì a Nicola Acanfora l’entrata nell’esecutivo, come espressione del gruppo. Ma Roberto Barchiesi, conosceva o no Andrea Ridosso? “Ci ho parlato un paio di volte, ricordo che mi disse di non voler pagare per sempre lo scotto del cognome che portava, e di aver studiato apposta per questo”. Sono tante le domande che Roberto Barchiesi dovrà chiarire davanti al giudice, se fosse rinviato a giudizio. Ad esempio, i motivi del pestaggio raccontato sia da Romolo Ridosso che da Alfonso Loreto. “Sono atti processuali, c’è un’indagine in corso. A tempo debito tutto sarà chiarito” conclude Barchiesi.
CHI E’ ROBERTO BARCHIESI
Roberto Barchiesi è consigliere comunale di maggioranza, eletto nella civica Grande Scafati, secondo i pentiti del clan Loreto-Ridosso una lista a loro collegata. A mettere assieme i candidati l’ex consigliere provinciale e comunale Raffaele Lupo. Barchiesi è indagato, assieme a Raffaele Lupo, Ciro Petrucci, il sindaco Pasquale Aliberti con il fratello Nello Maurizio e la moglie Monica Paolino, l’ex dirigente Maria Gabriella Camera, la segretaria comunale Immacolata Di Saia e lo staffista Giovanni Cozzolino nell’inchiesta della Procura Antimafia di Salerno, guidata dal pm Vincenzo Montemurro, che vede gli indagati accusati, a vario titolo, di voto di scambio politico mafioso, associazione a delinquere, corruzione, concussione, abuso di ufficio. Del consigliere di maggioranza parlano due pentiti, Alfonso Loreto e Romolo Ridosso, e le loro dichiarazioni sono state confermate da Andrea Ridosso, giovane rampollo con la passione della politica, parte dell’omonimo clan finito alla sbarra e anch’esso indagato. Barchiesi viene indicato come l’uomo eletto con i voti del clan, il suo nome fu “seconda scelta” dopo che il primo cittadino avrebbe scartato la candidatura del giovane Andrea, nome pesante ma fedina penale pulita e laureato. Sconosciuto agli addetti ai lavori, Roberto Barchiesi venne eletto nel 2013 con circa 280 voti. Secondo le dichiarazioni dei pentiti era colui che doveva fare da ponte tra il clan e l’amministrazione, colui attraverso il quale si doveva consumare lo “scambio” politico elettorale. Barchiesi fu scelto perché parente di chi oggi lo ha chiamato in causa: Alfonso Loreto. Il pentito infatti sposò la nipote, figlia della sorella, dalla quale però ha divorziato da tempo, rompendo ogni rapporto. Andrea Ridosso al pm Montemurro ha raccontato che almeno 200 voti sui 280 raccolti da Barchiesi erano frutto del suo impegno elettorale, perché lo stesso era portatore di pochi voti. L’elezione di Barchiesi avrebbe testimoniato quindi al primo cittadino l’impegno profuso nella tornata elettorale. Insomma, si scriveva Barchiesi ma si leggeva Ridosso, in sostanza. Soltanto che questo impegno non fu mantenuto, e sono gli stessi pentiti a dichiararlo, raccontando ai magistrati del pestaggio ricevuto da Barchiesi, ritenuto poco incisivo a rappresentare il clan, e di quelle dimissioni date nel 2014, poi ritirate solo grazie ad una sentenza del Tar. Oggi l’alibertiano è ancora in maggioranza, non è considerato tra i fedelissimi, perché fu tra coloro che negarono ad Aliberti la possibilità di ricandidarsi per un terzo mandato. Da diversi mesi Roberto Barchiesi destina il 50% della sua indennità di presenza al fondo di solidarietà Tari.
(in foto, da destra: Pasquale De Quattro, Nicola Acanfora, Roberto Barchiesi, Pasquale Aliberti)